Compagnia dell'Anello, l'alternativa degli hobbit
Testata: LA NUOVA VENEZIA
Data:12 luglio 2004Autore: Eleonora Bujatti
Tipologia: Specifico
Locazione in archivio
Stato:CopiaLocazione: ASMA,RS5-0003,1
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Compagnia dell'Anello, l'alternativa degli hobbit.
La band popolare padovana ristampa "Terra di Thule"
di Eleonora Bujatti
PADOVA. Comunque la si pensi, quella della Compagnia dell'Anello è proprio una bella storia. Ha inizio a Montesarchio di Benevento una sera di giugno del 1977, quando, durante una due giorni di incontri e dibattiti della destra giovanile, la musica compie nella realtà il miracolo che Bob Fosse aveva immaginato nel suo film-musical Cabaret: un ragazzo canta una canzone popolare, la sua passione è contagiosa e piano piano, voce su voce, la gente si unisce a lui; la musica sale, i singoli scompaiono e si forma un unico immenso coro. La canzone del film era Tomorrow belongs to me, un'aria ispirata a una ballata popolare tedesca del 400 e in italiano diventa Il domani appartiene a noi: il pezzo con cui è nato il gruppo musicale della Compagnia dell'Anello. Il contesto è quello della musica alternativa, quella scritta e interpretata non per scopo commerciale, ma per veicolare delle idee escluse dalla cultura «ufficiale»; una musica che, in un mondo che si trasforma continuamente inseguendo le mode, è un esempio di fedeltà e continuità di idee. «C'è qualcosa che non cambia, ed è la natura dell'uomo»,spiega il padovano Mario Bortoluzzi, voce della Compagnia dell'Anello, che in questi 27 anni ha composto tre album: Terra di Thule (il più venduto, in ristampa), In rotta per Bisanzio e Di là dall'acqua.
«Per poter portare avanti le nostre idee senza dover soggiacere alle regole di mercato», continua Bortoluzzi, «l'unica via era quella dell'autoproduzione. Questa scelta ci avrà forse limitato, ma ne abbiamo guadagnato in libertà». Tutte le canzoni sono costruite intorno ai testi, che esprimono il proprio senso di identità e di appartenenza a una terra e a una comunità, e cantano di libertà, tradizione e fede immortale. «Sono forse queste le parole chiave del nostro pensiero: libertà, che, come diceva Gaber, è partecipazione; tradizione, che è, per dirla alla Guenon o alla Evola, il sapere sapienziale trasmesso dall'uomo primordiale; fede immortale, nel senso di fedeltà e coerenza». A che cosa? Al senso dell'onore, alla comunità, a una visione non materialista della vita. Idee che passano attraverso i testi, ma che traspirano anche dalle musiche e dal loro sapore antico. «Il nostro stile musicale nasce dalla fusione di diverse tendenze», spiega la musicista Marinella Di Nunzio; «negli anni Settanta e Ottanta abbiamo assorbito la musica progressive, l'abbiamo poi integrata con lo stile cantautoriale di Mario, con suoni acustici ed elettronici, e con la ricerca di musiche antiche e suggestive.
Musiche che nei nostri sogni immaginiamo eseguite da una orchestra intera». Il nome del gruppo è ispirato al Signore degli Anelli di Tolkien, lo scrittore diventato il patrono di una rivoluzione estetica. «In un libro appena uscito a cura di Gianfranco De Turris Albero di Tolkien», continua Bortoluzzi, «cerco di sottolineare il perché di quella identificazione immediata tra gli hobbit inventati dallo scrittore e il pensiero di noi musicisti alternativi: si tratta di quel sentirsi in guerra con l'Oscuro Signore e con la dittatura del suo Pensiero Unico; è la solidarietà contro la distruzione dell'identità dei popoli e la selvaggia devastazione della natura ad opera dei moderni orchi». La scelta della metafora è uno strumento molto utile per trasmettere velatamente dei messaggi. «Certo, l'archetipo e la metafora sono anche gli unici mezzi per tentare di uscire dal ghetto. L'altra via che abbiamo percorso è quella del miglioramento della qualità delle musiche e degli arrangiamenti». Un percorso di 30 anni, in cui ciò che ha più valore non è quello è cambiato, ma tutto ciò che nonostante tutto è rimasto uguale a quella sera di giugno del 1977.