Rassegna Stampa

L'evoluzione della specie fascista in un campo d'Abruzzo

Testata: IL MANIFESTO

Data:20 luglio 1980
Autore: Pierluigi Sullo
Tipologia: Feste e campi

Locazione in archivio

Stato:Copia Rielaborata in A4
Locazione: ASMA,RS2-0001,1

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Visita (guidata) a Campo Hobbit. La “nuova destra” rautiana dice di non volere più le divise da parà e ascolta il rock

di Pierluigi Sullo

SAN DEMETRIO. L’Aquila. Ecco in bell’ordine la cronaca di un’esperienza singolare: la visita (guidata) che un redattore del Manifesto ha fatto a “Campo Hobbit III”, una specie di grande campeggio-seminario organizzato da quel “movimento” di “nuova destra” del quale il gruppo di Pino Rauti, deputato dell’estrema missina con un piede dentro e uno fuori del partito di Almirante, è parte determinante.
“Campo Hobbit” (dal nome di un personaggio del romanzo fantastico di Tolkien “Il Signore degli anelli” letto da giovani di destra e sinistra) è quel genere di ritrovo a cui tradizionalmente si coniuga l’aggettivo “paramilitare”, o, anche, ed è quasi la stessa cosa, “nazista”. I due aggettivi sono invece da riformare. Il campo non appare paramilitare, solo molto lugubre, a un occhio di sinistra, per via delle bandiere nere e delle onnipresenti croci celtiche, una croce iscritta in un cerchio che a chiunque capita di vedere tracciata sui muri, per lo meno a Roma, e che è il simbolo (osteggiato violentemente da Almirante) del “movimento”. E neppure si può dire “nazista”, in quel senso, il raduno. Chi vi partecipa preferisce autodefinirsi “fascista”.
Si svolge il campo tra mercoledì ed oggi, in una località dell’Abruzzo che si chiamava Castel Camponeschi. Si chiamava, al passato, perchè si tratta di un paese, come tanti nella regione, abbandonato da alcuni anni, appoggiato su un dirupo che incombe su una valletta stretta. Era stato abbandonato perché mancava l’acqua. I fascisti ce l’hanno riportata, hanno spazzato via gli arbusti e i cespugli che avevano invaso il paese, hanno collocato nei pressi un grosso generatore di corrente, e insomma hanno ridato vita, sebbene per pochi giorni, al paesino.
Che, per loro, ha il grande pregio di conservare quell’atmosfera dirupata, medievale e cavalleresca che tanta parte ha nella loro simbologia.
Secondo le stime degli organizzatori, tra le viuzze di Castel Componeschi e i prati che lo circondano, dove i “camerati” si sono attendati a grappoli innalzando bandiere nere e croci celtiche, si trovano all’incirca milleduecento persone, un buon quaranta per cento delle quali donne. Larga parte dei partecipanti fa parte del Fronte della gioventù, (nel quale assicurano, il movimento ha la maggioranza), ma ci sono anche quelli che con il Msi non vogliono avere a che fare. Tutti detestano Almirante. Vengono, dicono ancora gli organizzatori, da ogni parte d’Italia, senza squilibri, come si potrebbe attendere, tra nord e sud. Stanno tentando, dicono loro, di cambiare la faccia della destra.
Inutile risulterà da parte nostra aver fatto scomparire ogni segno possibile di identifacazione in quanto “avversari”, come dicono loro, come per esempio un portachiavi in forma falce-martello, o i giornali di sinistra dai sedili della macchina. Subito, si sparge la voce che un giornalista così e così sta girando per il campo. Veniamo guardati con interesse e, man mano che le ore passano, veniamo assaliti. Da domande e tentativi di discussione. Attornoa noi si spostar per il campo un crocchio di dieci o venti persone che vuole dibattere: della droga e del rock (che qui viene da qualcuno ostinatamente proposto, nonostante l’ostilità di molti), del comunismo e della rivoluzione, delle leggi repressive e del femminismo.
La prova più difficile l’affrontiamo quando chiediamo di parlare con gli organizzatori per avere cifre e notizie. La rappresentanza che abbiamo di fronte è composta da un deputato napoletano del MSi, rautiano, di nome Antonio Parlato, dal fiorentino Marco Tarchi e da Teodoro Buontempo, membro del comitato centrale del Msi, lui pure rautiano. Sono, tutti e tre, nomi noti, a loro modo, dei quali si scrive: “Il ben conosciuto squadrista Tal dei Tali”. Il secondo, Tarchi, si impegna subito in una spiegazione tutta ideologica, “metapolitica” dicono loro, di quel che il campo, e il “movimento”, si propongono. Noi, dice siamo antiegualiutari e tradizionalisti, siamo per l’egemonia della società civile su quella politica, siamo pluralisti e vogliamo una rivoluzione che fondi lo stato “organico”, organico con il popolo, la sua cultura e le sue tradizioni. Siamo antiborghesi. Cita Gramsci, Spengler, Cacciari, Mosse e molti altri. Dice che il loro motivo di esistenza come partito-movimento si trova nella crisi generale dei partiti e della democrazia, nelle conseguenti manifestazioni di ribellione giovanile che non necessariamente, dice, debbono infilarsi nel vicolo cieco di quella forma estrema dell’idea borghese di democrazia che è il comunismo. Di qui l’interesse per il rock, di qui l’essere antinucleari e antiamericani, ecologisti (per la conservazione cioè) e, soprattutto, contrari allo scontro fisico con la sinistra estrema. Una follia, dice Tarchi, che finora ha giovato solo alla Democrazia cristiana.
E’ inutile, naturalmente, obiettare. Far notare che i Nar che assaltarono Radio Città Futura proprio questo dicevano non smuove nessuno: i Nar, replicano, non esistono, sono provocatori. E poi i “mimetici”, come disprezzo vengono definiti, cioè i giovani fascisti che amano travestirsi da paracadutisti e adorano il Martello di Thor, sono una specie in estinzione. Grazie anche al fatto che la nuova sinistra, ci spiegano, ha abbandonato l’antifascismo truce degli anni scorsi.
Giù, nella stradina, di “mimetici” ce n’è parecchi: capelli a spazzola, scarpate militari e tutto il resto in regola. Uno di questi chiede minacciosamente con chi dovrà prendersela, per quel che scriveremo. Viene subito spintonato via. L’altra metà dei partecipanti al campo ha jeans e capelli lunghetti, molti hanno l’aria tranquilla di ragazzi studiosi. E sembrano veramente ansiosi di farsi capire, di spiegarci che del fascismo a loro interessano soprattutto le leggi “sociali” della Rsi, del nazismo le origini rivoluzionarie e che tutto il resto è si un problema, ma un problema, per l’appunto, è una faccenda complicata, non si può semplicemente demonizzare, condannare. Una ragazza dice: a me, per la verità, mi sono più simpatici quelli di Lotta continua, che non quei tromboni del Msi.
L’altoparlante prende a diffondere, dopo tanto rock, una canzonaccia nazista. “E’ solo folklore”, assicurano i nostri accompagnatori. Tra gli stand c’è quello delle Edizioni Ar, quelle di Freda. “Si, ma hanno libri del tutto innocui, davvero”. Alla fine, spazientiti di tanti pressanti tentatitivi di comunicazione, domandiamo: “Insomma, perché tanta frenesia di parlare con noi?”. “Perché stare nel ghetto – ci risponde uno – pesa”.


Gruppi citati



Concerti:

CAMPO HOBBIT 3