Rassegna Stampa

Intervista Skoll

Testata: WELTANSCHAUUNG

Data:28 febbraio 2012

Tipologia: Intervista

Locazione in archivio

Stato:Solo testo
Locazione: ASMA-Archivio digitale RS,ASMA-Archivio digitale RS,Welranschauung 2012-02-28

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20/08/2012

Skoll è un cantautore, musicista e scrittore milanese. Attualmente è, secondo noi, uno dei migliori artisti italiani.

Skoll a livello compositivo è un grandissimo talento, la sua genuinità e limpidezza artistica continua a brillare nel piattume musicale odierno.

E' uscito di recente il suo ultimo libro “Questo mondo non basta”, una raccolta di storie e sensazioni riguardanti alcuni fra i più disparati personaggi della storia recente, abbiamo così deciso di fare alcune domande a Federico inerenti a questo suo ultimo lavoro ed ai suoi futuri progetti.

Ciao Federico, abbiamo letto volentieri il tuo ultimo libro. Al suo interno hai già specificato le ragioni per cui hai deciso di scriverlo, pertanto saltiamo la domanda di rito e cominciamo dal nuovo brano omonimo “Questo mondo non basta”. Canti “La forza di volontà è una questione di testa e di cuore di lacrime di buon umore”, non credi che paradossalmente la situazione politica attuale possa divenire l'input per rafforzare proprio le qualità di cui parli?

Se analizzassimo l’attuale situazione politica italiana, ancor prima che quella europea, da una prospettiva teorica, ti risponderei che in fondo non tutti i mali vengono per nuocere. Sul piano pratico, però, la disgregazione in atto, scientifica e pianificata, del tessuto sociale italiano e di quel poco che resta di un carattere nazionale non avrà grosse conseguenze. In Italia non esiste alcuna propensione, tendenza spontanea al cambiamento dal basso. Inoltre, bisogna partire dal presupposto che la furbizia di chi governa permette di colpire duramente aspetti della vita di ognuno, benessere reale e concreto, che tutti noi non avvertiamo direttamente, immediatamente, lucidamente. La contingenza, quello che poi interessa al cittadino medio, è più o meno salva (anche se fortemente intaccata) a discapito di interventi strutturali che pagheremo in maniera irrimediabile nel tempo. È una sorta di punto di non ritorno che sfugge ai più. In fondo, parliamoci chiaro, alla moltitudine interessa continuare a comprarsi un SUV a 800 rate piuttosto che sapere di non avere più un posto a disposizione, nel caso servisse, in un ospedale pubblico. L’uomo medio ragiona così: oggi la televisione tridimensionale per il sollazzo della famigliola o domani un’Università accessibile per mio figlio? Meglio la prima. Sia chiaro: io non dico che non si pensi del tutto ai veri problemi. La mentalità, però, è del tipo: “oggi è così, domani vedremo. Tanto, poi, perché mai dovrei avere bisogno della sanità pubblica? Ho sempre goduto di ottima salute!”. Questo genere di menefreghismo, egoismo e qualunquismo, unito all’intelligenza diabolica dell’economia che si è letteralmente ingoiata la politica, permette di poter distruggere tutte le strutture sociali senza che si scateni una reazione dal basso. L’unica via di fuga è tornare alla politica. Quella che piega l’economia a proprio piacimento. Che poi, nell’ordine naturale delle cose, è il nostro piacimento; quello della comunità, della nazione. Non sto parlando di miraggi, oasi nel deserto o politiche lunari. Piuttosto di realtà possibili e che sono sempre state considerate “normali”, ordinarie. Almeno in Europa. Oggi potrei parlare della Russia. Potrei, più semplicemente, tirare in ballo anche politici italiani con senso dello stato e dignità come Bettino Craxi. Guardacaso, almeno qui in Italia, proprio il tipo di politico additato come responsabile del “presunto” disastro che sta vivendo la nostra economia. Un mare di bugie. Spread su, borse giù, stasera si muore. Idiozie di un’economia che non esiste. Invenzioni, senza alcun fondamento reale, buone per mantenere la gente sul filo del terrore. Ogni giorno. In modo, così, da farle accettare ogni tipo di sacrificio economico e sociale di tipo “strutturale”. La fandonia economista di questi bankster, padroni incontrastati del nuovo millennio, è una barzelletta buona per i manicomi.

La tua musica non si è mai ridotta al filone contestatorio, bensì ha sempre trasmesso i valori in cui credevi, attraverso storie di eroi del passato, tragedie ed esprimendo le sensazioni scaturite dall'epoca in cui vivi. Puoi dirti soddisfatto del tuo percorso artistico?

