CORTE DI GIUSTIZIA
Anno: 1969
Gruppo: Europa Civiltà
Testo: Pino Tosca | Musica: Carmine Asunis |Menu
I VERSIONE
E' per tè caro straccione dalle mani congelate,
per tè che il calendario della vita non ha date,
per tè diseredato che non vuoi esser santo.
per tè ghigliottinato questa canzone canto.
Lo so che non sarò mai di Dio il suo profeta
ma ciò che narrerò farà l'anima lieta
a tutti i fuoriusciti da questo immenso ghetto
a quelli che creparono tra i fiori col moschetto.
Leggenda senza odio, leggenda senza amore,
speranza del domani inchiodataci nel cuore
quando vedrem crollare fabbriche e tribunali,
quando vedrem guerrieri sparare agli ufficiali.
Verrà quel giorno amici che spezzerete i lacci
quando l'apache nel fiume getterà i suoi coltellacci,
e calcherà sul capo il tocco del magistrato
e si ergerà ordinando: «Avanti l'accusato!»
Giuristi e deputati faranno il loro ingresso
chiedendo coi burocrati un timido permesso
e siederanno tristi su quel banco di legno
che per migliaia d'anni è stato il loro regno.
Mercenari senza patria dalla barba sporca e bionda,
monelli che lanciaste i sassi con la fionda
ragazzi vagabondi, vecchi contrabbandieri:
un giorno riderete pensando all'altroieri.
Giuria originale di ladri e derelitti
di «duri», di accattoni, di poeti maledetti,
di donne assassinate da un amore lontano,
di pazzi e di suicidi dal volto fisso e strano.
Capitani di ventura, donne di marciapiede,
ragazzi che uccideste all'ombra di una fede,
coraggio: tocca a voi, pallidi delinquenti
l'ultimo giudizio sui soliti innocenti.
Guardateli negli occhi i generali pronti,
quelli che non morirono ne in piazza ne sui fronti,
i vescovi bugiardi, gli eterni commedianti
spacciatisi per uomini di Dio rappresentanti.
E mentre s'alza già la falce della morte,
ecco il momento: entra la Grande Corte;
ma noi che siam selvaggi, che siam tanto cattivi
noi li condanneremo a rimanere vivi.
E' per tè caro straccione dalle mani congelate,
per tè che il calendario della vita non ha date,
per tè diseredato che non vuoi esser santo.
per tè ghigliottinato questa canzone canto.
Lo so che non sarò mai di Dio il suo profeta
ma ciò che narrerò farà l'anima lieta
a tutti i fuoriusciti da questo immenso ghetto
a quelli che creparono tra i fiori col moschetto.
Leggenda senza odio, leggenda senza amore,
speranza del domani inchiodataci nel cuore
quando vedrem crollare fabbriche e tribunali,
quando vedrem guerrieri sparare agli ufficiali.
Verrà quel giorno amici che spezzerete i lacci
quando l'apache nel fiume getterà i suoi coltellacci,
e calcherà sul capo il tocco del magistrato
e si ergerà ordinando: «Avanti l'accusato!»
Giuristi e deputati faranno il loro ingresso
chiedendo coi burocrati un timido permesso
e siederanno tristi su quel banco di legno
che per migliaia d'anni è stato il loro regno.
Mercenari senza patria dalla barba sporca e bionda,
monelli che lanciaste i sassi con la fionda
ragazzi vagabondi, vecchi contrabbandieri:
un giorno riderete pensando all'altroieri.
Giuria originale di ladri e derelitti
di «duri», di accattoni, di poeti maledetti,
di donne assassinate da un amore lontano,
di pazzi e di suicidi dal volto fisso e strano.
Capitani di ventura, donne di marciapiede,
ragazzi che uccideste all'ombra di una fede,
coraggio: tocca a voi, pallidi delinquenti
l'ultimo giudizio sui soliti innocenti.
Guardateli negli occhi i generali pronti,
quelli che non morirono ne in piazza ne sui fronti,
i vescovi bugiardi, gli eterni commedianti
spacciatisi per uomini di Dio rappresentanti.
E mentre s'alza già la falce della morte,
ecco il momento: entra la Grande Corte;
ma noi che siam selvaggi, che siam tanto cattivi
noi li condanneremo a rimanere vivi.
II VERSIONE
E' per tè caro straccione dalle mani congelate,
per tè che il calendario della vita non ha date,
per tè diseredato che non CONOSCI IL PIANTO.
per tè ghigliottinato questa canzone canto.
