INNO AL FASCISMO
Anno: 1926
Gruppo:
Testo: Alberto Mario FoschiniMusica: Raffaele Caravaglios
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Se la Grecia chiamasi Idea,
Roma grande l' azione imperniò.
E il fascismo con Roma si crea:
all' azione l 'Italia destò.
Tutte le storie comprendono Roma:
tutte le forze il fascismo vibrò.
E la Patria, dell’Urbe mai doma
ispirata, avanzando, auguriò.
Or l'Italia s'inoltra di Dante,
e di Vico, che lesse il futar,
del Pisano che il cielo stellante
disvelava, di Alieri e Cavour
Il fascismo travolge le sètte
l'ombra infrange, il Littorio. Al chiaror
d' albe eroiche, sta alle vedette:
che del sole esso attende il lucor.
Già le sette, che “peste d’Italia”,
con Santorre, il grande Ugo nomò,
si dileguano: e il Fascio si ammalia
d’una fede che tutto in sè può.
Questa fede è cristiana giustizia,
voler dritto, che, maschio, ruggì;
la Nuova Ora con essa s’inizia.
Mussolini, flagrando, l’aprì.
Dell’Apostolo vuol la sentenza:
ubbidite non già per timor,
ma piuttosto per coscienza
che martella, indelebile, il cuor.
E “Ubbidienza elavoro!” una voce
corre tutte le cento città
Di Lassalle il velen più non nuoce:
ciò che deve l’artiere oggi sa.
Perché sol lui schietto, s’affacci
non con Marx: esso la Nazion!
La Gran Madre ha bisogno di braccia
patriottiche corporazion!
Tu, o Storia, che gli uomini cerni,
ami quelli che agiscon di più:
e le impronte dei fatti; e i governi
che dei tempi sanno ogni virtù
Dall’elmetto del Milite Ignoto
nacque il Fascio, e la Storia guardò
ch’è sol quèta se un fato devoto
d ogni patria il Diritto affermò.
E tu, o Fascio, alla Storia sfavilli
dell'Italia i diritti; e con te
sfolgoreggino fari e vessilli:
la Nova Era, o Fascismo, è ai tuoi pie.
Roma grande l' azione imperniò.
E il fascismo con Roma si crea:
all' azione l 'Italia destò.
Tutte le storie comprendono Roma:
tutte le forze il fascismo vibrò.
E la Patria, dell’Urbe mai doma
ispirata, avanzando, auguriò.
Or l'Italia s'inoltra di Dante,
e di Vico, che lesse il futar,
del Pisano che il cielo stellante
disvelava, di Alieri e Cavour
Il fascismo travolge le sètte
l'ombra infrange, il Littorio. Al chiaror
d' albe eroiche, sta alle vedette:
che del sole esso attende il lucor.
Già le sette, che “peste d’Italia”,
con Santorre, il grande Ugo nomò,
si dileguano: e il Fascio si ammalia
d’una fede che tutto in sè può.
Questa fede è cristiana giustizia,
voler dritto, che, maschio, ruggì;
la Nuova Ora con essa s’inizia.
Mussolini, flagrando, l’aprì.
Dell’Apostolo vuol la sentenza:
ubbidite non già per timor,
ma piuttosto per coscienza
che martella, indelebile, il cuor.
E “Ubbidienza elavoro!” una voce
corre tutte le cento città
Di Lassalle il velen più non nuoce:
ciò che deve l’artiere oggi sa.
Perché sol lui schietto, s’affacci
non con Marx: esso la Nazion!
La Gran Madre ha bisogno di braccia
patriottiche corporazion!
Tu, o Storia, che gli uomini cerni,
ami quelli che agiscon di più:
e le impronte dei fatti; e i governi
che dei tempi sanno ogni virtù
Dall’elmetto del Milite Ignoto
nacque il Fascio, e la Storia guardò
ch’è sol quèta se un fato devoto
d ogni patria il Diritto affermò.
E tu, o Fascio, alla Storia sfavilli
dell'Italia i diritti; e con te
sfolgoreggino fari e vessilli:
la Nova Era, o Fascismo, è ai tuoi pie.