INNO DI GARIBALDI [II Versione]
Anno: 1871
Gruppo:
Testo: Luigi Mercantini | Musica: Alessio Olivieri |Menu
Si scopron le tombe, si levano i morti,
i martiri nostri son tutti risorti !
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
la fiamma ed il nome - d'Italia nel cor !
Veniamo ! Veniamo ! Su, o giovani schiere !
Su al vento per tutto le nostre bandiere !
Su tutti col ferro, su tutti col foco,
su tutti col nome d'Italia nel cor.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi
ritorni, qual'era, la terra dell'armi !
Di cento catene le avvinser la mano,
ma ancor di Legnano - sa i ferri brandir !
Bastone tedesco l'Italia non doma,
non crescono al giogo le stirpi di Roma ;
più Italia non vuole stranieri e tiranni,
già troppi son gli anni - che dura il servir.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Le case d'Italia son fatte per noi,
è là sul Danubio la casa de' tuoi :
tu i campi ci guasti, tu il pane c'involi,
i nostri figliuoli - per noi li vogliam.
Son l'Alpi e i due mari d'Italia i confini,
col carro di fuoco rompiam gli Appennini :
distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
la nostra bandiera - per tutto innalziam.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Sien mute le lingue, sien pronte le braccia ;
soltanto al nemico volgiamo la faccia,
e tosto oltre i monti n’andrà lo straniero,
se tutta un pensiero – l’Italia sarà.
Non basta il trionfo di barbare spoglie,
si chiudano ai ladri d’Italia le soglie :
le genti d’Italia son tutte una sola,
son tutte una sola – le cento città.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Se ancora dell'Alpi tentasser gli spaldi,
il grido d'allarmi ! darà Garibaldi :
e s'arma -allo squillo, che vien da Caprera,
dei Mille la schiera - che l'Etna assaltò.
E dietro alla rossa vanguardia dei bravi
si muovon d'Italia le tende e le navi :
già ratto sull'orma del fido guerriero,
l'ardente destriero - Vittorio spronò.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Per sempre è caduto degli empi l'orgoglio
a dir : Viva l'Italia, va il Re in Campidoglio;
La Senna e il Tamigi saluta ed onora
l'antica signora - che torna a regnar.
Contenta del regno - fra l'isole e i monti,
soltanto ai tiranni minaccia le fronti :
dovunque le genti percuota un tiranno,
suoi figli usciranno per terra e per mar!
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
i martiri nostri son tutti risorti !
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
la fiamma ed il nome - d'Italia nel cor !
Veniamo ! Veniamo ! Su, o giovani schiere !
Su al vento per tutto le nostre bandiere !
Su tutti col ferro, su tutti col foco,
su tutti col nome d'Italia nel cor.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi
ritorni, qual'era, la terra dell'armi !
Di cento catene le avvinser la mano,
ma ancor di Legnano - sa i ferri brandir !
Bastone tedesco l'Italia non doma,
non crescono al giogo le stirpi di Roma ;
più Italia non vuole stranieri e tiranni,
già troppi son gli anni - che dura il servir.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Le case d'Italia son fatte per noi,
è là sul Danubio la casa de' tuoi :
tu i campi ci guasti, tu il pane c'involi,
i nostri figliuoli - per noi li vogliam.
Son l'Alpi e i due mari d'Italia i confini,
col carro di fuoco rompiam gli Appennini :
distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
la nostra bandiera - per tutto innalziam.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Sien mute le lingue, sien pronte le braccia ;
soltanto al nemico volgiamo la faccia,
e tosto oltre i monti n’andrà lo straniero,
se tutta un pensiero – l’Italia sarà.
Non basta il trionfo di barbare spoglie,
si chiudano ai ladri d’Italia le soglie :
le genti d’Italia son tutte una sola,
son tutte una sola – le cento città.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Se ancora dell'Alpi tentasser gli spaldi,
il grido d'allarmi ! darà Garibaldi :
e s'arma -allo squillo, che vien da Caprera,
dei Mille la schiera - che l'Etna assaltò.
E dietro alla rossa vanguardia dei bravi
si muovon d'Italia le tende e le navi :
già ratto sull'orma del fido guerriero,
l'ardente destriero - Vittorio spronò.
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Per sempre è caduto degli empi l'orgoglio
a dir : Viva l'Italia, va il Re in Campidoglio;
La Senna e il Tamigi saluta ed onora
l'antica signora - che torna a regnar.
Contenta del regno - fra l'isole e i monti,
soltanto ai tiranni minaccia le fronti :
dovunque le genti percuota un tiranno,
suoi figli usciranno per terra e per mar!
Va' fuori d'Italia, va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia, va' fuori o stranier!
Note
Non è una nuova versione dell' Inno di Garibaldi con il testo riveduto e corretto, ma un semplice aggiornamento del testo originale a cui vengono aggiunte due strofe con il resoconto di fatti avvenuti dopo la primigenia stesura.Non vi è una data precisa per la composizione delle due nuove strofe, ma, sicuramente, in base ai fatti citati nel testo, si può dire che sono state scritte dopo il 1870. Infatti se la prima nuova strofa (5ª) fa riferimento all’impresa dei mille, quindi a fatti avvenuti nel 1860, la seconda (6ª) si riferisce a Roma capitale d’Italia, che si concretizzò dopo la presa della città attraverso la famosa breccia di Porta Pia, nel 1870.
Note:
(1)
Un breve proclama di Giuseppe Garibaldi, indirizzato agl'Italiani alcuni giorni prima di salpare da Quarto (5 maggio 1860), commenta queste strofe:
«Agl'Italiani: Una schiera di prodi che mi furono compagni sul campo delle patrie battaglie, marcia con me alla riscossa. l'Italia li conosce! Sono quelli stessi che si mostrano quando suona l'ora del pericolo. Buoni e generosi compagni, essi sacrarono la loro vita alla patria e daranno ad essa l'ultima stilla dì sangue, non sperando altro guiderdone che quello dell'in-contaminata coscienza. — Italia e Vittorio Emanuele! — gridavano passando il Ticino ; Italia e Vittorio Emanuele ! - rimbomberà negli antri infuocati del Mongibello. A quel fatidico grido di guerra, tonante dal Gran Sasso d'Italia al Lilibeo crollerà il tarlato trono della tirannide e sorgeranno come un sci uomo i coraggiosi discendenti del Vespro. All'armi dunque! Finiamo una volta le miserie di tanti secoli! Si provi al mondo una volta che non fu menzo¬gna esser vissute, su questa terra, romane generazioni !
G. GARIBALDI»
(2)
Fatidici versi! Quando nel 1870 scoppiò la guerra tra la Francia e la Prussia, Garibaldi accorse con i suoi volontari, e a Bigione respingeva e truppe avversarie. Nel 1897, allorché si scatenò violenta la guerra tra la Grecia e la Turchia, non pochi furono gl'Italiani (purtroppo mal diretti e peggio armati ed organizzati!) i quali vollero combattere a fianco delle genti elleniche sopraffatte dai seguaci di Maometto. E a centinaia a centinaia si arruolarono, nel 1914, sotto il comando dei nipoti di Garibaldi, i giovani italiani della legione garibaldina. Come hanno ricordato i Francesi il generoso italo sangue versato per loro?