LETTERA AL COMPAGNO BREZGNEV
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"Campo numero centoventotto;
martedì, ventisette febbraio
di un anno qualunque di questi..."
E' arrivata, com’è, non si sa...
"Al compagno Leonida Breznev.
Io mi chiamo Ivan Levintroszkj,
sono nato e cresciuto lì a Mosca,
ma da quasi vent'anni sto qui.
Fui arrestato nel letto di casa
mentre stavo leggendo un giornale.
leggendo un giornale!
leggendo un giornale!
Mi accusarono di tradimento
e fui messo su un treno per qui.
Tutt'intorno: recinti di ferro;
dentro: quattro baracche di legno.
Circa centocinquanta persone,
venti boia coi mitra e coi cani.
Al mattino ci portan sui monti;
mitra in mano: "Spaccare! Spaccare!"
"Spaccare! Spaccare!"
"Spaccare! Spaccare!"
Poi, un tozzo di pane e un po' d'acqua,
e al tramonto torniamo quaggiù.
Un giaciglio: ci stiamo anche in due.
Siamo stanchi, ma che vuoi dormire...
Non si parla: è proibito anche questo.
Qualche topo ci viene a trovar.
Ieri uno ha tentato la fuga:
stamattina lo han fucilato.
lo han fucilato.
lo han fucilato.
Questa sera saremo più soli
perché i topi avranno da far.
Tu, compagno Breznev che continui
a parlare di pace e progresso,
certamente non risponderai
alla lettera di uno di qui...
Noi siam quelli che hanno "tradito",
siamo quelli che danno fastidio.
che danno fastidio.
che danno fastidio.
Siamo quelli che van deportati
in Siberia e nei nuovi lager.
Mentre qui noi si muore ogni giorno
e nessuno ti chiama "assassino!".
Assassino, assassino!
Assassino, assassino!
Tu continui a sorridere al mondo
ed il mondo a sorridere a te.
Campo numero centoventotto;
martedì, ventisette febbario
di un anno qualunque di questi...
Ti saluto, "compagno" Breznev.
martedì, ventisette febbraio
di un anno qualunque di questi..."
E' arrivata, com’è, non si sa...
"Al compagno Leonida Breznev.
Io mi chiamo Ivan Levintroszkj,
sono nato e cresciuto lì a Mosca,
ma da quasi vent'anni sto qui.
Fui arrestato nel letto di casa
mentre stavo leggendo un giornale.
leggendo un giornale!
leggendo un giornale!
Mi accusarono di tradimento
e fui messo su un treno per qui.
Tutt'intorno: recinti di ferro;
dentro: quattro baracche di legno.
Circa centocinquanta persone,
venti boia coi mitra e coi cani.
Al mattino ci portan sui monti;
mitra in mano: "Spaccare! Spaccare!"
"Spaccare! Spaccare!"
"Spaccare! Spaccare!"
Poi, un tozzo di pane e un po' d'acqua,
e al tramonto torniamo quaggiù.
Un giaciglio: ci stiamo anche in due.
Siamo stanchi, ma che vuoi dormire...
Non si parla: è proibito anche questo.
Qualche topo ci viene a trovar.
Ieri uno ha tentato la fuga:
stamattina lo han fucilato.
lo han fucilato.
lo han fucilato.
Questa sera saremo più soli
perché i topi avranno da far.
Tu, compagno Breznev che continui
a parlare di pace e progresso,
certamente non risponderai
alla lettera di uno di qui...
Noi siam quelli che hanno "tradito",
siamo quelli che danno fastidio.
che danno fastidio.
che danno fastidio.
Siamo quelli che van deportati
in Siberia e nei nuovi lager.
Mentre qui noi si muore ogni giorno
e nessuno ti chiama "assassino!".
Assassino, assassino!
Assassino, assassino!
Tu continui a sorridere al mondo
ed il mondo a sorridere a te.
Campo numero centoventotto;
martedì, ventisette febbario
di un anno qualunque di questi...
Ti saluto, "compagno" Breznev.