SPECIALE LEO VALERIANO
Anno: 1977
Gruppo:
Testo: Walter Jeder |
TOMORROW BE LONGST TO ME (dalla colonna sonora del film "Cabaret")
Questo è uno special dedicato da Radio University a Leo Valeriano.
Amici siamo qua per parlarvi di Leo Valeriane II cantante controcorrente della destra italiana è ormai quasi di casa a Radio University. Eppure siamo sicuri di farvi cosa gradita aiutandovi a conoscerlo meglio e soprattutto aiutandovi a fare la scoperta di un altro Leo o meglio dei mille e uno Leo, un Valeriano spesso inedito, che Radio University non aveva in archivio e non poteva ovviamente proporvi. Abbiamo dovuto frugare tra una pila di vecchi dischi, qualcuno datato 1966, qualche vecchio nastro magnetico e un po' anche nei nostri ricordi; ricordi agrodolci di chi ha avuto la fortuna di collaborare ai testi delle sue canzoni, di essergli amico, di dividere una battaglia che non è stata ingaggiata solo sull'aria del pentagramma. Di Leo Valeriano ieri scrivemmo: "ma chi è questo Leo Valeriano?", domanda legittima. I rotocalchi non si occupano della sua vita privata ne l'abbiamo ascoltato a Radio Montecarlo; Leo Valeriano non ha un press agent e non canta in playback; non è stato a Sanremo e non ci andrà mai; in tv l'abbiamo visto nei "tiribitanti" e ascoltato alla radio nei "cavernicoli", ma nostra signora televisione si dev'essere pentita subito della scelta e si è' ben guardata dall'invitarlo ancora. Leo d'altronde preferisce allo studio 1 la pedana del cabaret, potrebbe scriverne la storia vissuta sul filo della polemica dal boom del "Bagaglino" al "Giardino dei supplizi" per approdare a Napoli alla "Porta infame". Le sue canzoni: storie vere di una guerra tradita e della nostra pace inquieta hanno fatto il giro di cento e cento locali d'Italia dove gli amici lo hanno chiamato. Attore, mimo, cantante e autore. Un cantante contro che non tinge di rosso la sua protesta, che trova il coraggio di dire di no alle false etichette della società. Valeriano ha rotto con la RCA per rifiutare le censure che s'impongono a un prodotto che dev'essere consumato da un pubblico quasi morfinizzato. Quando brandisce la chitarra con il piglio di un'arma e ferisce il microfono con i suoi toni impossibili, lanciando il suo cuore oltre un muro di folla sentiamo che la sua sfida esce dalla cronaca della inflazionata protesta canora per rappresentare qualcosa di nuovo, di veramente nuovo. C'è bisogno della sua voce incisiva, della sua risata amara fuse dall'acido prussico del cabaret per fare a pezzi il conformismo che uccide la libertà, la viltà che uccide la speranza. C'è bisogno di accorgersi quanto sia difficile avere il coraggio di vivere da uomini, anche quando siamo convinti di essere stati promossi all'esame della vita.
LA GENTE TI DIRÀ
Niente. Di Leo Valeriano oggi niente. Giriamo pagina, vi preghiamo solo di capire che le vittorie e le sconfitte di Leo sono le nostre. Leo oggi deve fare le spese della dura legge del sopravvivere, della pentola da riempire ogni giorno. Potrete ritrovarlo così nell'orbita di un cabaret qualunquista o di Cinecittà e dirvi che Leo è un mito finito, ma Leo Valeriano non ha perso. Semmai avremo perso tutti noi, una desta che lo ha snobbato ieri e scoperto in ritardo oggi. Leo Valeriano è anche per questa sua condizione umana ognuno di noi. Ascoltiamo un suo vecchio disco, riconosciamoci nella sua ribellione al conformismo, una rivolta non soltanto individualista vissuta molto prima del famoso '68.
