Cabaret la storia mai scritta - Arriva il fess appeal
Testata: SECOLO D'ITALIA
Data:16 settembre 1995Autore: Leo Valeriano
Tipologia: Specifico
Locazione in archivio
Stato:Smontato originaleLocazione: ASMA,RS2-0008,41
Torna alla Rassegna Stampa
Nell’ultimo spettacolo alla Porta Infame di Napoli avevamo sostituito Manuela Davoli ottima attrice napoletana con Emi Eco. Lo spettacolo firmato da Morgana, Giuseppe Di Bianco, si chiamava Fess Appeal: era una girandola dei dodici segni della Zodiaco. Si facevano accostare fra i vari personaggi politici e il loro segna zodiacale e si intrecciavano trigoni e congiunzioni contro quadrature e opposizioni, e infine si prendevano tutti a oro scopate in testa. Il successo fu notevole e lasciava ben presagire per un suo ulteriore sviluppo, ma quando Luciano Cirri mi mandò a chiamare qualcosa mi spinse a lasciare un sicuro successo per un’antica amicizia. Lo spettacolo firmato da Gianna Preda, si sarebbe chiamato Miti Miting, e avrebbe visto come attrazione una donna: Antonella Steni. Opltre che da Pat Starke e da me, sarebbe stata coadiuvata da Rino Bolognesi, un attore di prosa che per la prima volta affrontava il mondo del cabaret e da Joe Sentieri indimenticabile e simpaticissimo attore cantante che aveva deciso di affrontare quella straordinaria esperienza. La Steni impersonava di volta in volta, Giunone, Vesta, Minerva e altre divinità dell’Olimpo. Sentieri non poteva essere altro che Apollo, Bolognesi si presentava in veste di aedo: il narratore. Pat Starke era una splendida ninfa dei boschi e al sottoscritto oltre alla parte di un satanico Pan, toccava la sorte di interpretare il padre degli dei, il nume massimo: Giova. Purtroppo in Giove così non poteva non ottenere effetti comici e il mio semplice stare immobile, reagendo solo con minuscoli movimenti del viso alle violente e spassose tirate di Giunone Steni, ottenevano tali risate da parte del pubblico che la Steni per non essere interrotta durante il monologo, chiese e ottenne che io mi presentassi in scena seduto con le spalle al pubblico. Quello spettacolo però anche se ottenne un ragguardevole successo non raggiunse mai il consenso di pubblico dei precedenti. E poi soffriva di un difetto gravissimo per un cabaret: costava troppo. Per cui dopo quella stagione, la direzione pensò di ripiegare su qualcosa di meno costoso. Ma questa decisione poneva un altro problema, almeno secondo la mia opinione, ed era quello che al Giardino dei Supplizi, ormai da anni il pubblico si era abituato alla sottile e intelligente comicità di Oreste Lionello. Era proprio il tandem Cirri Lionello che aveva fatto diventare quel cabaret tanto prezioso, L’arrivo della Steni aveva portato un altro tipo di comicità, molto più plateale e da grande palcoscenico. E aveva portato un pubblico diverso. Senza Lionello e senza la Steni si rischiava di restare senza pubblico. Io lo feci notare a Luciano ma lui volle rischiare lo stesso. Era convinto che era un buon copione a fare un buon spettacolo e almeno in parte ebbe ragione. Furono chiamati a recitare il Franco Bracardi che già da tempo si prestava come pianista, e Rod Licari. Era un personaggio mano nel cabaret per il cabaret.
