Una "Camerata emozione"
Testata: ALTAFORTE.INFO
Data:16 marzo 2014Autore: Carlo “Mezzochicco”
Tipologia: Recensione
Locazione in archivio
Stato:Solo testoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Altaforte.info,Altraforte-info 2014-03-16
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Lunedì 11 marzo a Roma, presso il Teatro Cassia, Junio Guariento, dopo anni di assenza dalla scena musicale alternativa, ha suonato in ricordo di Massimo Morsello. Accompagnato da Nicolò della “Vecchia Sezione” (uno che ci sta davvero molto simpatico per le sue rare doti di modestìa, cuore e vero anticonformismo), Junio ha ripercorso, per sommi capi, buona parte del repertorio proprio e del “De Gregori nero”, come la pubblicistica nazionale ha voluto “taggare” il cantautore romano.
Ricordato da amiche e amici – tra i quali Federico Gennaccari, autore di Voci controvento, e l’associazione “Nessuno resti indietro!” con Claudia Sessa in primis -, Massimo Morsello è stato “presente” nelle sue principali canzoni: ricordiamo, tra le altre, “Buon anno professore” dedicata al dottor Di Bella, “I nostri canti assassini” e la bellissima “Punto di non ritorno”.
Dal lontano passato di Junio, invece, sono arrivate la divertente “Sunglasses police’s blues”, “Alain Escoffier” fino a “La rivolta degli atenei” e “Dedicato all’Europa”. Immancabilmente, siamo rimasti toccati dalla personale interpretazione di “Sulla strada” (suonata in acustico dopo un tentativo di rianimare un dulcimer scordato e riottoso alla addomesticazione) per finire con “Il domani appartiene a noi”.
A dire il vero, tutta l’esibizione di Junio e Nicolò è stata toccata da una delicata ma profonda vena malinconica e sincerissima. È difficile trovare, nella storia della canzone politica in Italia, un personaggio altrettanto genuino quanto candido e insieme “bastian contrario”.
Eppoi, diciamolo: quale dei cantautori nostrani potrebbe suonare un dulcimer, uno strumento a corde particolarissimo, molto usato nella musica bretone?
Lo ammettiamo, è una nostra “fissazione”, ma nelle canzoni di lunedì sera abbiamo ritrovato – per fortuna – una rabbia tonificante e delle emozioni che all’epoca dovevano essere guidata in altra maniera, anche se probabilmente una rivoluzione nazionalpopolare e senza violenza non sarebbe mai potuta avvenire.
Questo però fa parte delle personali riflessioni di chi scrive.
Oltre all’auspicio di abbandonare i ghetti, per liberare le molteplici espressioni e sensibilità culturali/politiche presenti nel nostro paese.
Per questo abbiamo molto apprezzato la capacità di Junio nell’interpretare queste “differenze”: intendiamo plaudire alla emozionatissima versione de “Il centro del fiume” di Pierangelo Bertoli o alla “cover”, degli Antica Tradizione, dedicata ad un misterioso amico, leone indomabile.
Prima di concludere, apriamo una parentesi. Si finisca una buona volta di foraggiare e di perpetuare la separazione tra le diverse modalità di fare canzone. Non esiste canzone di serie a o di serie b: esistono le belle o le brutte canzoni.
Come dovrebbe imporsi la necessità finalmente di uscire (senza”buonismi” o un indifferenziato “volemose bene”) della silenziosa “guerra civile” che ha insanguinato il nostro paese per anni e anni, così nella cultura e nello spettacolo, si dovrebbe rispettare e garantire una buona volta la libertà per le diverse espressioni identitarie di accedere ai grandi mezzi di comunicazione di massa e di poter “esistere” al di fuori del ghetto.
La provocazione della pubblicazione sul “Manifesto” di una propria uscita discografica, firmata da “Massimino” in persona, voleva andare a rompere questa ipocrisìa.
Ma, potessimo parlargli, gli diremmo che, senza dubbio, qui pare comandare ancora “quella gente migliore” della quale lui così ironicamente stigmatizzava i comportamenti.
Scritto da: Carlo “Mezzochicco”