Rock da studiare e comprendere
Testata: LINEA
Data:30 luglio 2010Autore: Teresa Alquati
Tipologia: Recensione
Locazione in archivio
Stato:CopiaLocazione: ACL-AS,RS5-2010 0001,11
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Tra chitarre urlate e batteria esasperata, interpretare i testi diventa più difficile: vietato fermarsi al primo ascolto
Un genere musicale diverso dalle melodie della canzone tradizionale
«Consapevoli che la musica è solo una scusa». Il disco dei Ribelli d’Indastria, Still Burnin Youth e Blind Justice, dal titolo “Italians do it better”, si chiude con questa precisazione nei ringraziamenti di rito. La musica come scusa per stare insieme, in una concreta riscoperta del senso di comunità. Ma anche una scusa per raccontare qualcosa, per una militanza politica che si esplicita nei testi dei brani.
Certo, chi è abituato alla musica politica di “Saluteremo il signor padrone”, rimarrà decisamente spiazzato. Soprattutto per l’uso della musica, sparata, violenta, nulla a che spartire con le melodie della canzone tradizionale italiana o con i ritmi e la ripetizione di strofe che hanno sempre caratterizzato la musica popolare e, ancor di più, quella politica.
Ma gli anni passano ed i gusti cambiano. E allora, anche se i testi sono difficili da interpretare al primo ascolto, tra chitarre urlate e batteria esasperata, è comunque possibile leggersi le parole mentre si ascolta il disco. Per accorgersi, così, dell’impegno ambientalista contenuto in “Echolocaust” dei Blind Justice o della lotta contro la vivisezione di “Io non ci sto” degli Still Burnin Youth. Ma a predominare è la denuncia politica e sociale: «Ti tolgono i momenti, gli istanti per pensare, così ti plagiano: e sei consumatore», come attacca “L’unica bellezza”, dei Ribelli d’Indastria.
Si passa così dal ricordo dei ragazzi di destra assassinati negli anni ‘70 (omicidi per i quali nessuno ha mai pagato), alle vergognose sentenze a senso unico della magistratura italiana (“Senza giustizia”). Ma a differenza delle musiche “nere” degli anni di piombo, questi nuovi gruppi guardano al futuro con molto più ottimismo. “Andiamo dappertutto”, assicurano in un altro brano del disco, aggiungendo che «come pirati assaltiamo il futuro di un mondo grigio basato sul profitto». Mentre in “Fanatismo castellano” si proclama che «da quando sei nato sei stato incatenato, ma ora sei cambiato: anche il cielo sarà nostro». E non manca in “Strumento di sfogo”, una analisi impietosa di quel mondo di ragazzine che riunciano a se stesse per qualche soldo e la speranza di un futuro da star.
Un altro disco, degli “Stato asociale”, già dal titolo “Grezzo, stupido & cattivo” rappresenta un proclama di diversità rispetto al politicamente corretto imperante. E i brani non deludono, caratterizzati da una maggior attenzione alla rima che facilita la memorizzazione dei testi. A partire da “Lega antirasta”, dove la band non si riparmia: «Hai la pelle bianca ma vuoi fare l’immigrato, vacanze in Jamaica, capello catramato», per proseguire poi con «sai cosa ti dico? un kilo di sapone; è l’ora del bagnetto per te lurido zozzone». Ironia feroce che lascia spazio alla rabbia in “Squadra e compasso”, «questa è la fine della mia nazione: pedofili, aborto, droga, immigrazione....trame segrete, riunioni blindate, governo mondiale, squadra & compasso, disegni del male». Rabbia che compare anche nel brano “Asociale”, «Non m’importa ciò che sei, non m’importa ciò che vuoi, il mio odio è per te, il mio odio è per voi...Io non leggo il giornale, io non guardo la tv, e del vostro culturame non ne posso proprio più».
Per finire con il brano che dà il titolo al cd: «Di metter la testa a posto no, non ci pensi neanche, devi fare ad ogni costo mille e più cazzate, sei un reietto della società ma a te va bene così, con la tua ghenga resti qui perché tu sei uno skin».