Pietre che parlano italiano
Testata: CORRIERE DEI COLLI PRENESTINI
Data:16 novembre 2002Autore: Emanuele Venditti
Tipologia: Intervista
Locazione in archivio
Stato:RecuperatoLocazione: ASMA,RS2-0017,25
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Compagnia dell'Anello, ritorno di là dall'acqua
Pietre che parlano italiano
Tra l'Irlanda, il contry e i cantautori degli anni '70, torna la Compagnia con un album stilisticamente raffinato e colmo di riferimenti popolari
Mario Bortoluzzi: "Niente nostalgie, la retorica di destra non ci interessa. La chiave di lettura? E' nell'incompresa letteratura tradizionalista"
Nelle foto, Mario Bortoluzzi e Mannella Di Nunzio. Del gruppo fanno parte anche Alessandro Chiarelli, Massimo Di Nunzio, Adolfo Morganti e Marco Priori Tolkien spiegava: "Sempre vi è luce sul volto degli Elfi, e il suono delle loro voci è vario e bello e sottile come l 'acqua. Tra le loro tante arti, eccellono nella favella, nel canto e nella poesia". E dopo 25 anni di attività musicale (e politica), la Compagnia dell'Anello torna a testimoniarlo con un terzo lavoro discografico (preceduto da Terra di Thule del 1981 e In rotta per Bisanzio del 1990) dal titolo Di la dall'acqua, espressione di quella "musica alternativa" che, nel sottobosco della produzione discografica degli ultimi anni, tenta il recupero di una cifra stilistica slegata dalle mode e disposta a fare un passo indietro.In principio erano l'attivismo politico (con il MSI), le chitarre e i sintetizzatori; poi vennero il Campo Hobbit e le prime sonorità impegnate Ora è volta del perfezionamento stilistico: con il nuovo disco la Compagnia dimostra di aver raggiunto una tale abilità di arrangiatori da permettersi finezze, citazioni e giochi strumentali degni dei grandi funamboli di timbri e armonie. C'è molta musica popolare, quella vera. Tutto il resto è la Compagnia dell'anello, quella doc, con la preziosità di un quartetto d'archi, le vampate irlandesi, e i racconti bucolici della loro variegata umanità. Senza dimenticare l'impegno politico. Quello "di destra". Ne parliamo con Mario Bortoluzzi, leader del gruppo.
Il vostro impegno politico (e musicale) ha origine nella Padova dei primi anni '70, nel clima di pesante tensione tra il Movimento Sociale ed i governi dell'epoca. Come ricorda quel periodo?
"Iniziammo nel 1974 con la fondazione del Gruppo padovano di protesta nazionale. Eravamo militanti del Fuan in una città dall'elevato clima di conflittualità, per la presenza della seconda Università "storica" d'Italia. La mia decisione di entrare nel Fuan fu per reagire alla profonda ingiustizia che riscontravo nell'azione politica dei militanti di sinistra nelle scuole i quali, spinti da una volontà di sopraffazione e di criminalizzazione della destra, erano gli artefici di continui scontri ed aggressioni".
E quelli furono gli anni dei primi cantautori impegnati. Quanto hanno influenzato il vostro modo di scrivere musica?
"In sincerità, la prima canzone che ho imparato a suonare con la chitarra è stata La locomotiva di Guccini. Gli altri componenti del gruppo (come Massimo e Marinella Di Nunzio) sono invece cresciuti con i brani della PFM, del Banco e, successivamente, di Battiato. L'influenza c'è stata e la fusione di questi stili, dopo 25 anni di vita della Compagnia dell'Anello, credo si possa avvertire nelle nostre incisioni".
Dopo un'evoluzione del gruppo e la sostituzione di alcuni elementi, la Compagnia dell'Anello si presentò come tale nel primo raduno di Campo Hobbit. Cosa ha rappresentato questa esperienza?
