LA NAVE
Anno: 1990
Gruppo: COMPAGNIA DELL'ANELLO
Testo e musica: Gino Pincini |Menu
Nella nave
che si scuote
colle navi
che percuote,
di un’aurora
sulla prora
splende l’occhio
incandescente.
Nella luce
uniforme
alle navi,
alla città
solo il passo
che alla notte
solitaria
si percuote
per le rotte
dalle navi
solitario
si percuote,
così vasta,
così ambigua,
nella notte
così pura.
L’acqua, il mare
che ne esala
alle rotte
della notte
batte cieco
per le rotte
dentro l’occhio
disumano
della notte
di un destino
nella notte
più lontano,
per le rotte
della notte
il mio passo
batte botte.
Nella nave
che si scuote
colle navi
che percuote,
di un’aurora
sulla prora
splende l’occhio
incandescente.
che si scuote
colle navi
che percuote,
di un’aurora
sulla prora
splende l’occhio
incandescente.
Nella luce
uniforme
alle navi,
alla città
solo il passo
che alla notte
solitaria
si percuote
per le rotte
dalle navi
solitario
si percuote,
così vasta,
così ambigua,
nella notte
così pura.
L’acqua, il mare
che ne esala
alle rotte
della notte
batte cieco
per le rotte
dentro l’occhio
disumano
della notte
di un destino
nella notte
più lontano,
per le rotte
della notte
il mio passo
batte botte.
Nella nave
che si scuote
colle navi
che percuote,
di un’aurora
sulla prora
splende l’occhio
incandescente.
Note
Il testo è ispirato alla poesia “Batte Botte” tratta dai "Canti Orifici" di Dino Campana.Ne la nave
Che si scuote,
Con le navi che percuote
Di un’aurora
Sulla prora
Splende un occhio
Incandescente:
(Il mio passo
Solitario
Beve l’ombra
Per il Quais)
Ne la luce
Uniforme
Da le navi
A la città
Solo il passo
Che a la notte
Solitario
Si percuote
Per la notte
Dalle navi
Solitario
Ripercuote:
Così vasta
Così ambigua
Per la notte
Così pura!
L’acqua (il mare
Che n’esala?)
A le rotte
Ne la notte
Batte: cieco
Per le rotte
Dentro l’occhio
Disumano
De la notte
Di un destino
Ne la notte
Più lontano
Per le rotte
De la notte
Il mio passo
Batte botte.
Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885 – Scandicci, 1° marzo 1932) è stato un poeta italiano autore dei “Canti Orifici”, una raccolta di componimenti letterari in prosimetro, ovvere strutturati su un'equilibrata alternanza di prosa e versi. Composta nel 1913 in una prima stesura con il titolo “Il più lungo giorno”, fu consegnata per la pubblicazione a Giovanni Papini e a Ardengo Soffici che non lo presero in considerazione ed il manoscritto, unica copia esistente, ando perduto.
Nell'inverno del 1914, Campana, certo ormai che il suo lavoro fosse definitivamente, decide di riscrivere tutto affidandosi alla memoria ed ai suoi abbozzi, in pochi giorni, lavorando anche di notte, riesce a riscrivere il canzoniere, anche se con modifiche ed aggiunte. Nella primavera successiva riesce finalmente a pubblicare a proprie spese il suo lavoro con il titolo di "Canti Orfici", facendo riferimento alla figura mitologica di Orfeo, il primo dei poeti-musicisti.
Il manoscritto originale sarà poi ritrovato nel 1971 tra le carte di Soffici.