Campo Hobbit I, un'altra prova che la giovane destra ha saputo superare
Testata: SECOLO D'ITALIA
Data:29 giugno 1977Autore: Pino Quaranta
Tipologia: Feste e campi
Locazione in archivio
Stato:Smontato originaleLocazione: ASMA,RS2-0002,53
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BILANCIO DI UN’ESPERIENZA NUOVA NATA SPONTANEAMENTE CHE SARA’ PIENAMENTE POSITIVA SOLO SE FARA’ RIFLETTERE.
CAMPO HOBBIT I UN’ALTRA PROVA CHE LA GIOVANE DESTRA HA SAPUTO SUPERARE
A distanza di due settimane dalla realizzazione, è possibile tracciare un bilancio di Campo Hobbit I e dell’eco che l’iniziativa ha suscitato. Diciamo subito che il bilancio è in complesso positivo e risulta tale anche a prima vista. Il compito all’inizio si presentava improbo per innumerevoli ostacoli, di natura organizzativa, finanziaria e psicologica, da rimuovere gran parte di questi ostacoli sono stati superati con perizia insospettata. Come tutte le cose nuove Campo Hobbit ha suscitato diffidenza e perplessità ma ha fatto gustare anche il sapore della novità. La positività dell’iniziativa risulta anche dall’interesse che essa ha suscitato nella "grande stampa" non esclusa quella di regime, che però ovviamente se ne è occupata tentando di calarla negli schemi soliti. Chi non è stato a Montesarchio in quei due splendidi giorni, pregiudicati solo da un caldo infernale, non presti fede alle deformazioni ed alle forzature contenute nei servizi apparsi su alcuni fogli. Giornali come La Repubblica e Panorama non avrebbero potuto scrivere cose diverse da quelle che hanno scritto, in ogni caso, anzi leggendo fra le righe, gli amici che non erano presenti a Campo Hobbit e che non sono del tutto ignari del fair play di certa stampa, noteranno che questi giornalisti sono stati costretti ad ammettere delle verità certo scomode per il regime e i suoi luoghi comuni. Qualche pecca di carattere organizzativo non è mancata, era inevitabile però che fosse così. La prima volta si paga sempre lo scotto dell’inesperienza e si può essere ancora più soddisfatti dello svolgimento della manifestazione se si pensa che lo scotto pagato è stato veramente minimo. L’anno prossimo andrà molto meglio anche sotto questo aspetto. Ma ciò che importa è che Campo Hobbit I ha iniziato qualcosa. Per la prima volta tanti giovani di destra si sono ritrovati fra loro per confrontare le proprie esperienze e per verificare il proprio impegno di lotta che ne è uscito rinvigorito.
Solo alcuni (pochi però per fortuna anche se rumorosi) non hanno afferrato il senso della manifestazione beneventana dei discorsi nuovi che si vanno facendo e le esigenze da cui questi nascono e sono arrivati a Montesarchio con lo spirito goliardico del week end. Costoro devono comprendere che è in atto e che non può essere fermato, uno sforzo di crescita qualitativa della giovane destra, che questo sforzo non comporta il rinnegare le nostre tradizioni né il ricalcare supinamente esperienze già fatte da altri. Questo nessuno lo vuole ma non bisogna assumere atteggiamenti nicodemistici di apparente accettazione di formule nuove all’esterno e di sostanziale disinteresse all’interno, E’ opportuno chiarire quindi che chi ha organizzato Campo Hobbit (e questo lo diciamo anche alla stampa di sinistra) non ha inteso minimamente imitare esperienze altrui al solo effimero scopo di apparire moderni. Questo atteggiamento denoterebbe uno stato d’animo d’inferiorità e noi ci sentiamo tutt’altro che inferiori a chicchessia. Non è certo la modernità snobistica culturalmente insignificante e politicamente dequalificante che ci interessa. In questo senso Campo Hobbit assume non certo il significato dell’imitazione quanto quello della sfida. Chiarito anche questo punto, è importante rilevare come il campo di Montesarchio abbia introdotto ulteriori elementi di riflessione nell’animo di chi ha a cuore la crescita politica dei giovani di destra. Campo Hobbit ha costituito plasticamente il punto d’incontro di tre momenti apparentemente slegati fra loro eppure uniti da un nesso inscindibile: un momento esistenziale e quindi psicologico, un momento culturale ed un momento politico. La prima lampante impressione è stata che un problema fondamentale da risolvere e per questo c’è ancora molta strada da fare, è il problema della mentalità. Nella sfera psicologica bisogna lavorare molto per liquidare pregiudizi residui di stampo piccolo borghese non molto confacenti ad una gioventù che vuole e deve essere a giusta ragione rinnovatrice del costume delle strutture politiche e sociali della cultura.
