Vattani, senza quel nome sarebbe già fuori
Testata: LETTERA 43
Data:1 gennaio 2012Autore: Armando Sanguini
Tipologia: Specifico
Locazione in archivio
Stato:Solo testoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Lettera 43,Lettera 43 2012-01-01
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Perché le inclinazioni politiche del console generale di Osaka non hanno ostacolato la sua carriera alla Farnesina.
di Armando Sanguini
Se si fosse chiamato Mario Rossi sarebbe già stato richiamato al Ministero con l’accusa di apologia del fascismo e indegnità a rappresentare lo Stato italiano. Il suo posto sarebbe stato lasciato libero e messo a concorso per un diplomatico all’altezza professionale e morale di assolvere a un incarico così rilevante e prestigioso.
Anzi, per dirla tutta, non sarebbe mai stato destinato a ricoprirlo, né avrebbe fatto la brillante carriera che gli è stata invece spianata davanti, naturalmente a scapito di altri colleghi almeno tanto bravi quanto lui e verosimilmente più bravi.
UN TRATTAMENTO ECCEZIONALE. Di questo Mario Vattani e delle sue inclinazioni politiche il ministero degli Esteri era infatti ben al corrente da sempre. Invece a questo diplomatico è stato riservato un trattamento del tutto eccezionale: il semplice deferimento alla Commissione di disciplina che esaminerà il dossier di questa esibizione diffusa via YouTube, chiederà all’interessato una memoria difensiva e alla fine deciderà. Quando i fari dell’attenzione pubblica si saranno spenti. Quando farà meno clamore una sua diversa destinazione e la prosecuzione della carriera, con tante svastiche disegnate addosso.
Ragione di famiglia in capo al ministero
Il capo degli Esteri, il ministro Giulio Terzi di Sant'Agata.
La ragione di tanta considerazione per questo Mario Vattani sta nel suo nome, cioè nell’essere figlio di quell’Umberto Vattani che, assieme al fratello Alessandro, ha spadroneggiato al ministero degli Affari Esteri negli ultimi 30 anni con la copertura dei due generazione di politici di destra, di sinistra e di centro.
Continua a farvi incursioni altrimenti inaccettabili e fa il bello e cattivo tempo da oltre 15 anni, sempre con il fratello, nella gestione del Circolo degli Affari Esteri, ormai ridotta ad una sua dependance familiare.
L'IMPOSIZIONE VOLUTA DA DINI.Chi potrebbe raccontare molto di questo personaggio sarebbe senz’altro Andreotti, ma chi ne potrebbe attualizzare i metodi di lavoro e la disinvoltura con cui ha distrutto la carriera di molti e premiato quella di chi era disposto a servirlo è certamente l’onorevole Dini che non ha mai spiegato perché lo ha voluto imporre come segretario generale della Farnesina contro il parere di gran parte dei suoi colleghi di governo.
Potrebbe raccontarne parecchie anche chi scrive che ha avuto il privilegio di mettersi di traverso ai suoi traffici e alla sua arroganza padronale e di affrontarne le conseguenze per mano di un suo autorevole sodale, cioè l’ex ministro Frattini. Ma non sarebbe di buon gusto.
LE VICENDE CHE LO LEGANO A TERZI. Potrebbe raccontarne altre e forse ancora più succose l’attuale ministro Terzi. Ma dubito che lo farà. Troppe vicende legano la sua vita professionale a quella dei Vattani, e di Umberto in particolare.
Ma per il bene del ministero degli Esteri e della nostra diplomazia sarebbe tempo di porre fine l’epopea dinastica dei Vattani e con essa la sua ultima incarnazione tristo-parodistica rappresentata dal rampollo Mario.
Questo il ministro Terzi lo dovrebbe e potrebbe fare.
Domenica, 01 Gennaio 2012