Skoll: “Il mio D’Annunzio, genio rock nell’Italia del politicamente corretto”
Testata: IL PRIMATO NAZIONALE (WEB)
Data:17 febbraio 2018Autore: Alberto Tosi
Tipologia: Intervista
Locazione in archivio
Stato:Solo testoLocazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Il Primato Nazionale,Il Primato Nazionale 2018-02-17
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Roma, 17 feb – L’anteprima del primo singolo – “D’Annunzio” – estratto dall’album e pubblicato in video su Youtube è stato un successo, con già migliaia di visualizzazioni in pochi giorni. Un buon auspicio per l’omonimo album del cantatutore milanese Federico Goglio, in arte Skoll.
Il 23 Febbraio esce D’Annunzio, tuo quattordicesimo album. Un commento a caldo su cosa hai voluto raccontare con questo tuo concept? È solo un tributo per il Vate Gabriele D’annunzio o c’è dell’altro?
È, innanzitutto, il disco del centenario della Vittoria d’Italia nella Grande Guerra. Spirito, slancio, partecipazione di una nazione nella sintesi di un paradigma, di un esempio come D’Annunzio… il 1918 come data di nascita: nati nel 1918, nati nel mito, nella consacrazione di un fenomenale e italianissimo percorso nazionale. Un percorso caratteristico e caratterizzante, italiano, chiaro, evidente… che dalla mazziniana idea di Stato ha attraversato le fiamme della guerra, ha unito la nostra gente, ha messo le basi di successive, fenomenali sintesi politiche. Un percorso di tappe inscindibili. Il mio D’Annunzio, il D’Annunzio di questo disco, è lontano anni luce dall’immagine antica, “seppiata”, sbiadita, accademica, passatista nella quale è stato relegato, incatenato. Il mio D’Annunzio è genio rock, nuova icona pop, entusiasmo, italianità, eroismo, gloria autentica e mai vana, sudore, sacrificio, volo, ispirazione.
La struttura in atti scelta per il disco è molto ambiziosa e atipica per il Rock Identitario che proponi. A proposito: ti ritrovi in questa etichetta o inizia a esserti stretta?
Un concept su D’Annunzio estremamente filtrato dalle mie esperienze, dalla mia vita, dal mio sentire, dalla mia quotidianità non poteva nascere e svilupparsi in maniera differente: di fronte alla faziosissima deitalianizzazione e alla patetica svirilizzazione di D’Annunzio (ormai confinato al solo ruolo grottesco, limitante, dell’artista decadente), ho scritto della sua autenticità di soldato, della sua italianità, anche della sua umanità nell’essere eroe. Ho scritto un disco da contrapporre al noiosissimo politicamente corretto di questo nostro tempo, vecchio, molle, patetico, bigotto, radical-chic, internazionalista, straccione. Mi sono trovato così di fronte a una quasi naturale divisione in atti – oltretutto evocatrice della spettacolarità teatrale della vita di D’Annunzio – che delineasse attraverso due gruppi di canzoni, il suo vivere negli anni proprio della Grande Guerra e dell’incredibile esperienza fiumana. Con l’aggiunta di incursioni sentimentali, un prologo più generale (la canzone “D’Annunzio”) e un epilogo con le atmosfere del Vittoriale degli Italiani, risguardo di vita e di italianità. Proprio da qui, rinnovo la definizione stessa del mio rock: identitario – certo – d’Italia – soprattutto.
La produzione video per i tuoi singoli sembra essere diventata una costante negli ultimi tre anni circa. Cosa è scattato e cosa scatterà in futuro a riguardo?
Anche se in ambito underground non era più possibile rinviare, rimanere ulteriormente indietro sul piano mediatico rispetto al resto della scena musicale. Ho insistito per ridurre, nei limiti possibili, un differenziale che sul piano musicale era già stato ridotto da tempo. Per me, oggi, è impensabile fare un grande sforzo nella produzione musicale (come nel caso di questo nuovo disco) non valorizzandolo poi con una produzione video. Per D’Annunzio abbiamo in mente di realizzare, nei prossimi mesi, una seconda produzione video… Basata su una delle canzoni del primo atto, quello del 1915 – 1918: un video per celebrare la nostra Vittoria.
Sempre nel video tornano spade e scherma, una tua vecchia passione già da Lune Feroci…
Per questo video ho pensato da subito alla scherma della nostra tradizione. La spada rappresenta moltissime cose, si lega idealmente all’esperienza dannunziana, nasce dalla forgiatura, salda l’elemento ferroso al fuoco… Un po’ in tutto questo disco (fin dal prologo: “tu che brunisci il ferro sopra il fuoco”), la spada, il ferro, la forgia, sono solo alcuni degli elementi simbolici ricorrenti. Non a caso, anche il retro del cd è dominato graficamente dal dannunziano “Dant vulnera formam” (“Le ferite foggiano la forma”). Per realizzare il video è stato fondamentale l’aiuto di uno sciabolista conosciuto pochi mesi fa, venuto ad ascoltare un mio concerto. Un simpatico segno del destino che mi ha permesso di chiudere il cerchio (e di “sfidarlo”, per le riprese, a un lungo, faticoso e impari duello di sciabola).
Quanto è cambiato e se sì come lo Skoll di D’annunzio rispetto a quello del tuo primo album 17 anni fa?
Moltissimo. Musicalmente nulla è rimasto, realmente, invariato. Con gli anni è cambiata soprattutto la consapevolezza. Ha a che fare, parallelamente, con la vita più in generale: le esperienze, l’andare avanti, si legano con il vero scopo – sul piano personale – che è crescere. Non è un concetto banale. Chi non cresce non ha capito nulla della vita. Oppure non ha fatto esperienze, non ha vissuto realmente. Questo disco, sul piano musicale (sia nella scrittura che negli arrangiamenti), non evoca ricordi lontani, passati accademici, tristi nostalgismi da album fotografico: è un disco rock, è un disco vivo… D’Annunzio nel ventunesimo secolo, D’Annunzio nel Fight Club, D’Annunzio che sbeffeggia la desolante Italia di oggi e i suoi miserabili, noiosi, politicamente corretti rappresentanti.
Tre luoghi possibili o impossibili dove vorresti tenere un tuo prossimo concerto.
Ne basta uno, su tutti, nel quale ho già suonato tre volte, ma che oggi darebbe un significato ben più profondo al mio percorso: il Vittoriale degli Italiani. Luogo incredibile, di forza, di vitalità, di ispirazione. Italianità inesauribile. Lo desidero, sempre. Fortemente. Vorrei portare il mio piccolo tributo dannunziano in quella casa, la casa di tutti gli italiani, la casa più bella.