Rassegna Stampa

Il rocker Skoll: «Canto Mishima dopo 43 anni per far scoprire ai giovani l’attualità dei suoi scritti»

Testata: SECOLO D'ITALIA WEB

Data:25 novewmbre 2013
Autore: Antonio Pannullo
Tipologia: Intervista

Locazione in archivio

Stato:Solo testo
Locazione: ASMA-Archivio digitale RS,Web/Secolo d'Italia,Secolo d'Italia Web 2015-11-25

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Il 25 novembre di 43 anni fa lo scrittore giapponese Yukio Mishima si uccideva ritualmente a Tokyo con il rito del seppuku per protestare contro la decadenza delle tradizioni del suo Paese. Il suo vero nome era Kimitake Hiraoka, ed era nato nella capitale nipponica del gennaio del 1925. È unanimemente considerato il più grande scrittore giapponese del Novecento, e sin dai suoi esordi le sue opere riscossero ampio successo in patria e all’estero. Il suo romanzo d’amore “La voce delle onde”, del 1954 (ma uscito in Italia solo nel 1961) si studia ancora oggi a scuola. In Italia il suo libro più famoso – e più venduto – è certamente “Sole e acciaio”, del 1970, opera in un certo senso autobiografica, in cui l’autore racconta la scoperta della propria identità fisica, il suo interesse per la pratica delle arti marziali, la ricerca di un proprio linguaggio del corpo. La sua morte fece un enorme scalpore, per le modalità con cui venne eseguita: dopo aver occupato l’ufficio del generale dell’Esercito di autodifesa insieme con quattro suoi seguaci del gruppo Tate No Kai, Mishima tenne dal balcone, davanti ai soldati e a giornalisti di radio e tv frattanto accorsi, un suo appassionato discorso in cui lamentava la decadenza dello spirito tradizionale del Giappone e il suo incedere verso l’occidentalizzazione e la modernizzazione, nell’accezione negativa del termine. Dopodiché, rientrato nell’edificio, si uccise con la spada del samurai, la katana, e si fece decapitare da un suo discepolo, che a sua volta si suicidò. L’impressione fu enorme, e ancora oggi Yulio Mishima, nella sua stessa patria, è considerato un grandissimo scrittore, un grandissimo poeta, ma del suo aspetto “politico” non se ne parla mai, si preferisce glissare. In Italia c’è un giovane cantautore milanese, Federico Goglio, in arte Skoll, tra i più apprezzati interpreti del rock identitario, che a Mishima ha dedicato nel 2005 un intero concept album, dal titolo “Sole e acciaio”, in cui in undici pezzi descrive e racconta il Giappone tradizionale, la guerra mondiale e lo stesso Mishima.

Come mai hai dedicato un intero cd a Yukio Mishima?

Perché è uno scrittore dalla forza narrativa enorme, leggere il suo “Sole e acciaio” all’età di 15 anni fu per me come una rivelazione, qualcosa che mi segnò. Il cd in realtà è dedicato a lui ma soprattutto alle tradizioni del Giappone. Due anni fa, poi, in un altro album, ho inserito un altro pezzo in cui parlo di Mishima, perché sentivo di avere ancora altro da dire.

Secondo te Mishima quanto è conosciuto in Italia?

Devo dire moltissimo, perché ogni anno le grandi case editrice ripubblicano sempre qualche sua opera, a volte anche inedita. E questo è un segnale di vitalità per uno scrittore moderno. Dopo i miei concerti moltissimi ragazzi si avvicinano o mi scrivono, dicendo che grazie a me hanno scoperto questo autore e lo hanno approfondito. È la stessa cosa che accadde a me: dopo il mio primo incontro incontro con lui, non solo ho letto tutte le sue opere, ma ho anche praticato il kendo, l’arte marziale giapponese, per meglio comprendere lo spirito di quel popolo. Lo stesso Mishima, d’altronde, era un kendoka evoluto.

Oltre che a cantare Mishima, ne hai scritto anche…

Sì, diverse volte. La prima, come coautore in un volume che si chiama “Il Giappone di Mishima”, poi nel mio “Questo mondo non basta. Uomini ed eroi” per la Ritter, ho dedicato a Mishima tutto un capitolo.

