Era il giorno di San Patrizio
Testata: OSTARA STACHANOVA
Data:19 marzo 2018Tipologia: Recensione
Locazione in archivio
Stato:Solo testoLocazione: ASCP-Archivio digitale RS,Web/Ostara Stachanova,Ostara Stachanova 2018-03-19
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Se qualche anno fa la celebrazione di San Patrizio era prerogativa solo di specialisti del settore, ormai è divenuta un fenomeno parecchio conosciuto a livello mondiale. L’argomento è “Saint Patrick ‘s Day” in inglese e “Lá fhéile Pádraig” in gaelico, ossia il 17 Marzo.
Il vero nome del santo, però, era Maewyn Succat: egli fu vescovo d’Irlanda ed ebbe dal Papa Celestino I il compito di evangelizzare le isole britanniche, in particolar modo quella che per i Romani era Hibernia.
Tra le altre cose, lui fu l’inventore della croce celtica, nel senso che aveva sovrapposto il cerchio (simbolo solare) alla croce “classica”: doveva indicare l’integrazione fra gli elementi puramente irlandesi e quelli “nuovi”, e cioè quelli cristiani.
Nell’ambito delle celebrazioni di carattere culturale può essere di certo compresa quella organizzata da una storica libreria romana il cui nome vuol dire “cavalcata” o “viaggio”, in quanto deriva dalla corrispettiva runa del Futhark. Ed effettivamente quello che è stato offerto agli ascoltatori presenti alla Raido è stato proprio un viaggio attraverso il tempo e lo spazio a cominciare dall’Irlanda sulle note delle canzoni degli Zündapp e degli Antica Tradizione.
Come detto all’inizio del concerto (Irish Combat Folk – Concerto per l’Irlanda con Antica Tradizione), la Raido ha deciso di organizzare serate musicali (con la collaborazione di questi ultimi ma anche degli Hobbit e dei Testudo) in quanto la Rivoluzione si serve anche della musica che, in un contesto come il nostro, è un importante veicolo di idee anche in contesti goliardici. Questa serata in particolare era dedicata alla memoria di Rosaleen Sands, madre del più celebre Bobby, scomparsa di recente e più in generale a quella di tutti i morti per la causa irlandese.
Il primo turno è stato riservato agli alfieri del “Rock per la Tradizione” che si sono cimentati in una serie di brani in inglese e hanno terminato con l’ultimo (in lingua italiana) intitolato “Belfast”, specificamente dedicato alla Sands e ai caduti suoi connazionali (riproposto, peraltro, alla fine della serata).
Il metaforico viaggio nel tempo e nello spazio è andato avanti con la cover da parte degli Antica Tradizione di “Sunday Bloody Sunday” degli U2, forse la canzone più famosa inerente a suddetto avvenimento storico e in generale allo Stato verde smeraldo.
Sullo stesso tema si possono ricordare anche “I figli del Bloody Sunday”, “Terra d’Irlanda” e “Il giorno di San Patrizio”; un discorso a parte merita “The Battlefield”, in quanto parla sempre di indipendentismo contro gli inglesi, però il protagonista è l’eroe scozzese William Wallace, immortalato già nel film “Braveheart”.
Con “La locanda” sono state evocate atmosfere medievaleggianti e quasi tolkieniane, “Comandante” ha ripercorso la vita e l’epopea di Che Guevara, “Arjuna” ha fatto riscoprire le comuni radici indoeuropee, “Roma LXVIII EF” (dei 270bis) è una vera e propria ode alla Città Eterna, “La Vandeana” ha fatto ricordare i controrivoluzionari francesi, “L’ultimo degli eroi” ha per protagonista Rudolf Hess e “Alessandro” il famoso condottiero macedone per il quale era “tempo di essere uomini adesso”, infine “Bassa Velocità” ha raccontato il dramma degli esuli di Pola, stipati nel treno della vergogna e oggetto di scherno da parte degli italiani (!) della città degli Asinelli.
Menzione d’onore meritano la performance di “I miei amici” di Massimo Morsello -il De Gregori nero- e la presenza di Francesco Mancinelli, autore di “Generazione 78” e colonna portante della cd. musica alternativa: quest’ultimo ha solennizzato la celebrazione cantando “Piccolo Attila”, in memoria di Nanni De Angelis.
La pluralità di temi affrontati, probabilmente, vuol far capire che sono molteplici le lotte passate e presenti, ma anche che è ingiusto ed anacronistico fossilizzarsi solo su alcune parti della Storia.