E io canto il camerata
Testata: CANDIDO
Data:10 aprile 1980Autore: Guido De Sapéyre
Tipologia: Reportage concerto
Locazione in archivio
Stato:ScansioneLocazione: ASMA,RS2-0019,4
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La musica alternativa è tornata alla ribalta. Dopo alcuni ,mesi di torpore dovuti forse all'evolversi della situazione in termini diversi da quella che aveva generato il fenomeno musicale di destra forse per alcune polemiche strumentali che avevano minato l'ambiente, ecco tornare sui palcoscenici, nelle piazze e sui giornali (anche avversari) i nostri gruppi musicali più noti, Gli Amici del Vento, gli Zetapiemme e la Compagnia dell'Anello, hanno rinnovato il loro repertori cantando temi di attualità e di riscoperto impegno politico, con ricerche musicali ed arrangiamenti assai più sofisticati. A dimostrazione di questa rinascita è venuta la 1rassegna permio CIS tenuta a Milano al Teatro Poliziano Lunedì 31 marzo ed organizzata dalle redazioni di Candido nuovo, Radio University, Dissenso e Linea. Il successo della manifestazione è stato indescrivibile, non solo un successo di pubblico, il teatro, 800 posti, era pieno fino all'inverosimile, ma successo soprattutto di entusiasmo e di convinzione. Si è sentito nuovamente come non succedeva dai tempi di Campo Hobbit I un affiatamento, una comprensione completa tra il pubblico, giovani e anziani e i cantautori impegnati sul palcoscenico.
Gli Amici del Vento hanno fatto da padroni di casa presentando,
accanto ad alcuni vecchi cavalli di battaglia anche il nuovo repertorio di canzoni che parlano della droga, della vigliaccheria dell'Occidente, del significato di Patria e soprattutto della nostra battaglia. Ospiti di onore: Fabrizio Marzi che ha anche lui presentato parte del suo nuovo repertorio forse più intimistico del precedente; e il gruppo veronese degli ZPM pronto ormai per incidere il suo terzo nastro dopo il successo di Gioventù e Libertà.
Quello che più interesa di questa riscoperta del fenomeno musicale di destra è l'interesse mostrato dalla stampa di regime. L'Espresso sul numero del 6 Aprile con il titolo Rock, rock alalà fa una gigantesca confusione tra musiche buone e cattive di sinistra le prime, violente e fasciste le seconde.
L'autore dell'articolo, Roberto Gatti, dimostra una notevole incompetenza ed ignoranza per quanto riguarda la musica alternativa, che, per il suo stesso nome rifiuta i canoni, le forme, i canali di diffusione e di propaganda alla moda che sono tutti i mezzi di pressione del regime.
La Repubblica di Mercoledì 2 aprile dedica un articolo nella pagina degli spettacoli milanesi, a firma di Enrico Bonerandi che era presente al teatro Poliziano ed ha potuito di persona gustarsi l'entusiasmo della platea.
Il suo pezzo risente di una certa inquietudine camuffata sotto un atteggiamento snobistico. Il titolo "Il fascio canta folk" dimostra, anche qui, la necessità di questi articolisti di inquadrare, etichettare a tutti i costi un fenomeno per loro incomprensibile e sconosciuto. Li terrorizza il fatto che si possa cantare senza retorica anche del Fascismo e delle SS ma ancora più li stupisce che si parli di problemi di grande attualità e che se ne parli fuori da ogni dogmatico, fuori dagli slogan dei partiti, di tutti i partiti.
Canzoni scomode per una gioventù scomoda, annunciava il presentatore e La Repubblica riporta questa frase come si potrebbe riportare uno slogan sessantottesco scandito in piazza. Non capisce l'autore dell'articolo, non vuole o non può capire che la volontà che spinge alcuni giovani ad impegnarsi con crescente serietà nello scrivere e nello interpretare canzoni è tuitt'altro che professionistica nessuno lo fa per soldi o per successo, e non è neppure propagandistica nel senso stretto del termine.
Come dicono gli Amici del Vento in un allora bellissima e trascinante canzone, si tratta di cantare "il nostro tempo". E' un dialogo aperto coi camerati, uno specchio dei sentimenti vissuti ogni giorno agli angolo delle strade, a scuola, al lavoro. Poco importa a chi canta la nostra rabbia e la nostra vita che i signorini di Repubblica e l'Espresso intuiscano, o meno i nostri sentimenti, la nostra ricerca di idealità e di purezza. L'importante è di riuscire a tenere vivo e vigile l'ambiente. Le prime canzoni alternative nacquero proprio come risposta ad una situazione politica che ci impediva di parlare, di pensare, di vivere. Erano lo sbocco naturale per un ambiente soffocato. Oggi chje nuovi spazi si aprono, che si ripresentano nuove possibilità di azione e di propaganda, i problemi maggiori derivano invece da un certo assopimento del nostro ambiente, d'altra parte più che comprensibile dopo la battaglia. Ecco allora che le canzoni diventano uno sprone e gli spettacoli un momento per ritrovarsi e riscoprirsi più forti.
Anche questo è infatti da sottolineare. Qualche anno fa sarebbe stato impensabile otetnere un teatro a Milano. Ancora più inpensabile sarebbe stato tenere una manifestazione senza subire l'assalto degli ultà comunisti. Anche radunare oltre ottocento persone ad uno spettacolo musicale era impensabile a Milano. E non sono mancate certo le provocazioni di Radio Popolare, aveva ripetutamente invitato i compagni alla mobilitazione otetnendo però un fiasco pauroso. Nuovi tempi si prospettano, quindi, e sarebbe un reato perdere le possibilità oggettive di manovra magari spendendo tempo in sterili polemiche e in ancor più sterili rivalità. L'esempio che viene dai cantautori è forse il più bello. Mai tra di loro hanno diostrato rivalità mai hanno servito sterili interessi di parte, hanno sempre continuato a lavorare per dare una voce alle nostre idee, alle nostre sofferenze, alle nostre speranze. Non possiamo dunque che essere felici per questa ritrovata vena ed auspicare sempre nuovi successi, platee sempre più piene ed esultanti, compagni sempre più pavidi, giornalisti di regime sempre più sconvolti