A questo scopo la riappropriazione del valore comunitario che il Campo ha favorito, è senz’altro importante e può essere decisiva. Il problema investe poi l’ambito culturale dove si rende necessaria l’immissione di nuovi input nel processo della produzione culturale di destra, non solo adottando nuove forme di espressione (musica, teatro, cabaret, grafica) ma anche inserendo in queste forme nuovi contenuti ad esempio la difesa del patrimonio maturale, la reinterpretazione della contestazione, della musica pop, spunti interessanti possono venire dalla battaglia per il decongestionamento delle metropoli vista come valore culturale, la riabilitazione dei valori rurali e della civiltà contadina ecc.
Uno degli aspetti politici infine, Campo Hobbit ha dimostrato che i giovani di destra sanno affrontare anche i momenti più difficili. Sintetizzando questi tre aspetti confluiscono in un tutt’uno organico: cambiare dentro (non tanto rispolverando discorsi come il personale è politico) proponendo un esistenzialismo di destra (problema psicologico) mettere chiarezza nelle impostazioni culturali facendo filtrare attraverso di esse i nuovi contenuti e le nuove forme di espressione culturale (problema culturale) al servizio di una strategia di alternativa al sistema e di opposizione dura ed intelligente all’intesa DC-PCI (problema politico) strategia che passa attraverso la presa di coscienza da parte dei giovani militanti di destra del ruolo storico che essi sono chiamati a svolgere, nonché attraverso la penetrazione nelle strutture di base (fabbriche, ambienti e circoli culturali, ambienti sportivi, cooperative di lavoro, scuole ecc.) ed attraverso il condizionamento delle problematiche emergenti dalla società contemporanea. In questo contesto di duro e difficile impegno politico che è anche impegno culturale è assolutamente indispensabile che iniziative come Campo Hobbit si intensifichino.
Campo Hobbit I ha rappresentato, come abbiamo accennato, un boccone ghiotto per la stampa. Molti giornali sono stati invitati, ed alcuni fra i più importanti sono stati presenti al Campo di Montesarchio con propri inviati. Fra questi il Roma di Napoli uno dei pochissimi a fornire un resoconto veramente obbiettivo dell’iniziativa. Quasi tutti i giornali, cioè la stampa di regime, infatti hanno tentato di imbastire le solite speculazioni di bassa lega, senza preoccuparsi minimamente di comprendere il festival ed i motivi che hanno animato i suoi organizzatori, Gli inviati della Repubblica e di Panorama, per citare un paio di casi, sono calati a Montesarchio sperando di assistere a qualche parata militaresca e si sono meravigliati molto quando hanno capito che le cose stavano diversamente. Ma vediamo cosa hanno scritto.
