Cabaret la storia mai scritta - Al Bagaglino profumo di protesta
Testata: SECOLO D'ITALIA
Data:23 agosto 1995Autore: Leo Valeriano
Tipologia: Specifico
Locazione in archivio
Stato:OriginaleLocazione: ASMA,RS2-0008 (RS6-0001),13 (10)
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Erano i miei sogni, le mie rabbie, i miei sentimenti, quelli che cantavo e cantando, mi accorsi che erano gli stessi di chi mi ascoltava. Molti appartenevano a circoli intellettuali della destra romana
Entrai così in quella famiglia che si doveva chiamare Il Bagaglino in onore di Anton Giulio Bragaglia ma per il diniego posto dalla famiglia a concedere l’uso, il nome del grande drammaturgo perse la erre e si chiamò Il Bagaglino. E così firmai il contratto che mi legava per quella stagione alla compagnia. Non lo sapevo ancora ma con quel gesto avevo segnato l’atto ufficiale di nascita della Canzone d’autore vista da destra ovvero della musica alternativa. In effetti questo nome gli fu dato qualche anno dopo dai giovani del Msi che cominciarono a diffondere le loro idee anche con le chitarre. Io invece la chiamavo Musica di Protesta. E in effetti è così che venni definito dai giornali dell’epoca, un cantautore di protesta. Finalmente venne il giorno del debutto. Quando arrivai al locale, questo era cambiato radicalmente. Innanzitutto nelle luci che adesso erano abbastanza forti da permettere di distinguere i lineamenti delle persone, poi vidi che i minuscoli tavolini erano stati coperti da eleganti tovaglie e circondati da graziose e scomodissime poltroncine e infine notai che l’odore della vernice era stato sostituito da un vago odore di sugo all’amatriciana che spruzzi di deodorante cercavano di camuffare. Fino a quel momento ero stato calmissimo ma l’elettricità che era nell’aria mi contagiò prestissimo. Oltretutto non sapevo dove mettermi, c’era qualcuno che seguitava salire o scendere dal minuscolo palcoscenico per gli ultimi ritocchi, c’erano i camerieri che terminavano di sistemare la sala e poi c’erano le attrici che avevano invaso il minuscolo camerino. Per cui mi nascosi nel punto più buio e inaccessibile del locale a ripassare mentalmente le mie canzoni. Fu così che non mi accorsi di nulla quando il pubblico cominciò a prendere posto. Mi trovai improvvisamente circondato da persone elegantissime che fortunatamente nemmeno mi notarono. Non mi rimase che fuggire nel retrobottega dove scoprii la provenienza del famoso odorino di sugo all’amatriciana. Aveva origine da una pentola nella quale sobbolliva tenuemente una salsetta con la quale seppi poi il cuoco avrebbe rimboccato le penne da offrire agli ospiti clienti e che venivano cucinate altrove. Improvvisamente dall’altra sala si udirono musica e battimani. Salutavano l’inizio dello spettacolo. E lì mentre il pianista Pino Roccon pestava come un forsennato sui tasti del pianoforte nel tentativo di farlo diventare un’orchestra, i quattro del cabaret Oreste Lionello, Pino Caruso, Claudia Caminito, e Gabriella Gazzolo, diedero il via a quello spettacolo che avrebbe reso famoso il Bagaglino in tutta Italia I Tabù. Io non ero l’unico cantante della compagnia ma ero il solo ad esibirsi nella prima parte dello spettacolo. Quando mi avviai deciso verso il palco le due ragazze della compagnia mi gridarono Merda. Mi sentii profondamente offeso e la mia sensazione di calimero si fece ancora più forte, Ma che cosa gli ho fatto? Pensai tra me. Non avendo mai frequentato il teatro con la T maiuscola non sapevo che quel grido corrispondeva a un sincero Buona Fortuna. Salii arrabbiatissimo sul palco e cominciai a cantare “Hanno preso un ragazzo, l’hanno fatto soldato. Gli hanno dato un fucile e non è più tornato. Hanno tolto a un ragazzo quel che aveva trovato, gli hanno detto non vale e non è più tornato. Hanno detto a un ragazzo: era tutto sbagliato, il nemico era un altro.. ti hanno male informato. Hanno detto a un ragazzo, tutto quello che hai dato, era cuore giocondo, era canto stonato. Hanno detto a un ragazzo, se tu avessi aspettato, un morire più giusto te lo avremmo insegnato. Hanno detto a un ragazzo avevamo scherzato, ora siamo diversi e il passato è passato, hanno detto a un ragazzo: ma il passato è passato” Improvvisamente mi resi conto che il locale era talmente pieno che alcune persone sedevano a soli 20 cm da me. Per non guardare e non farmi prendere dal panico fissai dritti il faro che avevo di fronte, accecandomi ma isolandomi nello stesso tempo. Guarda come è ispirato, sentii dire da una voce femminile. Ma gli occhi mi bruciavano. La fine della canzone e l’applauso che ne seguì mi compensarono di tutto. I quattro attori tornarono sulla pedana e io posai la chitarra in attesa del mio prossimo intervento. Quando tornò il momento di cantare ero più sereno. Avevo capito che le ragazze non ce l’avevano con me. Avevo ricevuto i complimenti dai miei colleghi e soprattutto avevo la consapevolezza di aver trovato finalmente