SE DAI RETTA ALLA GENTE
La gente. Il disprezzo della gente intesa come massa, come gregge. Il disprezzo dei voltagabbana che del gregge sono stati e sono i registi. Valeriano ci ha parlato di loro in un amaro pezzo cabaret che racconta il dramma di quella generazione chiamata a combattere una guerra sfortunata dove il nemico di colpo non è più stato lo stesso, dove si è potuto morire invano perché esisteva un morire più giusto che i ragazzi in grigio verde non potevano capire, non potevano accettare.
UN RAGAZZO
In un ambiente come quello dello spettacolo inflazionato da miti e da personaggi della sinistra, dove a decidere il successo è quasi sempre il colore della tessera, Leo Valeriano in quegli anni fa già scandalo perché è fin troppo chiaro che dietro ai temi melanconici di Leo si nascondono grinta e artigli.
PORTA METRONIA
Il ragazzo di Porta Metronia pesta i calli proprio sul loro terreno ai comunisti che da tempo hanno capito la terribile forza che la canzone può esprimere per la penetrazione delle idee, per la guerra delle parole della quale si ritengono maestri. Insieme alla notissima "Budapest", l'inno di battaglia diventa "Berlin" una canzone denuncia che si è portato dietro dalla Germania con il ricordo degli orrori del muro della vergogna. Una canzone che Leo ha gridato sulla faccia dei vopos, in tedesco, da un traliccio a due passi dal muro.
BERLIN
In Germania Leo non c'era andato per turismo, ma per la dura legge del pane. Della dolorosa esperienza di emigrante c'è rimasto un suo disco poco noto, ma molto suggestivo: "La valigia".
LA VALIGIA
Leo Valeriano ha trasformato in canzone l'esperienza tedesca. Una delle testimonianze più drammatiche riguarda un fatto di cronaca che lo tocca da vicino: la storia di una ragazza inchiodata dai vopos sul muro mentre correva da lui, in occidente. Da allora Leo canta sempre vestito di nero, qualche volta piange di rabbia quando lancia il suo lacerante Frei eich
GISELA
La piccola Gisela di questa canzone è forse la stessa che gli ha ispirato qualche tema d'amore. Un genere che forse non vi aspettereste da un ragazzo abituato a gridare forte, sempre più forte come dice un suo testo, per farsi sentire, per essere compresi dalla storia, per raccontare chi sputa dolore nelle celle chi soffre in silenzio e chi muore. Eccovi invece un testo molto dolce: "Cielo viola".
CIELO VIOLA
Quasi una scoperta, vero?! Come è una scoperta qualche rigo di vera poesia per cantare la sua terra d'origine.
IL SOLE DEL SUD
Continua il discorso sull'uomo di Valeriano. Per aiutarvi a coglierne altre sfaccettature ricorriamo a delle registrazioni effettuate, come spesso è stato per i suoi stessi dischi, dischi poveri realizzati di corsa in un improvvisata sala di registrazione, con mezzi modestissimi. Ci scusiamo fin d'ora per la qualità della riproduzione, ma quello che importa è capire il discorso anticonformista di Valeriano come questo ritratto a tutto tondo di un realismo nobilitato dalla fede dove c'è un ragazzo di borgata che muore per le sue idee, ai margini di una guerra - senza esclusione di colpi -combattuta ogni giorno nella nostra falsa pace o forse domani nei giorni della follia vicina, nella prospettiva sanguinosa di una guerra civile che non ci auguriamo.
UN UOMO È UN ALTRO FATTO
Il problema dell'odio e dell'amore è sempre al centro delle canzoni di Leo e trasuda anche da questo suo pezzo. Anch'esso - come quello che avete appena ascoltato - rubato da un microfono di fortuna, all'aperto, in diretta.
FRATELLI DI UNA FESTA
Ormai cominciamo a conoscerlo meglio , amici, questo Leo Valeriano. Il ritratto si è fatto più nitido, il messaggio ferocemente preciso. Fra le sue maggiori virtù una virtù spesso legata a una destra affascinata dai toni gonfi e a una certa posizione anti-retorica; qualcosa che costringe a mettere un punto interrogativo sulla soluzione di una canzone chiave: saremo veramente capaci - poi - di dire di no?