Una figura quasi surreale che sapeva ricamare i testi con sfumature delicate fatte di sguardi e di pause. Lo spettacolo si chiamò Austeria numero 1. Il successo che ebbe fu piuttosto limitato. La gente si divertiva ma come avevo previsto non ci fu mai un afflusso di persone pari ai primi spettacoli. Infatti la caratteristica dei cabaret è proprio quella di avere dei nomi di punta ai quali il pubblico possa affezionarsi e questi possono essere sostituiti improvvisamente. Ne è la prova il fatto che quando Oreste Lionello aveva lasciato il Bagaglino anche quel locale aveva subito notevoli problemi e questo nonostante la presenza di un attore eccezionale come Pino Caruso. Si era ripreso solo in seguito con l’immissione di Pippo Franco prima e di Enrico Montesano poi. A quel punto Luciano volle tentare un altro esperimento: esportare per un paio di mesi a fine stagione, i suoi testi a Catania. Chiamò Emi Eco e con Pat Starke,. Franco Bracardi e me formò una mini compagnia. I testi erano quelli che avevamo recitato durante la stagione precedente più qualche altra cosa che aveva scritto per quella occasione. L’esperienza stavolta fu positiva, anche perché a Catania non c’erano stati precedenti cabarettistici di rilievo e durò per ben due mesi. Ovviamente io seguitavo a scrivere canzoni e da qualche tempo anche testi per il cabaret. Uno dei fatti che mi aveva colpito di più durante quel periodo caratterizzato dal ritiro della presenza coloniale portoghese dall’Africa era stato lo sterminio di tutto un villaggio di bianchi da parte di razzisti neri che dopo aver violentato le donne rubato tutto quello che avevano trovato e trucidato chiunque avessero trovato compresi i bambini lo avevano poi dato alle fiamme.. E pensare che uno dei modi di dire del popolo portoghese era Brancos e pretos sai todos eguais, bianchi e neri sono tutti uguali. E proprio con queste parole iniziava la canzone che scrissi su quella vicenda (TESTO) Quando si trattò di aprire la nuova stagione eravamo pieni di idee e di speranze,. Luciano aveva in mente uno spettacolo di cabaret che prendendo spunto da alcuni elementi dell’avanspettacolo rivitalizzasse un genere che sembrava vivere un periodo di stanchezza. Se l’ex Bagaglino ormai diventato Salone Margherita aveva riportato in auge le ballerine, perché noi non avremmo potuto ridare vita all’aspetto comico di quel genere di spettacolo? Per questo Luciano Cirri prese contatti con Biagio Casalini, un napoletano che ancora seguiva lo stile avanspettacolistico. Purtroppo mentre la compagnia metteva a punto lo spettacolo i gestori del locale decisero di ritirarsi dall’impresa avendo ottenuto più vantaggiose offerte da un’altra parte. Si venne così a sciogliere in sodalizio che era durato per molti anni e che tra alti e bassi aveva dato un notevole contributo al cabaret italiano. Il Giardino dei Supplizi rimane ancora oggi il solo valido esempio di Teatro di Destra nel dopoguerra. Infatti l’Oratorio era durato solo una stagione e il Bagaglino dopo breve tempo aveva scelto una strada molto più commerciale e meno impegnata. Luciano mi chiese un po’ di tempo per riordinare le idee e mi assicurò che si sarebbe dato da fare per trovare un’altra possibilità. Infatti quando si seppe che Cirri non era più legato al vecchio locale, furono moltissimi a fargli proposte per l’apertura di un nuovo cabaret. A me non sembravano proposte molto affidabili, e glielo feci notare. Valeva la pena far passare qualche mese e poi riaffrontare la situazione esaminandola da punti diversi. Nell’attesa, accetti di tornare a Napoli dove la Porta Infame aveva cambiato nome ed era diventato il Ridotto. Comincia le prove con un testo di Piero Palumbo, uno dei quattro originari del Bagaglino. Chiamammo Corinna, una cantante lirica con enormi possibilità vocali e nell’autunno di quell’anno debuttammo. Forse stavamo perdendo smalto o forse eravamo troppo stanchi di esser sempre in prima linea, ma il risultato fu che ammorbidimmo troppo i contenuti del nostro spettacolo e noi ci stancammo prima del pubblico,. Molti miei amici erano finiti in prigione arrestati con le accuse più strane. Una di queste era per aver incitato con i suoi articoli alla sovversione dell Stato. Quel mio amico per questa accusa fece otto anni di carcere preventivo e due anni di arresti domiciliari. Altri riuscirono ad espatriare prima di essere colpiti da quella giustizia che oggi più nessuno esita a riconoscere di parte. Così terminò anche l’esperienza della Porta Infame e tornai nuovamente a Roma. Era il 1975 e tutto sembrava crollare.