un pubblico che potesse capire le mie canzoni. E allora tornato sul palco, riuscii a guardarla in viso quella gente di cui solo adesso notavo i sorrisi di simpatia. Fu una notevole scoperta. Avevo davanti a me persone che denotavano uno stato sociale e un livello culturale decisamente elevato. Eppure stavano davanti a me ascoltando quella musica e quelle parole che mi erano piovute addosso chissà da dove. “La gente ti dirà, ma chi te lo fa fare? Pensa agli affari tuoi e tira a campare, la gente ti dirà arrangiati se puoi ma tu dai retta a me non ti arrangiare. Nel cuore della gente che resta sempre a galla, nessuno ha mai trovato una grande illusione io sono un pover’uomo e vado spesso a fondo ù, ma in tasca ho tanti sogni da coprire il fondo, ma in tasca ho tanti sogni da coprire il tuo mondo.. Erano proprio i miei sogni, le mie rabbie, i miei sentimenti quelli che cantavo, e cantando mi accorsi che erano gli stessi sogni, rabbie e sentimenti di quelli che mi ascoltavano. Come seppi poi molti appartenevano a circoli intellettuali tradizionalisti come quel circolo dei Selvatici che vedeva riunite le più scintillanti menti della Destra Romana. In quel periodo ebbi modo di incontrare un discreto numero di poeti, pittori, musicisti, scrittori di cui avevo letto solo sui giornali. Quello che mi sorprese di più di queste persone fu la loro assoluta naturalezza che allora confusi con modestia. Per essere sincero fino in fondo devo ammettere che fino a quel momento ignoravo di essere di destra. Al contrario avevo forti simpatie per quel borgomastro di Berlino fortemente anticomunista e con un gran senso di socialità si chiamava Willi Brandt. Anche perché si comportava in maniera abbastanza dura da soddisfare il mio senso di autorità dello Stato. Fu proprio al Bagaglino e tramite Luciano Cirri che cominciai a capire. Spesso ci sedevamo insieme a parlare. Lui mi ascoltava, ridacchiava e scuoteva la testa. Gli dicevo che tutto sommato anche i socialdemocratici tedeschi mi erano piaciuti, avevo scoperti che in Italia non avevano una corrispondenza altrettanto anticomunista e che quella giacca socialdemocratica che per molti versi mi andava stretta quando ero in Germania ora non la potevo indossare più. Tuttavia Luciano non fece mai nulla per indirizzarmi verso uno o l’altro partito politico. Mi diceva semplicemente Ci arriverai da solo e ridacchiava. Mi regalò però alcuni volumi. Ero stato in Marina e avevo adorato l’Arma. Quando lessi i libri di Trizzino, da Navi e Poltrone in poi mi indignai selvaggiamente. E allora chiesi a Luciano altri libri che mi aiutassero a capire. Così scoprii i valori della Destra. E scoprii che in Italia moltissima altra gente come me, era di destra.. solo che non lo sapeva. Oltre agli apprezzamenti da parte della critica e del pubblico la cosa che maturava di più tra le pareti del minuscolo locale erano le Zimpatie, ovvero le simpatie che si spingevano qualche grado più in là di una semplice amicizia. Finaldi aveva una zimpatia che si chiamava Claudia Caminito, Oreste Lionello aveva in gran zimpatia Gabriella Gazzolo, Mario Castellacci zimpatizzava per Gabriella Ferri, Cirro e Pingitore zimpatizzavano con tutte. Riesce comprensibile allora come non fosse facile vivere in un ambiente di sole regine Tra queste una sola mi dimostrò un’autentica amicizia: Nelly Fioramonti, Moglie, non zimpatia, di Tony Cucchiara. Entrambi partecipavano con Gabriella Ferri e Tony Santagata alla seconda parte dello spettacolo denominata Il cantaglino e alla quale spesso partecipavo anch’io. La fama dei nostri spettacoli era talmente diffusa che gli spettatori provenivano da ogni parte d’Italia. Ricordo Jannacci, Lauzi, Svampa e altri personaggi famosi che assistevano allo spettacolo in piedi per ore intere. E ricordo anceh quando una nobildonna che si fregiava del titolo di principessa, non ebbe la possibilità di entrare. Tony Santagata cantava canzoni pugliesi da lui stesso composte e Nelly Fioramonti affrontava magistralmente il repertorio della Piaf. Mi unii a loro e insieme formammo il terzetto che spesso veniva chiamato anche fuori del Bagaglino, come quella volta per le collezioni di Vanità, Giovanni Grasso ci invitò a girare la Sicilia e Tony ed io salvammo un paio di modelle dall’assalto dei fans che le volevano portare a fare un giretto sulle Madonie, Ma anche le ballate cominciavano ad essere conosciute. Specialmente da quel pubblico di destra da sempre amante delle espressioni musicali popolari, al quale da tempo era vietato esprimersi con canzoni che potessero ricordare il passato regime e a cui mancavano riferimenti canori all’epoca che stavamo vivendo. Questo fatti spinse i quattro del Bagaglino a stampare un disco con quelle due canzoni che i nostri soci seguitavano a richiedere Un Ragazzo e Berli. Fu così che questo disco che veniva venduto solo nell’ambito del cabaret, in breve tempo si diffuse, in maniera sotterranea, per tutta Italia.