IL CORAGGIO DI DIRE DI NO
1000 e uno Valeriano abbiamo detto. C'è anche un Leo divertente. Divertente ed estroverso che forse voi non conoscete. E' un personaggio dotato di una vis comica esplosiva. Un professionista della risata che vuol aiutarci anche a pensare. Qualche anno fa Leo - anche questa è una registrazione dal vivo - vedeva così il personaggio standard del lavoratore sindacalizzato dalla triplice, attraverso la sua macchietta di mimi metallurgico:
Siamo un popolo di navigatori, di costruttori, costruiamo ponti. Ponti settimanali per allungare le feste. Ci aiutiamo con gli scioperi eh. Tutta la nostra politica sindacale tutti ponti e virgola. Ci orientiamo con i ponti cardinali, beata
Sofia Loren, le si che "seni" frega.
Non voglio essere schiavo del putrido sistema
ma voglio fare i conti, ma prima faccio i ponti
a forza di far ponti vedrai che finirà
che andremo tutti quanti al ponte di pietà.
Lo sono mimi. Sono chimico e sono anche ferrotramviere. Noi quando facciamo il corteo tutti quanti, facciamo tutto quanto un corteo lungo lungo perché io sto col la triplice sindacale: UIL CISL CGL. Mi chiamavano trinità. Quando facciamo il corteo, facciamo tutti quanti il saluto così con il pugno chiuso. Poom. "Se sbagliano sempre me danno così certi casotoni qua de drio, orbo, che io certe volte ci vorrei anche essere Fascista che loro con la mano aperta ci scapperebbe la caressa ". Che poi quando facciamo il corteo c 'è sempre quello che ci dice lo slogans. C 'è uno che ci dice: "Abbasso il padrone, rivoluzione" noi li cantiamo "Abbasso il padrone, rivoluzione" - "lotta più dura, abbasso la dittatura", e noi "lotta più dura abbasso la dittatura" - lui "abbasso il Pasquale, mandiamolo ali 'ospedale " dice ma chi è Pasquale? "è l'inquilino del pian de sotto che me sta antipatico a me " va beh! Perché nelle cose bisogna sempre risalire a monte, magari a Monte Catini Edison che poi sta a Brindisi. Dica no, non parlare di Brindisi, non parlare di Brindisi se no arriva subito Ruggero Orlando.
Sono lavoratore ma rivolusionario
la mia rivolusione la faccio in modo vario
e se ricchezza mobile è un mare eliminabile
noi la sostituiremo con la miseria stabile.
Dice: "ma tu perché sei stanco? " "Perché voi non sapete che lavoro è er mio, voi non avete mai visto quell'omini che salgono sulle navi con un sacco sulle spalle, salgono sopra e scendono giù nella stiva si mettono un 'altra balla sulle spalle risalgono sopra riscendono sulla banchina si mettono 'n'altra botte sulle spalle risalgono sopra riscendono giù nella stiva li spostano… dalla mattina alla sera - otto ore al giorno, è 'na cosa da ammazzarse dieci ore con gli straordinari. " Dice "ma è molto che fai sto lavoro? " "Cominci a settimana prossima. "
Dice "vabbè ma allora a te nun ti piace il lavoro!" "Ma che vor di? A me er lavoro me piace, io so 'namorato del lavoro, io starei 12 ore 24 ore al giorno a guarda ' l'altri che lavorano.
Dice: "così l'azienda va a catafascio". "Così, nasce il catafascismo e questo nun me piace, eh ".
Sono mimi son chimico e son ferrotramviere
c 'è un sindacato energico, conosco il mio mestiere
statale un metallurgico me vende a peso d'oro
ma sono metallergico al posto di lavoro.
Divertente vero! E sempre attuale. Come attuale una canzone all'indice improvvisata su un testo buttato giù in fretta, una notte arrabbiata. Alla maniera di Orwell con le sue lezioni sul mondo animale ecco una storiella zoocratica. C'è un modo di dire per definire chi la beve facile: crederebbe anche a un asino volato in cielo. A volte può succedere. Sentite un po' tra un raglio country e l'altro la storia dell'asino democratico.
