Un'occasione sprecata
Testata: CANDIDO
Data:6 luglio 1978Autore: Guido Giraudo
Tipologia: Feste e campi
Locazione in archivio
Stato:OriginaleLocazione: ACL-AS,RS5-EV-1978 0001,14
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Il raduno giovanile di fonte romana ha posto clamorosamente sul tappeto dei problemi politici ed organizzativi che possono e devono essere immediatamente affrontati e risolti.
Corrispondenza di Guido Giraudo
Scriviamo queste note a poche ore di distanza dalla chiusura del campo, quando ancora tutte le luci e le ombre non sono diventate ricordi, quando le impressioni non sono ancora diventate idee. Siamo partiti con la gioia nel cuore, la voglia di rivedere i camerati incontrati in anni di militanza, gli amici di tute le città, quelli di cui magari non ricordi più il nome ma di cui conosci la fede. Ci siamo sorbiti i seicento chilometri di viaggio per andare ad un appuntamento e per ricevere esperienze e consigli. Avevamo nella mente i ricordi dell’anno passato e la profonda traccia che Campo Hobbit I aveva lasciato in tutti noi. Ma questa sua ripetizione ne è stata parente solo alla lontana. Molto più bello il paesaggio, questo è indubbio. Siamo arrivati con gli occhi stanchi a furia di guardare le meraviglie di una natura ancora intatta, ci siamo accampati in un bosco ai piedi della Maiella che ci ha fatto sentire davvero personaggi di un mondo fantastico alla Tolkien o eredi di un qualsiasi Robin Hood. Forse è anche comprensibile. Quest’anno Campo Hobbit non è stato preso come un esperimento, come un momento di crescita culturale e politica, ma come una vacanza da vivere nel migliore dei modi in compagnia dei camerati di tutta Italia. E’ stata per molti un’oasi in cui, per tre giorni, è stato possibile vivere lontano dalle lotte quotidiane, lontano dai problemi assillanti, senza l’esigenza continua del confronto e dello scontro. Ecco perché i dibattiti e i gruppi di ricerca non hanno raccolto grande seguito. Ecco perché torniamo a casa senza quel bagaglio di idee nuove che invece portammo, l’anno passato, da Montesarchio Molte colpe vanno anche all’organizzazione un po’ troppo deficitaria che ha lasciato tutto all’improvvisazione, alla fantasia e al coraggio dei partecipanti. Non si può organizzare un campo distante cinque chilometri dal paesino più vicino senza creare dei supporti logistici (infermeria, cucina, bagni) adeguati. Sappiamo tutti le difficoltà economiche del nostro ambiente, ma qualche cosa si poteva fare anche per evitare di porgere il fianco alle critiche più ovvie. E non son bastate le pur bellissime canzoni di Fabrizio, della Compagnia dell’Anello, degli Amici del Vento e dei tanti bravi altri cantautori, per mascherare una situazione divenuta, nelle ultime ore, tangibilmente pesante. Allora parliamone anche un po’ male di questo Campo Hobbit 2 senza cadere in inutili e sterili polemiche ma con lo spirito con cui si può rimproverare un amico. Di positivo c’è che nei tre giorni di Fonte Romana è emersa la fotografia nitida dell’attuale gioventù di destra, con i suoi problemi le sue colpe, i complessi, gli slanci e le ricadute. Sono emerse le contraddizioni che vivono quotidianamente nelle nostre sedi e che, se da una parte rendono più vivo il sempre animato dibattito interno, dall’altro creano sbandamenti e incomprensioni spesso difficili a sanarsi. C’è nell’aria una disperata ricerca di nuovo, di qualche cosa da fare e che sia vincente. Purtroppo questa affannosa ricerca viene condotta con faciloneria. Si buttano all’aria vecchi credo e vecchie idee, ma più che rinnovare si distrugge. Stiamo vivendo oggi il nostro ’68 domestico con tutte le contraddizioni di allora. A lungo si potrebbe parlare di mancata selezione dei partecipanti (grande colpa organizzativa quella di aver accolto tutti indiscriminatamente e non aver creato in efficace servizio d’ordine), di smania assemblearistica, di accattonaggio di temi di lotta smessi dalla sinistra, ma questo sarà tema di un altro articolo che annuncio da ora. Dire comunque che quello che più ci è mancato è stato lo stile di vita. Se c’è una cosa di cui tutti i nostri autori a Evola a La Rochelle, da Nietzsche a Gentile, hanno sempre predicato ed esaltato è proprio lo stile di vita dell’uomo di destra; i comportamenti, gli atteggiamenti, la maniera di discussione, di obbedire e di comandare. Tutto questo non lo abbiamo trovato. Nessuno pretendeva un campo (che i nostri nemici avrebbero chiamato paramilitare) organizzato al millesimo di secondo con orari e controlli, ma è certo che il comportamento dei partecipanti a questa kermesse vacanziera non ha dato modo nemmeno a noi stessi di gustare la differenza che esiste fra noi e i villeggianti tedeschi, tra il nostro Campo Hobbit e il Parco Lambro dei compagni. L’unica cosa che sembrava importante era la divertente sfida a chi appariva più estremista, lo sfoggio folcloristico dei simboli più strani. Bello, lo ripeto, divertente anche, ma non certo costruttivo. Il dibattito che da qualche settimana è nato sul Candido a proposito di miti e ignoranza ha avuto da Campo Hobbit un’altra risposta. I giovani di destra stano passando una crisi di identità, stanno cercando affannosamente qualche cosa che è sotto il loro naso ma che non riescono ad afferrare. Viviamo tutti in un’era disumanizzante, ed il ribellismo è insito in ogni giovane, ma ecco che accodarsi alla contestazione integrale, mutuare slogan, gesti, temi, miti e atteggiamenti tipici alla sinistra ci fa solo del male. Abbiamo la possibilità di vivere al di sopra della disperazione, di "Cavalcare la tigre" della ribellione per abbattere questo mondo corrotto e corruttore proprio rimanendo saldi in noi, proponendo il nostro modello. Non abbiamo bisogno di gente svaccata (per usare un aggettivo troppo in voga nel campo) abbiamo bisogno di ragazzi seri. Cattivi, duri, maledetti ma seri. Il giovane che si atteggia a nazista e poi ciancia di autonomia assemblearismo o autogestione, che contesta per il gusto di contestare, ogni forma di autorità, non ha capito nulla nemmeno del nazismo e può anche fare la cortesia di cercarsi altri ambienti. Lungi da me l’idea di voler fare il difensore d’ufficio del Comitato Organizzatore, che ha le sue responsabilità già elencate.