LA CANZONE DI FINIMONDO
Anno: 1912
Gruppo:
Testo: Francesco Domenico RivoiraMusica: P. A. Bersano
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O mia Musa, te invoco e sospiro
Tu sorreggi e rincuora il mio canto;
Alla gloria d'Italia sol miro.
Che dal mondo ammirata, è pur vanto.
Là di Libia sai campi omenti,
Ove il Turco feroce piegò;
O Italia, ai tuoi Figli valenti.
Anco arrise vittoria e restò.
Fur tremende le belliche gesta
Delle forte italiche schiere,
E la speme e la Fede si desta
Rimirando le nostre bandiere.
Su quel sacro vessillo che splende.
Vittorioso per terra e per mar;
E’ conforto che all'alma ne scende,
Il periglio c'invita a sfidar.
Fu ad HOMS, là sul suolo africano
Già teatro di tante vittorie.
Che l'ardire, che il sangue italiano,
Cementava d'Italia le glorie.
Fu tremenda la mischia sanguigna,
Ma il valore italiano prevalse;
Si fè strage dell'orda maligna,
E l'abbietto furore non valse.
Su quel campo glorioso e silente,
Invan cerchi due prodi caduti;
Ei son preda al nemico fuggente,
Ma l'onor non li vuole perduti
Quelle salme a noi sacre e si caie,
In poter del nemico, dell'empio?
Chi trattiene le lacrime amare
So di HENNI Ei rinnova lo scempio!
Fra gli ALPINI mi oscuro soldato,
Per coraggio stupire fè il mondo;
Braccio e cuor per l'Italia Egli ha dato,
E chiamato egli è FINIMONDO.
FINIMONDO gli dice il suo DUCE,
Io t’affido un incarco glorioso;
Il tuo sguardo or volto alla luce,
Forse spento domani sarà.
Le tue geste sul MERGHEB glorioso,
La tua lotta coll'Arabo fello;
Ti fè grande, ti fé valoroso:
Or t'incombe periglio novello.
Il momento è solenne, o soldato,
Ma la stella d'Italia ti guida
Vil timor pur in te non s'annida
Non indugia e intrepido va.
Non si turba il soldato a quel detto,
Fisa il duce con sguardo securo
Poi la mano si pone sul petto,
E pronuncia un sol motto: LO GIURO.
Ed un lampo negli occhi del fiero.
Di baldanza, d'orgoglio brillò:
Indi canto per l'aere nero,
Ove gloria lo chiama, n'andò.
Perigliosa è la meta lontana,
Lo sgomento non turba quel cuore;
Non vi ha forza neppur sovrumana,
Che l'arresti nell'atto d'amore.
E procede il soldato fremente,
Sente il onore balzargli nel petto;
Ei non sosta, ma ardito e furente
Più guardingo, ma rapido va.
E strisciando qual tigre furiosa,
Egli guata in quel campo di morte;
E lo sguardo, il pensier non ha posa.
Nè il periglio sgomenta quel forte.
Ma da lungi un clamore infernale,
È di guida al soldato glorioso;
Ei già sente l'istante fatale:
O morire, o tornar vittorioso.
Ed ansante prosegue il soldato
La sua corsa prudente e secura
E la sorte lo vuole, il suo fato;
Lo fa degno di tanta bravura.
Ed è giunto il supremo memento.
Che suggella l'istante bramato;
Lo assista nell'arduo cimento,
Il Signore protegga il soldato.
Scorge alfine le salme agognate,
E ne freme quel forte campione;
Sulle belve di sangue assetate,
Piombi l'ira tremenda del ciel.
O Italia, ai tuoi figli diletta,
Lieta sorte t'appresta un eletto;
Sotto zolla uniti, benedetta,
Sacro asilo alle spoglie darà.
E intanto si compie solenne,
Un sublime calvario pietoso;
Della storia nei fasti perenne,
Un poema si plasma grandioso.
Benedetto il soldato italiano,
Che ha sciolto il suo voto del cuor;
E l'Italia al suo figlio lontano,
Al suo prode consacra l'allor.
Anatema sul Turco codardo,
Che ha valor di ferocia soltanto;
Ma verrà, non temer, benché tardo;
Il sogghigno a mutarsi nel pianto.
Sorta è l'alba fulgente, radiosa,
FINIMONDO mantenne il suo giuro;
E’ l'azione sublime e pietosa;
Negli italici cuori vivrà.
Ed or che sul petto, indomito e fiero.