ZOOCRAZIA (Fabrizio Marzi)
Dopo la favola con morale, seguendo la moda corrente, vogliamo proporvi un piccolo quiz: provate ad indovinare il personaggio di questa "Ballata dell'illusione". Ci provino tutti quelli che vogliono ricordare e anche e soprattutto quelli di memoria corta.
LA BALLATA DELL'ILLUSIONE
Valeriano continua assieme a noi il suo cammino fra realtà e illusione, fra amarezza e fede. L'importante è vincere la paura, quella paura che dice una strofa: "è come una bestia che marcisce nel cuore la gente che non conosce l'onore, la paura che ti rende un individuo prudente, che gira col vento che tira". Eppure in qualcosa si può ancora credere: nel mito dell'Europa per esempio, tradotto nel colore del cielo che potrà essere nostro se la gioventù d'Europa rinuncerà agli stracci rossi e ai miti made in Usa.
CANZONE PER L'EUROPA (Iª Versione)
In nome di questa speranza non bisogna arrendersi, non bisogna cambiare. Anche se le speranze della verde età sono travolte dalla realtà fatta di rinuncia e di routine, ma quando la bandiera della speranza viene abbandonata ci sono gli altri, i nostri figli, le generazioni nuove che sono pronte a raccoglierla. Loro forse avranno miglior fortuna di noi che siamo seduti dietro una scrivania col nostro nome ma che non sarà mai nostra.
QUANDO ERO BAMBINO
Chi si è arreso al peso della sconfitta e accetta la vita vegetale che gli altri hanno tracciato per lui è come una vela senza vento. Può soltanto trascinarsi fino a morire sulla spiaggia desolata della sua realtà. Leo Valeriano e Pat Starke ci ammoniscono con melanconico sirtaki registrato con mezzi di fortuna una notte a Tirreni. Ascoltiamolo
(SAGGIO CABARETTISTICO)
Le canzoni, parole, musica, emozioni, si sono consumate nell'aria. Rimane il momento dei saluti da questo special dedicato alle canzoni contro di Leo Velariano. Arrivederci amici e che questo tempo che si consuma non bruci invano, ma per rendere giustizia a chi crede e a chi lotta.
LA RUOTA DEL TEMPO
Questo è uno special dedicato da Radio University a Leo Valeriano.
Amici siamo qua per parlarvi di Leo Valeriane II cantante controcorrente della destra italiana è ormai quasi di casa a Radio University. Eppure siamo sicuri di farvi cosa gradita aiutandovi a conoscerlo meglio e soprattutto aiutandovi a fare la scoperta di un altro Leo o meglio dei mille e uno Leo, un Valeriano spesso inedito, che Radio University non aveva in archivio e non poteva ovviamente proporvi. Abbiamo dovuto frugare tra una pila di vecchi dischi, qualcuno datato 1966, qualche vecchio nastro magnetico e un po' anche nei nostri ricordi; ricordi agrodolci di chi ha avuto la fortuna di collaborare ai testi delle sue canzoni, di essergli amico, di dividere una battaglia che non è stata ingaggiata solo sull'aria del pentagramma. Di Leo Valeriano ieri scrivemmo: "ma chi è questo Leo Valeriano?", domanda legittima. I rotocalchi non si occupano della sua vita privata ne l'abbiamo ascoltato a Radio Montecarlo; Leo Valeriano non ha un press agent e non canta in playback; non è stato a Sanremo e non ci andrà mai; in tv l'abbiamo visto nei "tiribitanti" e ascoltato alla radio nei "cavernicoli", ma nostra signora televisione si dev'essere pentita subito della scelta e si è' ben guardata dall'invitarlo ancora. Leo d'altronde preferisce allo studio 1 la pedana del cabaret, potrebbe scriverne la storia vissuta sul filo della polemica dal boom del "Bagaglino" al "Giardino dei supplizi" per approdare a Napoli alla "Porta infame". Le sue canzoni: storie vere di una guerra tradita e della nostra pace inquieta hanno fatto il giro di cento e cento locali d'Italia dove gli amici lo hanno chiamato. Attore, mimo, cantante e autore. Un cantante contro che non tinge di rosso la sua protesta, che trova il coraggio di dire di no alle false etichette della società. Valeriano ha rotto con la RCA per rifiutare le censure che s'impongono a un prodotto che dev'essere consumato da un pubblico quasi morfinizzato. Quando brandisce la chitarra con il piglio di un'arma e ferisce il microfono con i suoi toni impossibili, lanciando il suo cuore oltre un muro di folla sentiamo che la sua sfida esce dalla cronaca della inflazionata protesta canora per rappresentare qualcosa di nuovo, di veramente nuovo. C'è bisogno della sua voce incisiva, della sua risata amara fuse dall'acido prussico del cabaret per fare a pezzi il conformismo che uccide la libertà, la viltà che uccide la speranza. C'è bisogno di accorgersi quanto sia difficile avere il coraggio di vivere da uomini, anche quando siamo convinti di essere stati promossi all'esame della vita.