Caro amico cortese che con la tua moto giapponese vai incontro all’estate. L’estate dei cieli ridenti residuo di vita negli occhi spenti delle nostre illusioni. L’estate delle bianche spiagge incantate dal fascino azzurro del mare e dalle caldi notti innamorate. Sguardi lunghi di ragazze che non si possono scordare. Giornate un po’ pazze sospese per dimenticare i sogni che tardano a morire, la rabbia angosciata che fa impazzire e il dolore profondo che tu affoghi nello squallore piatto di un mondo di polistiroli. Forse ti senti solo in mezzo alla gente non te ne importa niente del benessere artificiale che ti vuole dare. Non puoi nemmeno amare.
La stagione dorata ti rende le braccia vogliose di vita, il vento del mare ti bagna la faccia di sale, t’invita alla festa del tuo carnevale. Corri amico, corri! Hai tutta l’estate nella maglietta. Non aver fratta. Non saprai mai quello che perdi. E non raccontare ciò che hai nella mente. A nessuno importa niente,. La bruciamo così questa vita, nella noia infinita della mediocrità della nostra gente. Perciò viviamola rapidamente questa età. Il nostro credo è pubblicità : Se ti vuoi abbronzare, usa antisolare, ma con zeta u, ti abbronzerai di più. Se sei nella via e ti senti sola, trova compagnia nella Coca Cola. Compra detersivi, gusta l’aranciata, prendi lassativi, bevi limonata. Se ti senti stanco e se non ti siedi resta pure in piedi. Se ti denti fesso mangia pollo lesso ma se sei frescone ca magnà er sapone. Segui la corrente come fa la gente che non vuole guai, non pensare mai. Mischiati alla massa, paga la tua tassa, curva il groppone e lascialo chinato, beccati un calcione, e vammoriammazzato!
Ubriacati d’estate amico mio, che tanto è morto Dio. L’hanno voluto cancellare a ogni costo e al suo posto hanno messo pupazzi di stracci. Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Caro amico corte, forse anche ti come me durerai soltanto un altro mese. O forse meno, Io morirò del veleno che mi inietta ogni giorno questo mondo boia. Tu morirai. O per altro verso di motocicletta. Non aver fretta. Non saprai mai che cosa hai perso.
Avevo letto una lirica di Brasillach: Oggi non abbiamo più dei, non abbiamo più idee, che mi aveva particolarmente colpito e allora sulla falsariga dell’inno dei paracadutisti francesi scrissi una mia preghiera:
Padre nostro che sei nei cieli, anche tra la gente, che non può sperar niente, ogni tanto qualcuno ti chiama. Padre nostro che sei nei cieli e anch’io ti ho chiamato, giorni interi a voce tesa, mi ha risposto solo il silenzio. Ma non ti chiedo riposo, non ti chiedo ricchezze, potere e tranquillità, dammi mio Dio quello che ti resta, quello che nessuno ti chiede mai. Dammi la lotta, dammi l’inquietudine e la disperata ansietà, dammi il tormento, dammi la rabbia, di questa dannata realtà. Ma dammeli ora definitivamente perché non so se avrò sempre coraggio per poterti chiedere ciò. Padre nostro che sei nel cielo, anche tra la gente che non può sperare niente, ogni tanto qualcuno ti chiama. Dammi mio Dio quello che ti resta, quello che nessuno chiede mai. Ma dammi la fede, dammi il coraggio, la forza di essere me.
E dal Cielo qualcuno ascoltò il mio canto e la mia preghiera fu esaudita.