Lo so che non sarò mai di Dio il suo profeta
ma ciò che narrerò farà l'anima lieta
a tutti i fuoriusciti da questo immenso ghetto
a quelli che creparono tra i fiori col moschetto.
UN UTOPIA senz'odio, SBOCCIATA NEL DOLORE (II-3.a)
speranza del domani inchiodataci nel cuore
quando vedrem crollare fabbriche e tribunali
quando vedrem guerrieri SPUTAR agli ufficiali.
Verrà quel giorno amici che spezzerete i lacci
quando L'apache nel fiume getterà i suoi coltellacci
e calcherà sul capo il tocco del magistrato
e si ergerà ordinando: «Avanti l'accusato!»
Giuristi e deputati faranno il loro ingresso
chiedendo coi burocrati un timido permesso
e siederanno tristi su quel banco di legno
che per migliaia d'anni è stato il loro regno.
Mercenari senza patria dalla barba sporca e bionda,
monelli che lanciaste i sassi con la fionda
ragazzi vagabondi, vecchi contrabbandieri:
un giorno riderete pensando all'altroieri.
Giuria originale di ladri e derelitti
di «duri», di accattoni, di «poeti maledetti»,
di donne assassinate da un amore lontano,
di pazzi e di suicidi dal volto fisso e strano.
Capitani di ventura, donne di marciapiede,
ragazzi che uccideste all'ombra di una fede,
coraggio! Tocca a voi, pallidi delinquenti
l'ultimo giudizio sui soliti innocenti!
Guardateli negli occhi i generali pronti,
quelli che non morirono ne in piazza ne sui fronti,
i PRETI MILIARDARI, gli eterni commedianti
spacciatisi per uomini di Dio rappresentanti.
E mentre s'alza già la falce della morte,
ecco il momento: entra la Grande Corte;
ma noi che siam "selvaggi", che siam tanto cattivi
noi li condanneremo a rimanere vivi.
E' per tè caro straccione dalle mani congelate,
per tè che il calendario della vita non ha date,
per tè diseredato che non CONOSCI IL PIANTO.
per tè ghigliottinato questa canzone canto.
Lo so che non sarò mai di Dio il suo profeta
ma ciò che narrerò farà l'anima lieta
a tutti i fuoriusciti da questo immenso ghetto
a quelli che creparono tra i fiori col moschetto.
UN UTOPIA senz'odio, SBOCCIATA NEL DOLORE (II-3.a)
speranza del domani inchiodataci nel cuore
quando vedrem crollare fabbriche e tribunali
quando vedrem guerrieri SPUTAR agli ufficiali.
Verrà quel giorno amici che spezzerete i lacci
quando L'apache nel fiume getterà i suoi coltellacci
e calcherà sul capo il tocco del magistrato
e si ergerà ordinando: «Avanti l'accusato!»
Giuristi e deputati faranno il loro ingresso
chiedendo coi burocrati un timido permesso
e siederanno tristi su quel banco di legno
che per migliaia d'anni è stato il loro regno.
Mercenari senza patria dalla barba sporca e bionda,
monelli che lanciaste i sassi con la fionda
ragazzi vagabondi, vecchi contrabbandieri:
un giorno riderete pensando all'altroieri.
Giuria originale di ladri e derelitti
di «duri», di accattoni, di «poeti maledetti»,
di donne assassinate da un amore lontano,
di pazzi e di suicidi dal volto fisso e strano.
Capitani di ventura, donne di marciapiede,
ragazzi che uccideste all'ombra di una fede,
coraggio! Tocca a voi, pallidi delinquenti
l'ultimo giudizio sui soliti innocenti!
Guardateli negli occhi i generali pronti,
quelli che non morirono ne in piazza ne sui fronti,
i PRETI MILIARDARI, gli eterni commedianti
spacciatisi per uomini di Dio rappresentanti.
E mentre s'alza già la falce della morte,
ecco il momento: entra la Grande Corte;
ma noi che siam "selvaggi", che siam tanto cattivi
noi li condanneremo a rimanere vivi.
Note
Scritto nel febbraio del 1969 è ispirato da “Il giudizio dei giudici” dei Poemi di Fresnes di Robert Brasillach. La musica è stata composta da Carmine Asunis con la rielaborazione di vecchie arie anarchiche.Varianti:
(II-3.a) Leggenda senza odio, leggenda senza amore, (riprende l’originale)