LA GENTE TI DIRÀ
Niente. Di Leo Valeriano oggi niente. Giriamo pagina, vi preghiamo solo di capire che le vittorie e le sconfitte di Leo sono le nostre. Leo oggi deve fare le spese della dura legge del sopravvivere, della pentola da riempire ogni giorno. Potrete ritrovarlo così nell'orbita di un cabaret qualunquista o di Cinecittà e dirvi che Leo è un mito finito, ma Leo Valeriano non ha perso. Semmai avremo perso tutti noi, una desta che lo ha snobbato ieri e scoperto in ritardo oggi. Leo Valeriano è anche per questa sua condizione umana ognuno di noi. Ascoltiamo un suo vecchio disco, riconosciamoci nella sua ribellione al conformismo, una rivolta non soltanto individualista vissuta molto prima del famoso '68.
SE DAI RETTA ALLA GENTE
La gente. Il disprezzo della gente intesa come massa, come gregge. Il disprezzo dei voltagabbana che del gregge sono stati e sono i registi. Valeriano ci ha parlato di loro in un amaro pezzo cabaret che racconta il dramma di quella generazione chiamata a combattere una guerra sfortunata dove il nemico di colpo non è più stato lo stesso, dove si è potuto morire invano perché esisteva un morire più giusto che i ragazzi in grigio verde non potevano capire, non potevano accettare.
UN RAGAZZO
In un ambiente come quello dello spettacolo inflazionato da miti e da personaggi della sinistra, dove a decidere il successo è quasi sempre il colore della tessera, Leo Valeriano in quegli anni fa già scandalo perché è fin troppo chiaro che dietro ai temi melanconici di Leo si nascondono grinta e artigli.
PORTA METRONIA
Il ragazzo di Porta Metronia pesta i calli proprio sul loro terreno ai comunisti che da tempo hanno capito la terribile forza che la canzone può esprimere per la penetrazione delle idee, per la guerra delle parole della quale si ritengono maestri. Insieme alla notissima "Budapest", l'inno di battaglia diventa "Berlin" una canzone denuncia che si è portato dietro dalla Germania con il ricordo degli orrori del muro della vergogna. Una canzone che Leo ha gridato sulla faccia dei vopos, in tedesco, da un traliccio a due passi dal muro.
BERLIN
In Germania Leo non c'era andato per turismo, ma per la dura legge del pane. Della dolorosa esperienza di emigrante c'è rimasto un suo disco poco noto, ma molto suggestivo: "La valigia".
LA VALIGIA
Leo Valeriano ha trasformato in canzone l'esperienza tedesca. Una delle testimonianze più drammatiche riguarda un fatto di cronaca che lo tocca da vicino: la storia di una ragazza inchiodata dai vopos sul muro mentre correva da lui, in occidente. Da allora Leo canta sempre vestito di nero, qualche volta piange di rabbia quando lancia il suo lacerante Frei eich
GISELA
La piccola Gisela di questa canzone è forse la stessa che gli ha ispirato qualche tema d'amore. Un genere che forse non vi aspettereste da un ragazzo abituato a gridare forte, sempre più forte come dice un suo testo, per farsi sentire, per essere compresi dalla storia, per raccontare chi sputa dolore nelle celle chi soffre in silenzio e chi muore. Eccovi invece un testo molto dolce: "Cielo viola".
