Intervista a Skoll, la voce di un’idea
Testata: ATRIUM
Data:18 luglio 2016Autore: Livia M.
Tipologia: Intervista
Locazione in archivio
Stato:Solo testoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Atrium,Atrium 2016-07-18
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Atrium presenta l’intervista fatta a Skoll, celebre cantautore milanese di rock Identitario, il cui esordio musicale avviene tra il 2000 e il 2001 con le prime esibizioni dal vivo e con la partecipazione alla compilation “Exordia”. Sempre nel 2001 Skoll completa la sua prima produzione, il minialbum “Cosmo o microcosmo” a cui segue un nuovo lavoro chiamato “Evita” che ha come scopo quello di raccogliere fondi per le fasce deboli della popolazione dell’Argentina, colpita da una grave crisi economica.
Nel marzo del 2003 pubblica il cd “Lune feroci”, a cui seguono una serie di capolavori: “Sole e Acciaio” (2005), “Il segreto di Lacedemone” (2007), “Armilustri Absinthium” (2010), “Eroica” (2013) e “Antologia Elettronica” (2016).
Ringraziamo ancora di cuore Skoll e ci auguriamo che queste sue parole siano di esempio e siano uno spunto di riflessione per tutti.
Perchè hai scelto proprio la musica come mezzo per dar voce ai tuoi ideali?
Non è stata una vera e propria scelta ma una semplice scoperta. Ho scoperto che la musica era lo strumento più diretto, meno filtrato o contaminato per poter parlare di me, di quello che faccio, di quello che sono, di quello in cui credo, di quello che mi ha dato coscienza, di quello che mi caratterizza. Negli anni ho comunicato anche con la scrittura (e continuo a farlo), ma l’istante della composizione musicale, quel misterioso momento di passaggio, resta il mio momento preferito.
Pensi che, attraverso una canzone, si possano risvegliare le giovani menti, plasmare i nuovi animi?
Personalmente intendo la canzone, innanzitutto, come un fatto emotivo, emozionale. La musica ha la potenzialità di toccare, anche radicalmente, la sensibilità. Sono conseguentemente certo che un certo tipo di canzone, nel rispetto essenziale di una vera ispirazione compositiva, possa risvegliare stati di coscienza apparentemente sopiti. Una canzone può far riflettere, ma anche un buon libro è in grado di farlo; addirittura, può bastare un buon volantino politico. La canzone sa invece andare oltre, più in profondità: può stimolare la mente e, al tempo stesso, muovere stati emotivi… La musica può portare lontano, può davvero “suonare la sveglia”.
Nei testi delle tue canzoni fai riferimento ad un passato glorioso, caratterizzato da eroismo, ardore, coraggio e amore. Pensi che tutti questi valori possano fare ritorno in un futuro prossimo? Se sì, come?
Nella vita servono paradigmi. La vita è un fatto di esperienze che si sedimentano e ci rendono gli uomini e le donne che siamo. Paradossalmente, la vita è ironica: più impari a vivere e meno tempo ti resta per vivere davvero. Ci sono uomini che, nella mancanza assoluta, pneumatica, di esempi, riferimenti, paradigmi, non crescono mai, non diventano mai adulti. È bene che l’esperienza della vita sia favorita, stimolata, da esempi positivi. È questo, uno dei principali regali del sacrificio di chi ci ha preceduto: imparare per crescere. Viste così, queste esperienze non sono più fini a loro stesse, ma possono diventare parti stesse della nostra esperienza di vita: una grande opportunità che accresce enormemente il bagaglio personale. Nello specifico, poi, i valori incarnati da tante delle figure che ho raccontato nelle mie canzoni, non sono valori astratti. Di conseguenza non sono marginalizzati in precise, limitate e casuali epoche storiche. Fanno parte dell’uomo stesso, di ogni uomo, di ogni epoca. Sono valori innati ma, purtroppo, relegati negli angoli d’ombra della coscienza. Ogni tanto riaffiorano, ogni tanto lo fanno in casi isolati, ogni tanto con fenomeni più ampi in epoche più stimolanti e motivanti. Ad ogni modo sopravviveranno anche a questa epoca di debolezza e vigliaccheria.
Rifacendomi alla settima traccia dell’album “Il Segreto di Lacedemone” uscito nel 2007, chi è l’IDENTITARIO? E che cosa deve ricordare per poi essere in grado di lottare? (“Ricordare per lottare, ricordare!”)
