CANTO DEGLI ARTIGLIERI DA MONTAGNA
Anno: 1913
Gruppo:
Testo: Giovanni BertacchiMusica: Ermenegildo Carosio
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Tuona sui monti. Non è tempesta,
non è valanga entro le gole:
posa in un nitido cielo ogni cresta
ridon pacate l’alpi nel sole.
Italia, Italia sono i tuoi figli,
che armati ascesero gli ultimi cigli;
tuonan le salve dei tuoi cannoni
sovra i burroni!
Noi qui raccolti sul tuo confine
siam figli, Italia, del tuo lavoro;
battemmo il maglio nelle officine,
mietemmo ai campi le messi d’oro.
Or siam coorte lenta e sicura,
forza spontanea della natura:
salda una legge guida il cammino,
come un destino.
Invan geloso dei ghiacci eterni
su noi ti sfreni, vento superbo;
possenti muscoli, petti fraterni,
noi siam d’Italia l’eroico nerbo.
Nel rischio audace, nel lieto ardore
qui duci e militi son tutti un cuore,
gridiam salendo per l’arduo spalto:
Avanti e in alto!
Sono i tuoi picchi, monte franato
gli spalti eterni dell’artigliere;
il Dio dei popoli veglia celato
dentro i graniti delle frontiere.
Fruttano in pace le patrie valli
sotto i fulminei nostri metalli
stanno a custodia bocche d’acciaio
presso il nevaio.
Fra i sogni e i canti delle fanciulle
nei borghi alpestri passiam giocondi
fra gli alti valichi, per balze brulle
spicchiam sui cieli vasti e profondi.
Presso le nevi poniam le tende:
su noi primissimi l’alba risplende;
sentiam salendo fioche campane,
madri lontane.
Navi d’Italia, tuonate in mare;
schiere fraterne, tuonate ai piani;
risposta italica, nell’albe chiare
noi detestiamo gli echi mondani.
Monti d’Italia! Di balza in balza
Con noi l’eroica patria s’innalza:
nata dal mare tocca sublime
l’ultime cime.
non è valanga entro le gole:
posa in un nitido cielo ogni cresta
ridon pacate l’alpi nel sole.
Italia, Italia sono i tuoi figli,
che armati ascesero gli ultimi cigli;
tuonan le salve dei tuoi cannoni
sovra i burroni!
Noi qui raccolti sul tuo confine
siam figli, Italia, del tuo lavoro;
battemmo il maglio nelle officine,
mietemmo ai campi le messi d’oro.
Or siam coorte lenta e sicura,
forza spontanea della natura:
salda una legge guida il cammino,
come un destino.
Invan geloso dei ghiacci eterni
su noi ti sfreni, vento superbo;
possenti muscoli, petti fraterni,
noi siam d’Italia l’eroico nerbo.
Nel rischio audace, nel lieto ardore
qui duci e militi son tutti un cuore,
gridiam salendo per l’arduo spalto:
Avanti e in alto!
Sono i tuoi picchi, monte franato
gli spalti eterni dell’artigliere;
il Dio dei popoli veglia celato
dentro i graniti delle frontiere.
Fruttano in pace le patrie valli
sotto i fulminei nostri metalli
stanno a custodia bocche d’acciaio
presso il nevaio.
Fra i sogni e i canti delle fanciulle
nei borghi alpestri passiam giocondi
fra gli alti valichi, per balze brulle
spicchiam sui cieli vasti e profondi.
Presso le nevi poniam le tende:
su noi primissimi l’alba risplende;
sentiam salendo fioche campane,
madri lontane.
Navi d’Italia, tuonate in mare;
schiere fraterne, tuonate ai piani;
risposta italica, nell’albe chiare
noi detestiamo gli echi mondani.
Monti d’Italia! Di balza in balza
Con noi l’eroica patria s’innalza:
nata dal mare tocca sublime
l’ultime cime.