"E' stato un modo efficace per comunicare con "l'altro da sé", e fu un incontro dal quale nacque la giovane destra di allora. L'iniziativa servì per abbattere quei rigidi schemi che vedevano il neo-fascista (o supposto tale) come una sorta di manganellatone con la camicia nera e il fez in testa. Sia chiaro, a noi del Fascismo e del suo apparato retorico non e mai importato nulla, salvo alcune intuizioni sociali (come l'attenzione alle categorie meno abbienti, in chiave polemicamente anti-borghese). E fondamentale, in questo senso, fu la scoperta di una certa letteratura tradizionali sta (Evola, Celine, Tolkien, Guenon, Junger) e di una cultura più ampia della destra europea, mentre il nostro interesse era diretto all'esperienza mistico-religiosa di un fascismo alla Codreanu, in Romania, e non al regime del ventennio. Con il Campo Hobbit riuscimmo appunto ad appropriarci di un linguaggio diverso e a reagire con toni ironici al cliché classico del fascista trinariciuto".
"Con Campo Hobbit riuscimmo ad appropriarci di un linguaggionuovo, diverso, e a reagire con toni ironici al cliché classico del fascista trinariciuto e manganellatore"
"Pietrangeli e Lolli? Oggi sono improponibili. Ma la canzone politica oggi ha ancora un valore, come vasta musica alternativa, che opera al di fuori del circuito commerciale"
Andiamo a J.R.R. Tolkien, autore del monumentale Signore degli Anelli e "padre spirituale' della vostra formazione. Cosa vi ha spinto a fare del romanzo il vostro diretto riferimento?
"Ci siamo identificati da subito con tutto il mondo si archetipi raccontato da Tolkien. Seppure ambientato in un "medioevo fantastico", il libro raccontava di costanti valoriali: il concetto d'onore, di fedeltà, di amicizia, di bellezza. Tolkien rappresentava il nostro modo di essere e di pensare, ma anche di intendere la meta-politica, i rapporti interpersonali, la cultura in generale. Quando Rusconi, nei primi anni '70, pubblicò il Signore degli Anelli in Italia, l'intellighenzia di sinistra (Umberto Eco compreso) accusò il libro e l'autore di oscurantismo, bollando il romanzo come un'opera di un reazionario che fuggiva dalla realtà e dall'impegno politico e sociale. La sinistra manichea di allora come quella di oggi non comprese che, invece, al centro del romanzo vi era la riscoperta del mito".
Lei crede che la canzone politica oggi abbia ancora un valore, una propria funzionalità?
"Sì, pur ammettendo che un brano come Contessa di Pietrangeli o alcune canzoni di Claudio Lolli oggi siano improponibili. Il nostro gruppo sin dai primi anni '80 è ricorso alle metafore (un esempio per tutti è Terra di Thule) per cercare di esprimere una visione antimaterialista della vita. Oggi la canzone politica con un linguaggio rielaborato e meno retorico, è un'importante forma espressiva".
La Compagnia dell'Anello è oggi tra le maggiori rappresentanti della "musica alternativa" italiana, che ha una cifra stilistica ben determinata. Ce ne può parlare?
"La musica alternativa è in realtà "canzone" alternativa, nel senso che tutto si gioca sul piano delle parole. Non si tratta quindi di un genere musicale, ma del più significativo fenomeno underground italiano.
Che ha tre caratteristiche. La prima: non si tratta di un evento musicale o culturale legato all'emotività di una particolare fase storica, ma di una forma di espressione e di divulgazione politica consolidata nel tempo (la musica alternativa ha al suo attivo trent'anni di diffusione, migliaia di brani, un centinaio di esecutori). La seconda attiene all'omogeneità del messaggio delle canzoni: trattano tematiche comuni, aspi razioni e sogni di più di due generazioni di militanti (in mezzo a tanto trasformismo canoro, è un esempio di continuità ideale). In ultimo, la musica alternativa opera totalmente al di fuori del circuito commerciale".