Curiosamente abbiamo appena ripreso in mano quel lavoro di circa 10 anni fa, per ristamparlo a breve in un’edizione restaurata musicalmente (abbiamo appena terminato in studio un nuovo remastering e interventi vari sui cori e sulle voci in falsetto). Ho riascoltato con una certa calma anche “Identitario”. Quello che dobbiamo ricordare è chi siamo stati. Non amo i nostalgismi in nessuna forma (a partire da quella estetica), e proprio per questo indico il modello valoriale: certe cose non passano, perchè sono immutabili. L’identitario non è colui che si chiude nel monastero, nel suo mondo astratto, nel giorno da leone all’anno con il fez in testa, nella rivolta da tastiera mentre la madre sta preparando la pastasciutta. L’identitario custodisce e sente (dentro di sè) la sacralità di chi ha seguito la via della difesa della nostra cultura, della nostra storia, della nostra specificità. Questo basta per avere anticorpi da vendere contro le cose dannose del mondo in cui viviamo e per farci vivere le esperienze (anche quelle inutili), riuscendo a dare loro il giusto peso e la giusta importanza. Non bisogna vivere da asceti: viviamo, non tiriamoci indietro… la vita è fatta di tantissime cose: è sufficiente poi dare un senso gerarchico a quello che facciamo.
I sette principi del Bushido, la cosiddetta “morale del guerriero”, possono essere le linee guida nella vita di tutti noi?
Il Bushido, che ha equivalenti in ogni società antica e tradizionale, è impegnativo. Credo che sia fondamentale tendere il più possibile ai suoi sette principi ma, realisticamente, credo che pochi possano dedicare a loro tutta la propria vita. Pensiamo a Yukio Mishima: il discorso sarebbe estremamente lungo, ma posso dire che arrivò al suicidio provato, logorato, sfinito… Aveva tentato, riuscendoci per lunghissimi tratti, a vivere una vita diversa negli ultimi dieci interminabili anni. Aveva piegato la propria natura in un estenuante atto prolungato di volontà. Un fatto eroico: la propria natura sopravvive sempre, è parte di noi e non può essere estirpata come non può essere estirpato un polmone, il cuore, lo stomaco. Può essere piegata, controllata, contrastata. È la volontà: una cosa essenziale, ma che costa cara. Mishima visse nel bushido, in conflitto aperto con la sua personale natura, per dieci interminabili anni. Poi scoppiò. Ma pur di non tornare più indietro, a un “sé” che detestava ma che non poteva sconfiggere, ne uscì chiudendo un cerchio esistenziale perfetto con il suicidio. Quello di Mishima è un caso limite, più unico che raro. Ma io guardo a chi, magari nell’attimo di un attacco, di un improvviso momento illuminante di ispirazione, di un solo istante in cui tutto è diventato perfetto, ha abbracciato quei valori di sacrificio, onore, giustizia, amore, lealtà anche riuscendoci “solo” per poco… qui c’è il senso stesso di quelle mie canzoni dedicate a uomini e donne “differenti”: avere magari nobilitato sé stessi, avere riscattato la propria vita, concentrando tutti quei valori anche “solamente” in un momento della propria esistenza.
La donna dei tuoi testi più romantici personifica il prototipo femminile del passato e sembra fare a pugni con l’immagine che la donna di quest’epoca offre. Cosa ha, secondo te, portato a questo radicale cambiamento?
Non c’è dubbio che le donne siano cambiate con il mutamento radicale della società degli ultimi decenni. È una questione piuttosto complessa. In realtà, nelle mie canzoni ho lasciato ampio spazio a figure femminili e situazioni molto diverse tra loro. Questo perché, in particolare, non ho mai scritto una canzone d’amore che non fosse radicata in un’esperienza vissuta realmente. Ciò detto, la canzone, come la poesia, è la forma espressiva più adatta a enfatizzare alcune caratteristiche umane, in generale, e femminili, nello specifico. Se poi si ha, nella vita di tutti i giorni, una certa tendenza all’idealizzazione di chi si frequenta, ci si espone inevitabilmente ad alti e bassi, altezze e delusioni. Pensiamo un attimo a “Ultimi romantici”: non c’è una sola parola di quella canzone che non sia nata dall’esperienza vissuta. Questo è ciò che più conta. Ad un primo ascolto forse può sembrare un pezzo ironico. Non lo è affatto. Sto iniziando i lavori di registrazione del mio prossimo disco di inediti: per diverse ragioni sarà un disco fondamentale nella mia discografia. Un disco molto diretto, personale, complesso. Ci saranno alcune canzoni “romantiche”, dure, chiare, estremamente sincere… Basterà ascoltare attentamente quei pezzi per capire qualcosa in più di quelle altezze e di quelle delusioni.