CIELO VIOLA
Quasi una scoperta, vero?! Come è una scoperta qualche rigo di vera poesia per cantare la sua terra d'origine.
IL SOLE DEL SUD
Continua il discorso sull'uomo di Valeriano. Per aiutarvi a coglierne altre sfaccettature ricorriamo a delle registrazioni effettuate, come spesso è stato per i suoi stessi dischi, dischi poveri realizzati di corsa in un improvvisata sala di registrazione, con mezzi modestissimi. Ci scusiamo fin d'ora per la qualità della riproduzione, ma quello che importa è capire il discorso anticonformista di Valeriano come questo ritratto a tutto tondo di un realismo nobilitato dalla fede dove c'è un ragazzo di borgata che muore per le sue idee, ai margini di una guerra - senza esclusione di colpi -combattuta ogni giorno nella nostra falsa pace o forse domani nei giorni della follia vicina, nella prospettiva sanguinosa di una guerra civile che non ci auguriamo.
UN UOMO È UN ALTRO FATTO
Il problema dell'odio e dell'amore è sempre al centro delle canzoni di Leo e trasuda anche da questo suo pezzo. Anch'esso - come quello che avete appena ascoltato - rubato da un microfono di fortuna, all'aperto, in diretta.
FRATELLI DI UNA FESTA
Ormai cominciamo a conoscerlo meglio , amici, questo Leo Valeriano. Il ritratto si è fatto più nitido, il messaggio ferocemente preciso. Fra le sue maggiori virtù una virtù spesso legata a una destra affascinata dai toni gonfi e a una certa posizione anti-retorica; qualcosa che costringe a mettere un punto interrogativo sulla soluzione di una canzone chiave: saremo veramente capaci - poi - di dire di no?
IL CORAGGIO DI DIRE DI NO
1000 e uno Valeriano abbiamo detto. C'è anche un Leo divertente. Divertente ed estroverso che forse voi non conoscete. E' un personaggio dotato di una vis comica esplosiva. Un professionista della risata che vuol aiutarci anche a pensare. Qualche anno fa Leo - anche questa è una registrazione dal vivo - vedeva così il personaggio standard del lavoratore sindacalizzato dalla triplice, attraverso la sua macchietta di mimi metallurgico:
Siamo un popolo di navigatori, di costruttori, costruiamo ponti. Ponti settimanali per allungare le feste. Ci aiutiamo con gli scioperi eh. Tutta la nostra politica sindacale tutti ponti e virgola. Ci orientiamo con i ponti cardinali, beata
Sofia Loren, le si che "seni" frega.
Non voglio essere schiavo del putrido sistema
ma voglio fare i conti, ma prima faccio i ponti
a forza di far ponti vedrai che finirà
che andremo tutti quanti al ponte di pietà.
Lo sono mimi. Sono chimico e sono anche ferrotramviere. Noi quando facciamo il corteo tutti quanti, facciamo tutto quanto un corteo lungo lungo perché io sto col la triplice sindacale: UIL CISL CGL. Mi chiamavano trinità. Quando facciamo il corteo, facciamo tutti quanti il saluto così con il pugno chiuso. Poom. "Se sbagliano sempre me danno così certi casotoni qua de drio, orbo, che io certe volte ci vorrei anche essere Fascista che loro con la mano aperta ci scapperebbe la caressa ". Che poi quando facciamo il corteo c 'è sempre quello che ci dice lo slogans. C 'è uno che ci dice: "Abbasso il padrone, rivoluzione" noi li cantiamo "Abbasso il padrone, rivoluzione" - "lotta più dura, abbasso la dittatura", e noi "lotta più dura abbasso la dittatura" - lui "abbasso il Pasquale, mandiamolo ali 'ospedale " dice ma chi è Pasquale? "è l'inquilino del pian de sotto che me sta antipatico a me " va beh! Perché nelle cose bisogna sempre risalire a monte, magari a Monte Catini Edison che poi sta a Brindisi. Dica no, non parlare di Brindisi, non parlare di Brindisi se no arriva subito Ruggero Orlando.