Auro ti brilla il premio al valor;
Salve, o soldato ; esulta o guerriero:
A FINIMONDO sia gloria ed onor.
Tu sorreggi e rincuora il mio canto;
Alla gloria d'Italia sol miro.
Che dal mondo ammirata, è pur vanto.
Là di Libia sai campi omenti,
Ove il Turco feroce piegò;
O Italia, ai tuoi Figli valenti.
Anco arrise vittoria e restò.
Fur tremende le belliche gesta
Delle forte italiche schiere,
E la speme e la Fede si desta
Rimirando le nostre bandiere.
Su quel sacro vessillo che splende.
Vittorioso per terra e per mar;
E’ conforto che all'alma ne scende,
Il periglio c'invita a sfidar.
Fu ad HOMS, là sul suolo africano
Già teatro di tante vittorie.
Che l'ardire, che il sangue italiano,
Cementava d'Italia le glorie.
Fu tremenda la mischia sanguigna,
Ma il valore italiano prevalse;
Si fè strage dell'orda maligna,
E l'abbietto furore non valse.
Su quel campo glorioso e silente,
Invan cerchi due prodi caduti;
Ei son preda al nemico fuggente,
Ma l'onor non li vuole perduti
Quelle salme a noi sacre e si caie,
In poter del nemico, dell'empio?
Chi trattiene le lacrime amare
So di HENNI Ei rinnova lo scempio!
Fra gli ALPINI mi oscuro soldato,
Per coraggio stupire fè il mondo;
Braccio e cuor per l'Italia Egli ha dato,
E chiamato egli è FINIMONDO.
FINIMONDO gli dice il suo DUCE,
Io t’affido un incarco glorioso;
Il tuo sguardo or volto alla luce,
Forse spento domani sarà.
Le tue geste sul MERGHEB glorioso,
La tua lotta coll'Arabo fello;
Ti fè grande, ti fé valoroso:
Or t'incombe periglio novello.
Il momento è solenne, o soldato,
Ma la stella d'Italia ti guida
Vil timor pur in te non s'annida
Non indugia e intrepido va.
Non si turba il soldato a quel detto,
Fisa il duce con sguardo securo
Poi la mano si pone sul petto,
E pronuncia un sol motto: LO GIURO.
Ed un lampo negli occhi del fiero.
Di baldanza, d'orgoglio brillò:
Indi canto per l'aere nero,
Ove gloria lo chiama, n'andò.
Perigliosa è la meta lontana,
Lo sgomento non turba quel cuore;
Non vi ha forza neppur sovrumana,
Che l'arresti nell'atto d'amore.
E procede il soldato fremente,
Sente il onore balzargli nel petto;
Ei non sosta, ma ardito e furente
Più guardingo, ma rapido va.
E strisciando qual tigre furiosa,
Egli guata in quel campo di morte;
E lo sguardo, il pensier non ha posa.
Nè il periglio sgomenta quel forte.
Ma da lungi un clamore infernale,
È di guida al soldato glorioso;
Ei già sente l'istante fatale:
O morire, o tornar vittorioso.
Ed ansante prosegue il soldato
La sua corsa prudente e secura
E la sorte lo vuole, il suo fato;
Lo fa degno di tanta bravura.
Ed è giunto il supremo memento.
Che suggella l'istante bramato;
Lo assista nell'arduo cimento,
Il Signore protegga il soldato.
Scorge alfine le salme agognate,
E ne freme quel forte campione;
Sulle belve di sangue assetate,
Piombi l'ira tremenda del ciel.
O Italia, ai tuoi figli diletta,
Lieta sorte t'appresta un eletto;
Sotto zolla uniti, benedetta,
Sacro asilo alle spoglie darà.
E intanto si compie solenne,
Un sublime calvario pietoso;
Della storia nei fasti perenne,
Un poema si plasma grandioso.
Benedetto il soldato italiano,
Che ha sciolto il suo voto del cuor;
E l'Italia al suo figlio lontano,
Al suo prode consacra l'allor.
Anatema sul Turco codardo,
Che ha valor di ferocia soltanto;
Ma verrà, non temer, benché tardo;
Il sogghigno a mutarsi nel pianto.
Sorta è l'alba fulgente, radiosa,
FINIMONDO mantenne il suo giuro;
E’ l'azione sublime e pietosa;
Negli italici cuori vivrà.
Ed or che sul petto, indomito e fiero.
Auro ti brilla il premio al valor;
Salve, o soldato ; esulta o guerriero:
A FINIMONDO sia gloria ed onor.