Il nostro canto libero
Testata: AZIONE TRADIZIONALE
Data:12 ottobre 2010Autore: Angelo Spaziano
Tipologia: Recensione
Locazione in archivio
Stato:Solo TestoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Azionetradizionale,Azionetradizionale 2010-10-02
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Sabato 9 ottobre, alle 18.00, si è tenuta nei locali dell’associazione culturale Raido, davanti a un folto e qualificato pubblico, la presentazione del libro “Il nostro canto libero”, edito da Castelvecchi. Sono convenuti Cristina De Giorgi, autrice dell’opera, il cantautore Leo Valeriano e l’editore musicale Flavio Nardi. Alle 21.00 ha preso il via un concerto di musica alternativa con aperitivo. Hanno cantato Leo Valeriano e “La Vecchia Sezione”. Gli ospiti hanno ripercorso l’itinerario della “musica alternativa”, identificata anche coi sinonimi di “rock identitario” e di “musica non conforme”. Si tratta di un indirizzo melodico inedito affermatosi fin dalle soglie degli anni ‘60 negli ambienti della destra neofascista e “istituzionale” italiana. Un filone radicalmente “altro” e del tutto refrattario agli stereotipi imposti dall’appiattita cultura omologante in auge fin dal dopoguerra nel nostri Paese. Una vena artistica alternativa rispetto all’esterno, verso il panorama musicale più congeniale ai gusti delle masse, ma alternativa anche all’interno del mondo della destra stesso, affetto da un comprensibile nostalgismo e propenso piuttosto all’ascolto delle vecchie marcette reducistiche. La “rivoluzione” musicale nacque col contributo determinante di Leo Valeriano, giovane caposcuola di quell’autentico vivaio di talenti rappresentato dal Bagaglino di Castellacci e Pingitore. E proprio in relazione all’antica vocazione all’innovazione stilistica intrapresa dal cantautore anticonformista, Valeriano ha proposto la fondazione, sulla scia delle capacità di aggregazione dei giovani del nostro mondo, di un inedito movimento artistico che serva da traino per l’avvio d’una nuova sintesi politica e culturale che svegli la destra dall’attuale torpore. L’altra tappa del processo evolutivo della musica alternativa scaturì dal tentativo di reagire al cupio dissolvi in cui sprofondò il nostro ambiente tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli ‘80. Un periodo durante il quale il processo di criminalizzazione portato avanti dalla partitocrazia aveva toccato l’acme dapprima con la ghettizzazione del Msi da parte dell’arco costituzionale e poi affibbiando “ai fascisti” la mattanza alla stazione di Bologna. Si cantava quindi per affermare i nostri valori, certo, ma anche per esprimere la nostra sofferenza, il nostro dolore per l’ingiusta morte di tanti camerati in onore dei quali furono dedicate struggenti ballate. Erano i primi anni ’80, perciò, allorquando Marco Tarchi, Umberto Croppi e Generoso Simeone idearono e organizzarono i famosi “Campi Hobbit”. Si trattò del primo tentativo dei “figli della sconfitta” di reagire all’assedio dei poteri forti, che sembrava stessero sul punto di spazzare via una volta per tutte l’odiata destra dal panorama politico. Contemporaneamente in Italia era già agli esordi la vera e propria rivoluzione culturale rappresentata dall’esplosione delle radio libere. Il processo di maturazione della nostra musica giungeva finalmente a compimento. Cantautori, ensemble e gruppi sperimentali segnarono con la loro creatività il rapporto tra crescita politica e maturazione musicale. Una comunicazione libera, aperta e senza schemi ideologici iniziava a diffondere e ad amplificare l’eco di una discografia finalmente liberata dal ghetto e dalla clandestinità. Nello sfacelo politico ed economico della prima repubblica, il nostro panorama musicale passava dalla diversificazione stilistica e contenutistica al superamento di vecchi stereotipi, fino ad arrivare al completo rovesciamento dell’ottica del fare musica: era giunta finalmente l’epoca degli “Zetazeroalfa” e dei “Sottofasciasemplice”. Alla liberalizzazione dai ghetti tuttavia è seguita una vergognosa corsa verso la liquidazione del nostri patrimonio identitario proprio da parte di chi questo patrimonio era stato chiamato a difendere. Sulle rovine del frantumato universo della droite italiana il nostro canto libero vola alto ma, come ha giustamente ribadito Valeriano, plana su un cumulo di rovine fatto di ignobili tradimenti e beceri trasformismi. Proprio per tale motivo occorre rifondare e riarmonizzare in una nuova sintesi tutti i vari modi di essere destra autentica. Per diffondere aria nuova, politica e musicale, nel nostro paese. Contro il conformismo e contro tutti i tradimenti.
Angelo Spaziano
(http://www.azionetradizionale.com/2010/10/12/il-nostro-canto-libero-recensione/)