Quello che dici in merito al filone contestatorio è assolutamente corretto. Personalmente ho sempre inteso la musica come uno strumento positivo, propositivo. Tra le pagine di “Questo mondo non basta”, invece, mi sono un po’ allargato. Una delle ragioni di questa scelta è data dalla natura stessa della forma “canzone”: per quanto contestare sia apparentemente facile, riuscire a farlo in pochissimi minuti e con una metrica precisa non lo è affatto. Il rischio letale di rimanere banalmente sulla superficie delle cose è alto. Ovviamente, esistono tantissimi esempi che mi smentiscono. Uno su tutti, “Come mai” dei SottoFasciaSemplice. Un vero capolavoro… quando ascolto questa canzone penso che mi sarebbe piaciuto scriverla io! Come detto, però, io ho una naturale propensione a comporre in positivo. Non è sempre una scelta. È la cosa che mi viene più spontanea. Inoltre non bisogna pensare che le due cose siano molto distanti: proporre dei modelli positivi è una forma di profonda contestazione. Magari più nascosta e meno ovvia, meno diretta. Ma rappresenta l’idea stessa di un’elite che con il sacrificio, con lo stile, con la forza, la bellezza annichilisce la mediocrità che la circonda e offre gli strumenti, ai volenterosi, di ispirarsi ad essa e migliorarsi. Riguardo al mio percorso artistico, invece, posso ritenermi assolutamente soddisfatto. In questi anni ho realizzato tutto quello che mi ero prefissato. E non è ancora finita. Ho avuto la fortuna di collaborare con un musicista come Fabio Constantinescu che con la sua bravura ha reso possibile tutto questo. Gliene sarò sempre grato. In questi anni ho fatto tanto. Suonato, inciso, cantato per migliaia di ore. La RTP ha creduto fin dall’inizio, mi ha sostenuto e mi ha fornito un supporto fondamentale. Più di così non avrei potuto fare, fisicamente. In fondo, non bisogna dimenticarlo, questo non è un lavoro! Sono un dilettante, un appassionato. Un dopolavorista!

Il tuo primo pezzo in assoluto “Siamo Solo Cuore”, oltre ad avere un testo emozionante, è secondo noi una fotografia perfetta del tuo slancio iniziale che ti ha poi portato a diventare uno degli artisti più apprezzati nel tuo ambito. Hai in programma una nuova incisione per questo storico brano?

“Siamo solo cuore” è una canzone alla quale sono molto legato per ragioni personali. Quello che dici mi stupisce positivamente perché, in effetti, quello che sta dietro al brano è proprio sintesi dell’energia, della naturalezza e della motivazione iniziali. Purtroppo, la canzone soffre di un arrangiamento che aveva ridotto, e di molto, la spontaneità e la forza originaria. Per questa ragione, l’ho sempre considerato un brano maltrattato che avrebbe meritato qualcosa di meglio: solitamente non mi capita, ma con questa canzone, invece, spesso mi viene in mente proprio l’idea di farne una nuova versione. Chissà…

Il tuo attuale ultimo disco Armilustri Absinthium ha segnato un ulteriore maturazione , uno dei pezzi che più abbiamo apprezzato è stato il conclusivo “La spada”. Una strepitosa e breve poesia fuori tempo. Puoi dirci qualcosa in merito?

“La spada” non è che la sintesi della via marziale. Uno dei più importanti insegnamenti che ho ricevuto dal kendo, la scherma giapponese, chiude questo brano: la strada per la perfezione, la strada per la serenità, passa inevitabilmente dall’abbandono del superfluo. Per crescere bisogna alleggerirsi. Per stare meglio bisogna potare i rami secchi e inutili. La spada ti insegna questo: lascia a casa i problemi, lascia a casa la mente, lascia a casa i tecnicismi accademici, i trucchi dell’agonista… Solo così il taglio sarà efficace. Questa è la spada. La spada è metafora simmetrica della vita. Ciò significa che il miglioramento passa dal prendersi cura della sostanza delle cose lasciando sulla strada il superfluo. Se vuoi raggiungere una cima in montagna, per fare un esempio, non devi preoccuparti di comprare lo zaino firmato o la scarpa tecnica. Puoi farlo, ma non devi limitarti a questo diventandone schiavo. Devi mirare al centro, al cuore delle cose. Concentrarti e mettere a fuoco. Se manchi tu, nello spirito, nei polmoni, nelle gambe, nella fatica, nella sostanza, non ci sarà zaino leggero o materiale tecnico a farti salire. Questo vale in ogni cosa. Tutti avvertiamo un senso di leggerezza e di serenità quando riusciamo, anche solo per un istante, a rinunciare al superfluo che ci circonda. È l’impresa più grande. Più difficile. Ci riusciamo difficilmente ma dobbiamo provarci. “La spada” si chiude così: da un blocco informe di marmo il modo per ottenere la bellezza di una statua non è aggiungere materia ma toglierla con lo scalpello.

