IL RAGAZZO CHE CORREVA
Anno:
Gruppo: LEO VALERIANO
Testo e musica: Leo Di Giannantonio |Menu
Lungo la spiaggia dei sogni ardenti
correva un ragazzo, coi capelli al vento,
senza paura e quasi incosciente
nell'affrontare l'aspra realtà.
E mentre correva, gridava alla gente,
che non comprendendo lo stava a guardare,
di avere appena inventato il sole
di avere scoperto che la fecicità
non è nascosta nell'arricchimento,
nell'ipocrisia, nella notorietà,
nell'egoismo o nell'idea
che la vita è vuota e così resterà.
In tasca aveva un suo desiderio,
un'utopia da realizzare
una bandiera da far sventolare
come un segnale per l'umanità.
E raccontava le storie antiche
di anime grandi che hanno lasciato
le loro orme, confuse dal mare,
sopra la sabbia della verità.
E le parole che lui cantava
erano traccia di un'umanità
che aveva inventato un'isola nuova
nel mare quieto della mediocrità.
E il potere cercò di fermarlo
perché le parole che egli gridava
scuotevano troppo gli animi persi
di chi ascoltava quella voce nel vento.
Ed arrivarono le guardie armate
per arrestare la corsa del folle
che osava mettere in discussione
il mito della globalità.
Ma quando giunsero sulla battigia
non c'era ombra di chi era passato:
soltanto segni di orme profonde
che il mare stava ormai cancellando.
Restava un eco portata dall'Ostro,
il vento caldo del sud infuocato,
che raccontava di uomini e storie
poco conformi all'opaca realtà.
Senza un vangelo o un capitale,
senza ricette di sogni rubati,
senza paura di restare solo,
lui regalava la sua onestà.
Quella, la forza di quei racconti,
di quelle parole gettate nel vento,
da quel ragazzo che stava correndo
incontro a un sogno d'identità.
Il ragazzo continuò a correre.
correva un ragazzo, coi capelli al vento,
senza paura e quasi incosciente
nell'affrontare l'aspra realtà.
E mentre correva, gridava alla gente,
che non comprendendo lo stava a guardare,
di avere appena inventato il sole
di avere scoperto che la fecicità
non è nascosta nell'arricchimento,
nell'ipocrisia, nella notorietà,
nell'egoismo o nell'idea
che la vita è vuota e così resterà.
In tasca aveva un suo desiderio,
un'utopia da realizzare
una bandiera da far sventolare
come un segnale per l'umanità.
E raccontava le storie antiche
di anime grandi che hanno lasciato
le loro orme, confuse dal mare,
sopra la sabbia della verità.
E le parole che lui cantava
erano traccia di un'umanità
che aveva inventato un'isola nuova
nel mare quieto della mediocrità.
E il potere cercò di fermarlo
perché le parole che egli gridava
scuotevano troppo gli animi persi
di chi ascoltava quella voce nel vento.
Ed arrivarono le guardie armate
per arrestare la corsa del folle
che osava mettere in discussione
il mito della globalità.
Ma quando giunsero sulla battigia
non c'era ombra di chi era passato:
soltanto segni di orme profonde
che il mare stava ormai cancellando.
Restava un eco portata dall'Ostro,
il vento caldo del sud infuocato,
che raccontava di uomini e storie
poco conformi all'opaca realtà.
Senza un vangelo o un capitale,
senza ricette di sogni rubati,
senza paura di restare solo,
lui regalava la sua onestà.
Quella, la forza di quei racconti,
di quelle parole gettate nel vento,
da quel ragazzo che stava correndo
incontro a un sogno d'identità.
Il ragazzo continuò a correre.