Per far conoscere questo scrittore hai anche portato in giro per l’Italia un musical…

Era uno spettacolo musicale particolare, un tributo a Mishima, in cui alle canzoni alternavamo testi e poesie interpretati da Paolo Bussagli, mentre io cambiavo anche abbigliamento a seconda del brano che interpretavo. Devo dire che ha riscosso un grandissimo successo in ogni sua tappa.

Tu hai al tuo attivo otto album, nei quali parli di eroismo, di tradizione, di combattenti. Cosa stai preparando ora?

Sempre per restare in argomento, nel prossimo album inserirò una canzone sugli “Zero”, gli aerei Mitsubishi con cui i piloto giapponesi si lanciavano sulle navi nemiche negli ultimi giorni della guerra.

Oggi in Giappone cosa pensano di Mishima e della sua vicenda?

Diciamo che c’è un approccio duplice: da una parte lo considerano un grande artista, uno scrittore, un uomo di cultura. Quanto al suo suicidio e alle sue idee politiche, si tende ad etichettarle come parte delle eccentricità che ogni genio possiede. In realtà il suo credo profondo, la sua concezione della vita, che peraltro ha ben spiegato, viene sottovalutato, messo da parte, anche perché è un personaggio con cui è difficile fare i conti…

Perché?

Perché in genere colui che si uccide è quasi sempre una persona disperata, mentre Mishima era a 45 anni uno scrittore affermato, tradotto in tutto il mondo, famoso, ricco, aveva tutto. Ma lui con quel gesto ha voluto dire che tutto questo non è importante, perché altre sono le cose importanti. È una lezione difficile da comprendere. Per questo dico che il Giappone deve ancora fare i conti con il suo scrittore più celebre. Ai giovani non interessa molto, lo considerano troppo classico, come Manzoni qui da noi per capirci, mentre le generazioni più anziane utilizzano l’approccio che ho detto, quasi Mishima fosse la loro cattiva coscienza. Insomma, un grande scrittore, ma un po’ pazzo…

E tu che lo canti, che ne pensi?

È ovvio che lo apprezzi, altrimenti non cercherei di suscitare emozioni e sensazioni in coloro che ascoltano i miei brani. Però avvicinandosi a Mishima occorre considerare che ha avuto un percorso esistenziale complesso, sofferto, il suo cammino è stato prima letterario e poi politico, e poi anche estetico, fino alla sua clamorosa decisione finale. Nel biglietto lasciato da Yukio Mishima prima di suicidarsi c’era scritto: «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre».

Il 25 novembre di 43 anni fa lo scrittore giapponese Yukio Mishima si uccideva ritualmente a Tokyo con il rito del seppuku per protestare contro la decadenza delle tradizioni del suo Paese. Il suo vero nome era Kimitake Hiraoka, ed era nato nella capitale nipponica del gennaio del 1925. È unanimemente considerato il più grande scrittore giapponese del Novecento, e sin dai suoi esordi le sue opere riscossero ampio successo in patria e all’estero. Il suo romanzo d’amore “La voce delle onde”, del 1954 (ma uscito in Italia solo nel 1961) si studia ancora oggi a scuola. In Italia il suo libro più famoso – e più venduto – è certamente “Sole e acciaio”, del 1970, opera in un certo senso autobiografica, in cui l’autore racconta la scoperta della propria identità fisica, il suo interesse per la pratica delle arti marziali, la ricerca di un proprio linguaggio del corpo. La sua morte fece un enorme scalpore, per le modalità con cui venne eseguita: dopo aver occupato l’ufficio del generale dell’Esercito di autodifesa insieme con quattro suoi seguaci del gruppo Tate No Kai, Mishima tenne dal balcone, davanti ai soldati e a giornalisti di radio e tv frattanto accorsi, un suo appassionato discorso in cui lamentava la decadenza dello spirito tradizionale del Giappone e il suo incedere verso l’occidentalizzazione e la modernizzazione, nell’accezione negativa del termine. Dopodiché, rientrato nell’edificio, si uccise con la spada del samurai, la katana, e si fece decapitare da un suo discepolo, che a sua volta si suicidò. L’impressione fu enorme, e ancora oggi Yulio Mishima, nella sua stessa patria, è considerato un grandissimo scrittore, un grandissimo poeta, ma del suo aspetto “politico” non se ne parla mai, si preferisce glissare. In Italia c’è un giovane cantautore milanese, Federico Goglio, in arte Skoll, tra i più apprezzati interpreti del rock identitario, che a Mishima ha dedicato nel 2005 un intero concept album, dal titolo “Sole e acciaio”, in cui in undici pezzi descrive e racconta il Giappone tradizionale, la guerra mondiale e lo stesso Mishima.

