Toh, anche quelli di destra cantavano
Testata: L'ITALIA SETTIMANALE
Data:19 maggio 1993Autore: Guido Giraudo
Tipologia: Generico
Locazione in archivio
Stato:Rivista completaLocazione: ACL-AS,RI02-L'ITALIA SETTIMANALE,02
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Toh anche quelli di destra cantavano
Nessuno di loro approdò a Sanremo ma i loro dischi giravano in migliaia esemplari "di mano in mano", come i samizdat del dissenso sovietico
di GUIDO GIRAUDO
E' facile, quando nei dibattiti la socio-culturali si parla degli anni Settanta, incappare in definizioni tipo: 'anni di spranga' o 'anni di piombo'; si sa che furono anni turbolenti e che la guerriglia fece da laboratorio al terrorismo Per chi volesse speme di più, però, è difficile trovare libri o saggi storici sufficientemente imparziali. Le lotte, i sogni, gli ideali, ma anche le follie, la meschinità, la violenza di un'intera generazione possono essere rintracciate nelle pagine di Incredibili quegli anni o di Eskimo in redazione, ma in di entrambi i casi di scarsa imparzialità. Innanzitutto gli obiettivi sono puntati sempre e solo a sinistra, là dove si muovevano masse, si accendevano guerriglie, si preparavano rivoluzioni mai sinceramente volute. La destra politica, parlamentare e non, vi figura sempre solo marginalmente come 'il nemico', come fosse una becera e inquietante ombra, non quantificabile. Chi oggi cercasse di capire quegli anni immagina un mondo univoco dove tutti volevano stessa cosa e non la ottennero... chissà perché?
Quasi nessuno ha invece raccontato l'universo dei 'neri', dei 'fasci', di quella fetta di gioventù (numericamente non certo insignificante) che scelse di opporsi ai disegni della montante marea rossa. Difficile uscire dagli stereotipi quando si pensa a quella parte di giovani che furono vittime più della falsità dell'informazione che della violenza dei loro coetanei dell'altra parte.
Uno strappo in questo velo di silenzio lo dà una recente iniziativa editoriale: non un libro però, ma una raccolta canzoni. Già questo fatto crea stupore, perché ben pochi sapevano o potevano immaginare che gli anni Settanta generarono una ricca schiera di cantautori 'di destra'. Nessuno di essi approdò a San Remo e neppure nei ricchi circuiti commerciali delle case discografiche, ma i loro prodotti girarono in decine di migliaia di esemplari 'di mano in mano' come i samizdat del dissenso russo.
Il "padre" di questi "cantautori neri' fu forse Leo Valeriano, una delle scoperte di Marcello Marchesi alla fine degli anni Sessanta, autore di un paio di Lp di un certo successo. Ma nelle note della musica che si definì 'alternativa' riecheggiano le simpatie per il "camerata" Lucio Battisti, ma anche per i "compagni" De André o Gaber che cantavano Céline e i poeti maledetti.
Ci fu poi anche un altro grande padrino: il "Bagaglino", il cabaret di Gianna Preda dove Pino Caruso cantava "Il mercenario di Lucera". Ma la nuova generazione, che cantò nel decennio in questione ebbe a Padova i suoi natali, con il Gruppo Padovano di Protesta Nazionale (un nome un po' lungo per un gruppo solo musicale ... ) nel '74. Ma bisogna arrivare al giugno 1977 per rendersi conto di come questi esempi siano stati contagiosi. E' infatti di quei giorni il primo "Campo Hobbit" che qualche editorialista dei tempi definì il "Parco Lambro della destra". Si trattò infatti di un festival musicale, di un grande happening all'aperto di canzoni, politica, dibattiti. Qualcosa che sfuggiva all'idea becera, conservatrice e manganellara che si aveva della destra. Così si pensò bene di calare una coltre di silenzio sul suo indiscutibile successo e sul fatto che aveva rivelato l'esistenza di una dozzina di gruppi o di singoli cantautori che esprimevano con le note idee e sentimenti sicuramente controcorrente. Da quel giorno iniziò il 'fai da-te' di questi gruppi. Decine di incisioni su musicassette, qualche Lp, moltissimi concerti in tutta Italia, ma sempre ignorato da stampa, critici, esperti del settore, in una parola dai media' Sono passati quasi vent'anni da quei giorni, ma le menzogne non sono cessate, anzi è recente un lungo articolo sul- Corriere della Sera di Cesare Medail che cerca di accreditare l'idea che la musica di destra sia solo il rock degli skìnheads.
