La "Canzone strafottente" di chi ha creduto nell'onore
Testata: IL GIORNALE D'ITALIA (online)
Data:23 ottobre 2016Autore: Cristina Di Giorgi
Tipologia: Recensione
Locazione in archivio
Stato:Pdf Rivista completaLocazione: ASDI-Archivio digitale RS,Il Giornale d'Italia,IlGiornaledItalia_20161023
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Ironia, allegria, spavalderia. Da gridare in faccia al mondo anche quando tutto sembra perduto tranne l'Onore. E' questo lo spirito con cui i giovani della Repubblica Sociale Italiana andavano in contro al loro destino. Ragazzi e ragazze ribelli, passionali ed orgogliosi. Che hanno scelto, non per ideologia ma per amor di Patria, di essere l'ultimo baluardo di purezza di un Paese che altrimenti sarebbe stato per sempre bollato dal marchio dell'infamia. Quello del tradimento che, in quel maledetto 8 settembre, ha spinto l'Italia intera in un precipizio senza fondo. Fatto di odio, vendette e sangue.
Si potrebbe dire, eccedendo un po', che quei giovani, trovandosi sull'orlo del baratro, non ci hanno pensato due volte e sono saltati giù. Coraggiosamente e con quel po' di incoscienza che spinge a compiere azioni folli ma sentite, perché dettate dall'istinto e dal cuore. Azioni che, analizzandole dal di fuori, possono risultare completamente antitetiche a qualsiasi forma di razionalità e convenienza personale. Azioni che però, anziché farli precipitare nel vuoto, li hanno sostenuti. Come se fossero ali bianche e forti. Dunque quei ragazzi sono riusciti, nonostante avessero praticamente tutto il mondo contro, a volare fino a noi. Oltre il tempo e lo spazio.
E lo hanno fatto anche cantando parole nate dalla loro esperienza. Come quelle di Mario Castellacci che, accompagnate da un motivo molto orecchiabile che ne ha sicuramente facilitato la diffusione, sono diventate una bandiera della gioventù. Di quegli anni e, in alcuni casi, anche di generazioni successive che ne hanno idealmente ripercorso le tracce. Ricordando e onorando.
Nato nel 1943 in una camerata di allievi ufficiali della GNR tra cui l'autore, allora diciannovenne, “Canzone strafottente” - questo il titolo originario de brano noto ai più come “Le donne non ci vogliono più bene” – riprende ironicamente le lamentele dei militi a proposito del fatto che la Camicia nera che indossavano ostacolava le loro attività romantiche. Le donne infatti li rifiutano, perché “l'amore coi Fascisti non conviene”. Meglio “uno che non ha sangue nelle vene” ma che tornerà a casa tutto intero. Noi, rispondono i giovani della Rsi, di tutto questo “ce ne freghiamo”. Meglio fare la corte alla Morte, dimostrando coraggio in battaglia. E lasciare le altre donne a chi si nasconde per non combattere.
Le Donne fasciste, che non sono da meno, per tenere alto l'onore del genere femminile dedicano ai loro Camerati una risposta in versi (la musica è la stessa) altrettanto strafottente ed ironica: ai Fascisti – cantano in particolare le ragazze del Servizio Ausiliario Femminile - “non si conviene chi rinnegò la Patria e la bandiera, chi si donò al nemico tutta intera”. Al vostro fianco ci sarà invece un cuore di donna che ha avuto il coraggio di seguirvi nel combattimento. Che ha condiviso il vostro ideale. E anche la vostra sorte.