Come mai hai dedicato un intero cd a Yukio Mishima?

Perché è uno scrittore dalla forza narrativa enorme, leggere il suo “Sole e acciaio” all’età di 15 anni fu per me come una rivelazione, qualcosa che mi segnò. Il cd in realtà è dedicato a lui ma soprattutto alle tradizioni del Giappone. Due anni fa, poi, in un altro album, ho inserito un altro pezzo in cui parlo di Mishima, perché sentivo di avere ancora altro da dire.

Secondo te Mishima quanto è conosciuto in Italia?

Devo dire moltissimo, perché ogni anno le grandi case editrice ripubblicano sempre qualche sua opera, a volte anche inedita. E questo è un segnale di vitalità per uno scrittore moderno. Dopo i miei concerti moltissimi ragazzi si avvicinano o mi scrivono, dicendo che grazie a me hanno scoperto questo autore e lo hanno approfondito. È la stessa cosa che accadde a me: dopo il mio primo incontro incontro con lui, non solo ho letto tutte le sue opere, ma ho anche praticato il kendo, l’arte marziale giapponese, per meglio comprendere lo spirito di quel popolo. Lo stesso Mishima, d’altronde, era un kendoka evoluto.

Oltre che a cantare Mishima, ne hai scritto anche…

Sì, diverse volte. La prima, come coautore in un volume che si chiama “Il Giappone di Mishima”, poi nel mio “Questo mondo non basta. Uomini ed eroi” per la Ritter, ho dedicato a Mishima tutto un capitolo.

Per far conoscere questo scrittore hai anche portato in giro per l’Italia un musical…

Era uno spettacolo musicale particolare, un tributo a Mishima, in cui alle canzoni alternavamo testi e poesie interpretati da Paolo Bussagli, mentre io cambiavo anche abbigliamento a seconda del brano che interpretavo. Devo dire che ha riscosso un grandissimo successo in ogni sua tappa.

Tu hai al tuo attivo otto album, nei quali parli di eroismo, di tradizione, di combattenti. Cosa stai preparando ora?

Sempre per restare in argomento, nel prossimo album inserirò una canzone sugli “Zero”, gli aerei Mitsubishi con cui i piloto giapponesi si lanciavano sulle navi nemiche negli ultimi giorni della guerra.

Oggi in Giappone cosa pensano di Mishima e della sua vicenda?

Diciamo che c’è un approccio duplice: da una parte lo considerano un grande artista, uno scrittore, un uomo di cultura. Quanto al suo suicidio e alle sue idee politiche, si tende ad etichettarle come parte delle eccentricità che ogni genio possiede. In realtà il suo credo profondo, la sua concezione della vita, che peraltro ha ben spiegato, viene sottovalutato, messo da parte, anche perché è un personaggio con cui è difficile fare i conti…

Perché?

Perché in genere colui che si uccide è quasi sempre una persona disperata, mentre Mishima era a 45 anni uno scrittore affermato, tradotto in tutto il mondo, famoso, ricco, aveva tutto. Ma lui con quel gesto ha voluto dire che tutto questo non è importante, perché altre sono le cose importanti. È una lezione difficile da comprendere. Per questo dico che il Giappone deve ancora fare i conti con il suo scrittore più celebre. Ai giovani non interessa molto, lo considerano troppo classico, come Manzoni qui da noi per capirci, mentre le generazioni più anziane utilizzano l’approccio che ho detto, quasi Mishima fosse la loro cattiva coscienza. Insomma, un grande scrittore, ma un po’ pazzo…

E tu che lo canti, che ne pensi?

È ovvio che lo apprezzi, altrimenti non cercherei di suscitare emozioni e sensazioni in coloro che ascoltano i miei brani. Però avvicinandosi a Mishima occorre considerare che ha avuto un percorso esistenziale complesso, sofferto, il suo cammino è stato prima letterario e poi politico, e poi anche estetico, fino alla sua clamorosa decisione finale. Nel biglietto lasciato da Yukio Mishima prima di suicidarsi c’era scritto: «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre».


Gruppi citati

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Discografie:

SOLE E ACCIAIO