Intervista. Skoll: “Con Marmofuoco canto la gloria dell’Italia in trincea”
Testata: BARBADILLO
Data:30 agosto 2015Autore: Francesco Filipazzi
Tipologia: Intervista
Locazione in archivio
Stato:Solo testoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Barbadillo,Barbadillo 2015-08-30
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Pubblichiamo un’intervista a Skoll, cantautore che in questi anni sta regalando una serie di opere d’arte che rimarranno negli annali. Non molto tempo fa l’avevamo incontrato per un album tributo a Yukio Mishima, oggi parliamo con lui di Marmofuoco, il nuovo disco sull’eroica avventura dell’Italia nella Grande Guerra.
Quando abbiamo parlato del “Sogno di Mishima” ci avevi lasciato con una promessa: stavi architettando già qualcosa di nuovo. Cosa propone questa volta Skoll?
L’Italia sta celebrando il centenario della sua Prima Guerra mondiale. Assistiamo da anni ad un inasprimento di quella insopportabiletendenza italiana a ridimensionare, sminuire, svilire ogni pagina del presente o del passato che dovrebbe farci sorridere e rendere partecipi. L’Italia è una nazione strana, c’è poco da dire. Negli ultimi anni le cose sono diventate quasi ridicole. In nome di un politicamente corretto in salsa di pomodoro, abbiamo così “celebrato” lo sforzo colossale, comunitario, unificatore del 1915 con la caratteristica mediocrità di questi ultimi anni vergognosi.
Io credo da sempre nella forza del 4 di novembre e nella sua potenziale, straordinaria opportunità di crescita. Non volevo partecipare, in nessun modo, alla mistificazione della guerra italiana e degli uomini che si sacrificarono per tutti noi. Un punto che cerco di tenere da sempre. Così è stato naturale, semplice, mettermi a scrivere un’opera che raccontasse esclusivamente, senza distrazioni tematiche, della guerra italiana del 1915 da un punto di vista diverso da quello mediocre, insipido, pallido, documentaristico che c’è stato proposto quest’anno. C’è un solo modo, attendibile, veritiero, originale, di celebrare la Grande Guerra d’Italia: farlo riportando lo spirito, il cuore, l’umore, le aspettative, le speranze, i sogni, il pionierismo ideale di quel 1915. Ho cercato tutto questo, facendo la cosa che faccio più volentieri, scrivere musiche, parole, pensieri.
Cosa vuol dire “Marmofuoco?”
E’ il titolo del brano che chiude questo album, un lavoro compatto, teso, sulla lunghezza di 7 tracce completamente inedite scritte e scelte con l’idea di non perdere di vista nemmeno per un secondo l’idea portante.
Se avessimo voluto cedere al lato “commerciale”, avremmo inserito altri miei brani inediti che ho già scritto e che aspettano solo di essere prodotti, oppure avremmo potuto riproporre quelle mie canzoni sullo stesso tema, scritte in questi anni. La scelta è stata più netta, decisa, radicale. “Marmofuoco”, la canzone finale di questo album, è una dedica speciale ai caduti della guerra: curiosamente, per un disco di questo tipo, è l’unica canzone che racconta davvero esclusivamente di caduti.
Il disco è un tributo alla vita, allo spirito dell’assalto, alla goliardia dei migliori uomini d’Italia, alla forza vitale dei ventenni in trincea, alla riscoperta della vita da parte di chi non partì ma puntò il pensiero alle dolomiti e alle pianure del nord est per sostenere e abbracciare i nostri ragazzi. La prima guerra mondiale è stato il cemento formidabile della nazione, la bandiera fu consacrata definitivamente. “Marmofuoco” è, quindi, la celebrazione del sacrificio, il marmo, e la celebrazione della vita tumultuosa, il fuoco.
La copertina è molto diversa dalle altre, che spesso sono più scure o hanno colori più freddi. Questa invece ha un grande impatto visivo. Scelta voluta?
L’idea doveva essere riportata artisticamente in modo integrale. La copertina è frutto di un lavoro concettuale e di un lavoro grafico che si doveva amalgamare innanzitutto con lo slancio e con le tematiche “sonore”. Più in generale, questo è anche un cd da “guardare”, con tanti riferimenti e contenuti grafici un po’ fuori dall’ordinario e scelti con grande pazienza e cura. I riferimenti della copertina sono essenziali. Il simbolismo è paradigmatico, un po’ evidenziato dalle scelte cromatiche più decise rispetto a quelle della mia passata discografia: la livrea della caccia aerea italiana (peraltro nello stesso modello di dannunziana memoria) con il leone di San Marco e la coccarda italiana come si usava un tempo; uno spartito non generico tra le fiamme, la “leggenda del Piave”; il marmo come elemento ricorrente…
Puoi già anticiparci i contenuti musicali di alcune canzoni?
Ho cercato, quanto più possibile, di adattare l’arrangiamento di questi miei nuovi brani allo spirito, al messaggio, al senso, alle storie degli stessi. Avevo idee chiare e non è stato lungo decidere quale vestito dare a queste ballate. Rispetto al passato abbiamo cercato di osare un po’ di più, e musicalmente non ci siamo posti particolari limiti di omogeneità. Ho suonato tutte le chitarre acustiche e le armoniche a bocca, una cosa che in studio non avevo ancora fatto. Davide Picone, poi, ha davvero afferrato il senso di quello che avevo scritto e ha così realizzato degli accompagnamenti al pianoforte che impreziosiscono questo lavoro, rispettandone ed evidenziandone l’idea di fondo.
Le tematiche di alcune canzoni?
La Prima Guerra mondiale da parte italiana è un serbatoio davvero infinito, senza fondo, di storie, di temi, di spunti… In un brano, per esempio, ho raccontato quelle che D’Annunzio definì le “giornate radiose”: era il 1915, nel pionierismo delle grandi idee nascenti, nelle piazze d’Italia luoghi di incontri tumultuosi, scontri, risse e duelli a fil di spada, i futuristi, i nazionalisti, i dannunziani, i socialisti interventisti, i sindacalisti rivoluzionari, gli italiani con il caldo sangue d’eroe, scesero in strada ormai pronti all’intervento. Ho raccontato l’incredibile genio di Marinetti e dei futuristi (che in guerra ci andarono davvero, non solo a chiacchiere, e pagarono un costo di vite altissimo), in un brano ho raccontato con ironia la guerra di trincea in alta montagna, in un’altra canzone ho ricordato l’incredibile, sensazionale, eroica storia di Giuseppe Sinigaglia (storie così, davvero inimmaginabili, ce ne furono a centinaia)… ma ho anche lasciato che una canzone, intitolata “41 mesi” la “cantasse” al posto mio il generale Armando Diaz, con la sua voce che annuncia la vittoria!
Un musicista che ricorda la gloria militare del proprio paese oggi rischia di non essere compreso. Però lo fai spesso. Credi possa essere considerata una provocazione?
Sinceramente non ho mai scritto nulla per essere compreso. “Marmofuoco” è effettivamente un chiaro esempio di disco che “rischia” proprio questa incomprensione: non tanto per i contenuti, quanto per un preconcetto relativo alla scelta del tema. E’ fuori moda, questo è chiaro. Al tempo stesso, però, non ho mai, nemmeno una volta, scritto una canzone per provocazione e senza convincimento. Semplicemente faccio quello che credo sia giusto fare. In questi anni ho scritto tante cose, ho scritto anche diverse canzoni “d’amore”. Ma anche in quel caso, l’ho fatto spontaneamente, perché sentivo la necessità del momento. In futuro, presto, ne sentirete ancora… gli ultimi romantici…
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