I tuoi brani sono molto “celebri” in rete, volendo negli anni avresti potuto virare verso una popolarità maggiore, invece hai scelto di rimanere coerente e limpido con la tua proposta. Quanto è importante per un artista oggi avere la completa libertà di espressione? Sembra interessi a pochi oramai..

Il destino di un uomo è una cosa strana perché è un impasto di scelte e di inevitabilità. La cosa più importante è non limitarsi a guardare la seconda componente: in questo modo, altrimenti, la vita diventa un’immobile accettazione degli eventi da parte di chi non fa nulla per cambiare le cose e costruirsi un futuro a sua immagine. Bisogna fare di tutto, invece, prima che l’inevitabile si presenti. Il destino, almeno in parte, resta una nostra costruzione. Anni fa ho fatto delle scelte. Ad essere sincero non posso dire che se ne avessi fatte delle altre, musicalmente più commerciali, le cose sarebbero andate bene. Come ho già detto, oggi la musica non mi dà nulla in termini economici ma rende tutto, proprio tutto, sotto altre forme. Purtroppo oggi l’uomo è abituato, quasi costretto, a considerare la qualità delle cose esclusivamente dalla forma e resa economica. In questo, non c’è che dire, 12 anni di Skoll sono stati un bel fallimento! Il mio destino musicale, comunque, ha rispettato pienamente le sue “componenti”: “scegliere” un percorso di assoluta libertà espressiva e pagarne “inevitabilmente” le conseguenze di impopolarità.

Hai in programma un nuovo disco?

Sì. L’ho già scritto tutto. I tempi, però, non saranno brevi perché bisognerà studiare bene gli arrangiamenti e dovremo curare attentamente le varie fasi della produzione. Un disco, se fatto come si deve, ha tempi abbastanza lunghi. In più, non potendo dedicargli l’intera giornata a causa del lavoro, io, Fabio e Davide dobbiamo lavorarci di notte o nei ritagli di tempo. Ci vorrà qualche mese. Sarà un disco rock e sarà, credo e spero, la massima espressione dell’epica che in questi anni ho rincorso tra personaggi storici e grandi imprese. Non svelo i temi delle singole canzoni ma questa mia ottava produzione sarà nuovamente una sorta di concept album. La tematica, in risposta ai miserabili tempi che stiamo vivendo, sarà l’Italia.

Nell’ultimo capitolo del tuo libro citi il film Gattaca e la scena in cui Vincent batte il fratello a nuoto per mettere in risalto la metafora del superamento di sé. Nessun razionalista moderno può spiegare la vera forza interiore dell’uomo… “questo mondo non basta”?

In questo senso non saprei darti una vera e propria risposta. Io credo che l’uomo sia un essere enormemente sottovalutato dal punto di vista spirituale. Le potenzialità dell’uomo sono enormi quando la volontà costringe l’intelletto a superare il senso di sopravvivenza dell’ordinario. Ci sono innumerevoli esempi che lo provano. Vincent batte il fratello perché se ne frega della sopravvivenza proprio mentre l’altro, fisicamente perfetto, lascia che il cervello con le sue paure tenga i giri del motore in una zona di sicurezza. Le grandi imprese sono figlie del superamento dell’ordinario. È inevitabile. Non c’entrano le religioni. È un fatto umano e di questo mondo. A meno che non si creda, come credo io, che ciò che l’uomo chiama Dio sia dentro ogni atomo dell’universo. Uomo compreso.
Grazie Federico per la tua disponibilità, un caro saluto.

“…Gli uomini che hanno deciso di vivere diversamente, quelli della volontà che spinge nel fuoco o tra il ferro delle baionette, quelli che conoscono solo una direzione, avanti, quelli che non si fanno spaventare dai raggi accecanti del Sole, non conoscono confini, spazi e tempo. Sono già andati oltre. Come al loro solito, avanti. E’ il ruggito della belva. L’assalto del leone. La schiena sempre dritta…Per loro, grandezza, esempio e slancio, questo mondo non basta!”
(Skoll)


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