Raido Rock Fest [Recensione completa]
Testata: AZIONE TRADIZIONALE
Data:4 luglio 2010Autore: Redazione Azione Tradizione
Tipologia: Recensione
Locazione in archivio
Stato:Solo TestoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Azionetradizionale,Azionetradizionale 2010-07-04
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La recensione completa dell’evento:
Oltre 450 ingressi, 6 gruppi musicali e quasi 8 ore no-stop di musica alternativa, 400 litri di birra, 300 panini, quasi 50 litri di vino, e almeno 200 tra libri, dvd e produzioni non conformi diffuse. Questo, “in cifre”, è stato «ANNO XV»: il concerto per i quindici anni della Comunità militante di Raido. Ma le cifre – da sole – non bastano forse a raccontare quello che è stato un concerto bellissimo, nonché un’occasione per vedere le tante anime dell’ambiente riunite – in un’atmosfera di festa e di sana goliardia cameratesca – per festeggiare i primi quindici anni di Raido. Ma, soprattutto, la festa è stata un’occasione di crescita e di confronto tra i militanti delle molte realtà presenti, ed in particolare, con quelle che hanno collaborato all’evento: Fons Perennis, Foro753 e 2Punto11, prima di tutto. A loro va il nostro ringraziamento, così come a tutte quelle persone – amici o singoli militanti di altre realtà – che hanno fatto sì che un’idea partorita solo qualche mese fa, potesse trasformarsi in un evento reale… e non ce ne vogliano quelli che non vedranno citati il loro nome o sigla: l’impersonalità, ricordate, è d’obbligo!
Chi, avuta notizia del concerto, poteva pensare ci si sarebbe limitati ad una mera autocelebrazione dei primi quindici anni di una Comunità politica, ed umana, che opera sul territorio nel nome dei valori della Tradizione, ha dovuto ben presto ricredersi: perché com’è proprio la Tradizione ad insegnarci, l’autocelebrazione o il “nostalgismo” per le cose fatte, non devono appartenerci. E così sia: la Comunità di Raido si è lanciata in una sfida nuova e stimolante, ovvero in una festa-concerto che fosse però anche un’occasione perché ci si potesse fermare a tracciare un primo “bilancio” delle cose fin qui fatte, ma che potesse essere anche stimolo per le nuove sfide di domani.
E forse questo evento è anche una bella provocazione – stimolante, s’intende! – a tutti quei “tradizionalisti” che vedono nella Tradizione una facile occasione per chiudersi in loro stessi, in inaccessibili torri d’avorio dove allenarsi nella perfetta esegesi (“pipparola”) del pensiero di Julius Evola o di Réne Guenon. La Tradizione, invece, è vita, gioia, sacrificio, sfida, impeccabilità, tensione: ed anche se in piccolo, questo è forse il messaggio più concreto che questa occasione ha offerto a tutti quelli che ci sono venuti a trovare a Maccarese. Proprio per questo siamo convinti che la Tradizione può essere espressa anche attraverso occasioni come queste: e poco ce ne importa del giudizio degli intellettuali di cui sopra – o dei “critici” troppo critici – troppo avvezzi a badare alla forma, piuttosto che alla sostanza delle cose. Noi, come siamo soliti dire a chi ci chiede “cos’è Raido?!”, rispondiamo: «siamo quello che facciamo», e quindi a voi il giudizio.
Hanno partecipato alla serata alcuni dei più importanti gruppi d’ambiente. Hanno aperto il concerto Max degli Ultima Frontiera, coadiuvato all’altra chitarra da Mario degli Hobbit, i quali hanno cantato insieme i migliori pezzi degli UF (“sei un patetico”, “amore in rac ‘n roll”, “terra rossa”, “trieste 1953”), e non solo, tra i canti e il rammarico (ma non poteva essere altrimenti!) del pubblico per non aver visto l’intera formazione in versione elettrica.
Ancora in versione acustica, gli Imperium, con il sempre presente Mario, hanno suonato alcuni dei loro brani (tra cui “Intolleranza”, e l’emozionante “Sera di giugno”, che ricadeva a pochi giorni dall’anniversario della morte di Cecchin), oltre a “Leon Degrelle” di Massimo Morsello e “Ritorno”. La chiusura, emozionante e cantata da tutto il pubblico, è stata affidata a “Jean”, che ha davvero scalato l’atmosfera dell’evento.
Ha proseguito poi il terzetto composto dagli Antica Tradizione, di Bologna, che hanno, in versione semiacustica, proposto i loro brani presenti anche nell’ultimo cd “Il cavaliere, la morte il diavolo”, oltre a un vasto repertorio preso dalla Compagnia dell’anello. Molto bella la cover di “La terra di Thule” e la loro “Alessandro”, suggestiva ed epica.
Poi, ancora gli Imperium, stavolta in versione rock molto aggressiva, che hanno sturato le orecchie dei presenti con quattro pezzi fulminanti: “Ustica chiama Bologna”, la nuova e bellissima “Il varco”, “Belfast”, che è stata rivista per l’occasione, con fraseggi di chitarra e batteria che hanno impressionato i presenti, e infine “Libertà”, un vecchio pezzo degli Intolleranza, cover davvero possente di un brano importante, che sarà presente nel prossimo cd tributo a INTOLLERANZA, in preparazione in questi mesi.
Dopo gli Imperium è stato il turno degli Insedia, i quali in circa un’ora di concerto, hanno divertito e fomentato gli animi dei presenti, che sotto il palco si sono scatenati sulle note di “Er cammerata” (che ha aperto il loro concerto), “Lasciati spiare”, “Gim” e come ultima “Per non morire”. Come al solito, in formissima Giacomino (che si è presentato con una tromba!) e company!
Dopo un breve stacco, affidato a parte dei Timebombs con altri ragazzi degli Spqr skin, che hanno suonato 5 pezzi per allietare i loro fans, si sono presentati sul palco gli Hobbit, i quali hanno chiuso il concerto con una ventina di brani, tra quelli del loro ultimo lavoro (“L’impero contrattacca”) e di “Per la contea”. Notevole la loro ultima “HL78”, ma anche “Trecento” e “L’impero contrattacca”. Grandissimo finale di concerto con i membri di tutti i gruppi, che insieme hanno proposto alcuni dei pezzi più conosciuti, e cantati da tutti, dell’ambiente. Più di 4 ore di concerto che sono volate, tra “sogni di rivoluzione” e buona musica, risate e grida sottopalco.
Conclusosi l’evento, resta sì il piacere di una festa trascorsa insieme, magari prolungatasi tra una schitarrata “non autorizzata” fuori tempo limite, o attraverso gli scherzi tra chi si è fermato a dormire in tenda. Ma resta soprattutto la chiara volontà di trasformare l’entusiasmo e la gioia costruita con quest’evento, in una “semina” che produca i suoi frutti nella grande e piccola guerra santa della nostra vita militante, dalle piccole e quotidiane cose, fino alle più grandi ed importanti. Ma sempre – nelle grandi, come nelle piccole – con lo stesso stile, con la stessa parola d’ordine, che per almeno altri “mille anni” per noi sarà una sola: TRADIZIONE.