Il quotidiano napoletano ha scritto fino ad ora quello della musica pop e dei festival giovanili è stato un sentiero percorso soltanto dai gruppi della sinistra extraparlamentare e non. L’anno scorso poi a Parco Lambro sono emerse contraddizioni e tensioni che hanno dissuaso la sinistra nell’insistere in manifestazioni che si sono rivelate incontrollabili. La destra invece non teme certi fallimenti. I giovani che hanno partecipato a Campo Hobbit sono militanti sicuri, gli organizzatori hanno fatto di tutto per tenere alla larga i provocatori che in certe occasioni non mancano mai." Ed ancora" Hobbit I dovrebbe aprire un nuovo discorso nell’ambito dell’ambiente giovanile che si va radicalizzando e che come tutte le minoranza, va alla ricerca ed alla riscoperta di una propria precisa identità in tutti i campi. A destra sta sorgendo un nuove esistenzialismo e non è detto che da un ambiente giovanile emarginato ed escluso da tutti gli strumenti che formano il senso comune delle masse non debba venir fuori una cultura minoritaria, ma non priva di contenuti. A sentire Mauro Bene, che ha scritto per la Repubblica un articolo intitolato La destra alla ricerca del pop i giovani di destra sarebbero tutti dei plagiatori. Egli infatti rivendica alla sinistra il diritto esclusivo a dibattere problemi giovanili e quelli della donna, a fare musica per comunicare le proprie esperienze e perfino il diritto esclusivo al girotondo. Bene se proprio ci tiene tanto possiamo anche concedere ai suoi amici extraparlamentari di sinistra tutti i girotondi del mondo. Però non inganni la buona fede dei suoi lettori, contrabbandando certe forme nuove come espressioni creative della nuova sinistra italiana, perché esse sono innanzitutto patrimonio di paesi neocapitalisti come gli Stati Uniti. Basti pensare alla musica rock, al nuovo teatro d’avanguardia ed ad altre cose ancora. Vorremmo pure che Mauro Bene ci spiegasse qual è la differenza fra cultura e sub-cultura viene così disinvoltamente associato alla cultura di destra. Accanto agli immancabili quanto logori luoghi comuni sulla destra, il giornalista del foglio di Scalfari dice anche qualche cosa di un certo interesse . Ma anche se fallimentare nell’immediato (per Bene è ovvio Campo Hobbit è stata un’esperienza fallimentare) sarebbe estremamente sbagliato sottovalutare l’importanza che Campo Hobbit ha avuto per i giovani di destra e la pericolosità ideologica e politica di un recupero in chiave moderna del populismo. I missini hanno scoperto che è possibili usare metodi espressivi e di propaganda più vicini alla esperienza delle giovani generazioni Non è detto che questo populismo (questa parola deve piacere a Bene, vedete come l’usa spesso nei nostri confronti) esasperato, questo radicalismo dai contenuti reazionari, sia destinato a non dare frutti. In una situazione sociale ed economica così disgregata come quella meridionale in cui la sinistra sta pagando gli errori del passato e impacci presenti, parlare di ribellione e soprattutto farlo in modo nuovo più attuale e concreto, può avere successo
E veniamo ai primi della classe. Come sapete nel giornalismo moderno le specializzazioni si moltiplicano.
Esiste il cremlinologo, esiste il sinologo, e adesso Panorama ha inventato la figura del missinologo che starebbe a significare esperto delle cose missine. Missinologo di Panorama è Michele Concina che su Campo Hobbit I ha scritto un articolo che è come si dice a Napoli, n’a cosa fina. Dunque a Concina non interessa un tubo che la destra giovanile si interroghi sulle problematiche nuove con cui viene a contato: il missinologo pare interessato soltanto alle questioni estetiche. Fra gli ultrà del campo Hobbit I predominavano, come sempre, la sfumatura alta, gli occhiali Ray-ban, le camicie mimetiche, i fazzoletti neri o con i colori dei parà, ma circolava anche qualche capigliatura moderatamente lunga. La croce celtica era il pendaglio di moda assieme al fascio littorio dorato Un discorso serio con Panorama come si vede non è possibile. Nel settimanale mondadoriano i missinologi sono in realtà esperti di moda.
PINO QUARTANA