Come dicevamo all'inizio, invece, è stato appena presentato alla stampa un cofanetto che contiene due musicassette 'rimasterizzate digitalmente' (la tecnica usata per 'ricostruire' i suoni originali) degli 'Amici del Vento', il complesso forse più conosciuto e amato di quell'arca e di quei tempi. Alcune loro canzoni conobbero anche una certa popolarità: fu il caso, ad esempio, di Trama nera, una ballata irridente alla mania in voga in quel periodo di inventare trame e golpe, o di attribuire a destra tutto ciò che di nefando avveniva in Italia, che risultò tra le canzoni più ascoltate in molte delle nascenti radio libere (era il 1976).
Quello che è più interessante, però, nell'ascoltare queste canzoni è lo spaccato storico e ideale che ne risulta. E un po' come vedere il mondo e i suoi accadimenti "dall'altra parte". Si parla infatti di Viet-nam, di aborto, di corruzione, di repressione ma in un'ottica così diversa dagli stereotipi del tempo (giunti intatto fino ai giorni nostri) da sembrare a volte irreale. Non mancano, è vero, canzoni più politiche o addirittura 'nostalgiche', che riconducono ai giorni eroici della Rsi. Ma quelli che cantano sono ragazzi di vent'anni che non lasciano spazio alla nostalgia. solo rivendicano con orgoglio origini diverse e cantano con rabbia, ma anche con incredibile ironia o dolcezza. Si incomincia così ad avere un identikit diverso, certo più reale dei giovani neofascisti degli anni Settanta. Si scopre quasi con stupore che sapevano irridere i loro strapotenti nemici, che sapevano amare ed essere poetici, che sapevano esprimere i propri sogni, la rabbia e a volte persino la disperazione per la morte di tanti loro camerati con uno strumento, quello delle canzoni, assolutamente non consueto. Altra cosa che colpisce è l'incredibile attualità di molte di queste canzoni scritte anche 18 anni fa. C'è ad esempio una filastrocca cabarettistica dedicata alle 'forchette nazionali', cioè ai socialisti che rubano con gli appalti, scritta ai tempi del dello scandalo Mancini, ma che oggi potrebbe essere l'inno di Tangentopoli.
Insomma, se molto spesso si è abusato del termine "culturale" per definire ogni azione di rivisìtazione del passato, in questo caso ci sembra di essere addirittura nel campo dell'"archeologia" culturale e storica. Quello di cui siamo entrati in possesso è infatti una sorta di reperto di raro interesse, un frammento utile per capire o per conoscere molte cose che non ci sono state dette, che ci sono state nascoste, deformate. E come tutti i reperti archeologici, queste canzoni (che solo oggi sono uscite dal ghetto dell'omertà e sono finalmente commercializzate da una casa discografica, l'Alpharecord di Burago Molgora) possono produrre su chi le ascolta due effetti dirompenti: stupore e commozione. Stupore per un aspetto del passato che non si conosceva e commozione per ciò che si riesce ad intuire di gioie e sofferenze vissute da chi così abilmente ha saputo raccontare l'epopea della sua gente. Le avevano definito canzoni .controvento'; a noi oggi pare che siano anche canzoni 'contro il tempo' e contro le menzogne e l'oblio che troppo spesso accompagna la storia d'Italia.
Guido Giraudo.