Sono lavoratore ma rivolusionario
la mia rivolusione la faccio in modo vario
e se ricchezza mobile è un mare eliminabile
noi la sostituiremo con la miseria stabile.
Dice: "ma tu perché sei stanco? " "Perché voi non sapete che lavoro è er mio, voi non avete mai visto quell'omini che salgono sulle navi con un sacco sulle spalle, salgono sopra e scendono giù nella stiva si mettono un 'altra balla sulle spalle risalgono sopra riscendono sulla banchina si mettono 'n'altra botte sulle spalle risalgono sopra riscendono giù nella stiva li spostano… dalla mattina alla sera - otto ore al giorno, è 'na cosa da ammazzarse dieci ore con gli straordinari. " Dice "ma è molto che fai sto lavoro? " "Cominci a settimana prossima. "
Dice "vabbè ma allora a te nun ti piace il lavoro!" "Ma che vor di? A me er lavoro me piace, io so 'namorato del lavoro, io starei 12 ore 24 ore al giorno a guarda ' l'altri che lavorano.
Dice: "così l'azienda va a catafascio". "Così, nasce il catafascismo e questo nun me piace, eh ".
Sono mimi son chimico e son ferrotramviere
c 'è un sindacato energico, conosco il mio mestiere
statale un metallurgico me vende a peso d'oro
ma sono metallergico al posto di lavoro.
Divertente vero! E sempre attuale. Come attuale una canzone all'indice improvvisata su un testo buttato giù in fretta, una notte arrabbiata. Alla maniera di Orwell con le sue lezioni sul mondo animale ecco una storiella zoocratica. C'è un modo di dire per definire chi la beve facile: crederebbe anche a un asino volato in cielo. A volte può succedere. Sentite un po' tra un raglio country e l'altro la storia dell'asino democratico.
ZOOCRAZIA (Fabrizio Marzi)
Dopo la favola con morale, seguendo la moda corrente, vogliamo proporvi un piccolo quiz: provate ad indovinare il personaggio di questa "Ballata dell'illusione". Ci provino tutti quelli che vogliono ricordare e anche e soprattutto quelli di memoria corta.
LA BALLATA DELL'ILLUSIONE
Valeriano continua assieme a noi il suo cammino fra realtà e illusione, fra amarezza e fede. L'importante è vincere la paura, quella paura che dice una strofa: "è come una bestia che marcisce nel cuore la gente che non conosce l'onore, la paura che ti rende un individuo prudente, che gira col vento che tira". Eppure in qualcosa si può ancora credere: nel mito dell'Europa per esempio, tradotto nel colore del cielo che potrà essere nostro se la gioventù d'Europa rinuncerà agli stracci rossi e ai miti made in Usa.
CANZONE PER L'EUROPA (Iª Versione)
In nome di questa speranza non bisogna arrendersi, non bisogna cambiare. Anche se le speranze della verde età sono travolte dalla realtà fatta di rinuncia e di routine, ma quando la bandiera della speranza viene abbandonata ci sono gli altri, i nostri figli, le generazioni nuove che sono pronte a raccoglierla. Loro forse avranno miglior fortuna di noi che siamo seduti dietro una scrivania col nostro nome ma che non sarà mai nostra.
QUANDO ERO BAMBINO
Chi si è arreso al peso della sconfitta e accetta la vita vegetale che gli altri hanno tracciato per lui è come una vela senza vento. Può soltanto trascinarsi fino a morire sulla spiaggia desolata della sua realtà. Leo Valeriano e Pat Starke ci ammoniscono con melanconico sirtaki registrato con mezzi di fortuna una notte a Tirreni. Ascoltiamolo
(SAGGIO CABARETTISTICO)
Le canzoni, parole, musica, emozioni, si sono consumate nell'aria. Rimane il momento dei saluti da questo special dedicato alle canzoni contro di Leo Velariano. Arrivederci amici e che questo tempo che si consuma non bruci invano, ma per rendere giustizia a chi crede e a chi lotta.
LA RUOTA DEL TEMPO