Rassegna Stampa

Canta che ti fascio

Testata: PANORAMA

Data:9 novembre 1972
Autore: Chiara Valentini
Tipologia: Specifico

Locazione in archivio

Stato:Rivista completa
Locazione: ASMA,RS4B-0001,1

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MUSICA

Canta che ti Fascio

Quando compare in pubblico indossa immancabilmente, estate e inverno, pantaloni attillati e maglietta lucida, a collo alto, di un bel nero brillante (« lo vesto solo di quel colore, per me il nero è uno stato d'animo»). La sua canzone più richiesta è dedicata a un uomo che fu appeso a testa in giù in piazzale Loreto e ogni volta fa scattare in piedi gli spettatori al grido di « Duce, duce ». Leo Giannatasio (in arte Leo Valeriano), 35 anni, piccolo di statura, aggressivo, faccia mobilissima, è il nuovo cantante ufficiale della Destra nazionale.
Da sei mesi presente con le sue canzoni a ogni convegno, a ogni manifestazione dei gruppetti (« È uno degli uomini su cui puntiamo per la nostra grande offensiva culturale », dice trionfalmente Luciano Buonocore, 26 anni, varie denunce per aggressione, direttore della rivista Lotta europea, palestra della borghesia nera milanese), Leo Valeriano ha conquistato anche il cuore dei dirigenti del Movimento sociale, in un primo tempo un po' diffidenti verso le sue ballate in stile folksinger. (Le preferenze canore all'interno del partito fino a ora andavano a inni da cantare in coro a voce spiegata, come Cara al sol, inno ufficiale della Falange spagnola).
Esistenziale. A convincere pienamente Giorgio Almirante e i suoi aiutanti è stato l'ultimo long play di Valeriano, Tempo da lupi, una serie di canzoni legate da un unico filo conduttore: la politica e la delinquenza sono la stessa cosa, è ora che l'uomo della strada tiri fuori le unghie e si difenda da solo (« Oggi non ci sono più eroi / oggi tocca a noi », dice il ritornello di una sua ballata, Via Volturno 20, storia di una vecchia coppia piccolo borghese che si converte alla violenza).
Rifiutato dai distributori, il disco è stato recensito entusiasticamente dal settimanale fascista Candido e adesso viene venduto privatamente dai simpatizzanti: nell'ultimo récital di Valeriano, organizzato da Lotta europea al Dal Verme di Milano, qualche centinaio di ragazzi adorni di fasce tricolori si sono strappati le copie di mano. « A me va benissimo così. Essere di destra è un fatto esistenziale, interiore. Fra noi ci capiamo al volo », dice Valeriano, a cui è stata anche affidata la rubrica canora del Secolo d'Italia, ,Quotidiano ufficiale dell'Msi.
Origine abruzzese, figlio di operai, emigrato in Germania da ragazzino, in Italia si è fatto conoscere attraverso il cabaret. La sua pista di lancio è stato il Bagaglino di Roma, un locale di tendenze non proprio progressiste, dove però una sera uno spettatore, esasperato da una canzone violentissima su Berlino, gli ha tirato una bottiglia di Johnny Walker. Una volta Valeriano è comparso anche in televisione, in Ti piace la mia faccia, un programma per voci nuove (« Mi hanno censurato quasi tutto e non mi hanno più richiamato, ma non hanno potuto impedirmi il vestito nero »). Da due anni ha aperto a Napoli un suo cabaret, La porta infante, 120 posti, 2 mila lire d'iscrizione al mese, maccheroni nell'intervallo. Per il futuro ha in programma, uno spettacolo da scrivere in collaborazione con Armando Plebe, il filosofo della Destra (« Sono riuscito a convertirlo al cabaret ») e una serie di canzoni sempre più politicizzate. « Mi sento proiettato verso l'alto, verso l'infinito. Mi sento in dovere di difendere l'Occidente dalla catastrofe rossa ».

Chiara Valentini


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