SORGI ITALIA!
Anno: 1848
Gruppo:
Testo: Alberico ComoMusica: (Anonimo)
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Bell’Italia solleva la fronte,
sorgi alfine dal lungo servaggio,
è dei vili finito l’oltraggio,
sei chiamata all’antico splendor.
I nemici che poser la mano
nell’invitta fortissima chioma,
t’hanno lacera, è ver, ma non doma,
prode terra di gloria, d’onor.
Derelitta da tutti, piangente,
le tue piaghe guatavi penosa,
ma covavi nell’alma sdegnosa
di tremenda vendetta il desir.
Già temuta regina del mondo,
ora ai ceppi dannata sarai,
e sol pascere il core dovrai
d’amarezza, di vani sospir ?
Ah no ! il Cielo a pietade si mosse
del tuo lungo e miserrimo affanno ;
i nemici confusi cadranno,
la tua stella brilla si vedrà.
Quell’invitto, fortissimo Duce,
che dell’Alpi risiede custode,
all’onore indicarti ora gode,
che rifulse in più floride età.
Quell’invitto distese la mano
a’ suoi figli, e : “Venite al mio trono,
circondatelo, disse, che sono
vostro padre, più ancora che Re”.
Ed i figli festosi e plaudenti
circondarono il padre adorato,
ed un patto novello segnato
fu tra loro d’amore e di fe’.
E a quel patto l’Italia si scosse,
sollevando la fronte supina :
“Son di nuovo, ella disse, Reina,
mi paventi l’infido stranier.
“Mi paventi, chè più non sfronda
l’onorando bellissimo serto,
che mi cinge la mano d’Alberto,
d’una gloria immortale forier !”.
Ah ! se mai ne’ segreti destini
è deciso che un giorno quel forte
a difesa dell’Itala sorte
faccia l’inno di guerra intonar,
a quel grido raccolti vedrai
quanti figli l’Italia rinserra,
esclamando : - Alla guerra, alla guerra,
vincer teco, o morire giurar. –
Italiani d’Alberto e di Pio
se un vessillo i grandi nomi segnate,
e le provvide leggi dettate
per redimer l’italico onor.
E chi vil questa terra deride,
e la chiama la terra dei morti,
sappia come son gl’Itali forti,
se li guidi concordia ed amor.
sorgi alfine dal lungo servaggio,
è dei vili finito l’oltraggio,
sei chiamata all’antico splendor.
I nemici che poser la mano
nell’invitta fortissima chioma,
t’hanno lacera, è ver, ma non doma,
prode terra di gloria, d’onor.
Derelitta da tutti, piangente,
le tue piaghe guatavi penosa,
ma covavi nell’alma sdegnosa
di tremenda vendetta il desir.
Già temuta regina del mondo,
ora ai ceppi dannata sarai,
e sol pascere il core dovrai
d’amarezza, di vani sospir ?
Ah no ! il Cielo a pietade si mosse
del tuo lungo e miserrimo affanno ;
i nemici confusi cadranno,
la tua stella brilla si vedrà.
Quell’invitto, fortissimo Duce,
che dell’Alpi risiede custode,
all’onore indicarti ora gode,
che rifulse in più floride età.
Quell’invitto distese la mano
a’ suoi figli, e : “Venite al mio trono,
circondatelo, disse, che sono
vostro padre, più ancora che Re”.
Ed i figli festosi e plaudenti
circondarono il padre adorato,
ed un patto novello segnato
fu tra loro d’amore e di fe’.
E a quel patto l’Italia si scosse,
sollevando la fronte supina :
“Son di nuovo, ella disse, Reina,
mi paventi l’infido stranier.
“Mi paventi, chè più non sfronda
l’onorando bellissimo serto,
che mi cinge la mano d’Alberto,
d’una gloria immortale forier !”.
Ah ! se mai ne’ segreti destini
è deciso che un giorno quel forte
a difesa dell’Itala sorte
faccia l’inno di guerra intonar,
a quel grido raccolti vedrai
quanti figli l’Italia rinserra,
esclamando : - Alla guerra, alla guerra,
vincer teco, o morire giurar. –
Italiani d’Alberto e di Pio
se un vessillo i grandi nomi segnate,
e le provvide leggi dettate
per redimer l’italico onor.
E chi vil questa terra deride,
e la chiama la terra dei morti,
sappia come son gl’Itali forti,
se li guidi concordia ed amor.