Parliamo dell'ultimo disco, Di là dall'acqua, edito da pochi giorni, il cui suono e volutamente progressive. Quale strumentazione è stata impiegata?
In gran parte acustica (chitarre, pianoforte, cornamusa, flauto, violino) alternando ad essa sonorità elettroniche riecheggianti comunque strumenti acustici. Nei primi album ci servimmo delle tastiere elettriche per compensare la mancanza di un'orchestra; in questo abbiamo invece utilizzato il computer per imitare determinati suoni acustici ma anche per dare nuove sonorità..."
Una curiosità: nell'ultimo disco è presente anche un quartetto d'archi; una scelta in controtendenza rispetto alla recente produzione di musica pop italiana...
"E' vero, ma in realtà si tratta di un terzetto d'archi: una viola, un violino e, con un escamotage, dell'aggiunta ulteriori voci di archi, creando un effetto da quartetto da camera. C'è da dire che moti gruppi di musica alternati va attualmente si cimentano in esecuzioni dure (pop, rock, punk, skà ecc.); nel l'ambito di questo oceano di artisti, La Compagnia probabilmente dimostra uno stile più raffinato e melodico, con testi privi di brutalità o crudezze dirette".
Di là dall'acqua contiene delle vere e proprie perle (su tutte la nostalgica Millo, la strumentale Pro Aquis e la ballata Addio a Peraltro). Da quale esigenza nasce questo lavoro, edito 12 anni dopo il vostro ultimo disco?
"Abbiamo proseguito un discorso iniziato con il nostro primo disco, Terra di Thule (con il quale si riscontrano molte attinenze) e soprattutto abbiamo manifestato la voglia di realizzare un lavoro che fosse qualitativamente accettabile, seguendo il nostro stile ma con l'ausilio di nuove sonorità e di nuovi spunti".
I brani-simbolo dei vostri venticinque anni di attività?
"Sono tre: Dedicato all'Europa, Terra di Thule e Il Domani appartiene a noi. Quest'ultimo è un inno che il pubblico nei concerti canta in piedi, con la mano sul cuore".
Una raffigurazione che eventuali detrattori potrebbero definire "nostalgica"...
"Nostalgia nei confronti di cosa? Nella storia della Compagnia non esiste una sola canzone dedicata al Fascismo. Certo, nel 1979 scrivemmo La foiba di San Giuliano, un brano di denuncia. E di foibe si torna a parlare solo oggi dopo trent'anni. Altri riferimenti all'Istria (dove "anche le pietre parlano italiano") e alle terre che dovrebbero tornare all'Italia nascono da un senso di giustizia, non certo da una nostalgia".
Lei è politicamente impegnato...
"Si, nell'assemblea nazionale di AN".
Allora concludiamo con due domande prettamente politiche. Qual è la Sua opinione sul governo di centrodestra in carica e sul Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi?
"E' una coalizione alquanto composita. Diciamo che è una coabitazione. Io credo che ci siano tutti gli elementi per garantire questa coalizione sino alla fine del mandato. Va detto che nella delega a questo governo c'è anche l'applicazione dell'art. 46 della nostra Costituzione (cioè la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende), e la mia speranza è che venga trasformata in legge al più resto".
Un ultimo commento sulla globalizzazione e le tante contestazioni da parte dei gruppi, anche estremi, di sinistra...
"Guardi, negli anni '70 sono stati barbaramente assassinati 27 giovani del MSI. Dai fratelli Mattei, a Roma, fino alla strage di Accalarenzia. "E non mi pare siano morti ridando: Viva il libero mercato!". Non c e bisogno dei no-global per capire che si sta percorrendo una strada sbagliata. Anzi, sono stati i loro padri e i loro noni a svuotare le campagne per mandare la gente a lavorare nelle fabbriche. Hai voglia oggi a gridare che nelle città non si respira più. La verità è che lo sviluppo industriale, oltre ai capitalisti, ha favorito in buona parte anche la sinistra italiana".
Emanuele Venditti