E’ uscita la seconda edizione, riveduta ed ampliata del libro curato da Michele Tosca, “I ribelli siamo”. Il testo, in due volumi, è il diario dei tragici giorni della Repubblica Sociale a Torino. Ne presentiamo il testo attraverso l’introduzione del testo scritta da Fabrizio Vincenti.
Quando, nell’ormai lontano 2012, ci accingevamo a lavorare alla biografia di Giuseppe Solaro, l’ultimo federale della RSI a Torino, avemmo occasione di contattare per informazioni sulla guerra civile in Piemonte l’editore Roberto Chiaramonte. Il quale, una volta appresa la nostra intenzione, ci disse con tono fermo: “Guardi, sul Fascismo in Piemonte, durante la RSI, c’è un’opera che è definitiva. C’è poco da aggiungere a quanto ha scritto Michele Tosca ne “I ribelli siamo noi”. Se poi si concentra solo sulla figura di Solaro, allora contatti Tosca”. È quanto avevamo intenzione di fare e quanto poi abbiamo realizzato con la biografia di uno dei più lucidi e tragici esempi di valore, dedizione e fedeltà al verbo mussoliniano nei tempi bui della guerra civile. Ma il debito che abbiamo maturato verso “I ribelli siamo noi” e verso il suo autore è immenso. L’opera di Tosca è di quelle imprescindibili per chi vuole respirare l’aria tossica che si respira in tempo di guerra, a maggior ragione se è un conflitto che divide, devasta, squarta una Nazione. E l’osservatorio piemontese è una perfetta cartina di tornasole di quanto accaduto in quei 600 giorni della Repubblica nata con la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso, un sogno intriso di contenuti sociali segnati dalla voglia di chiudere con ogni moderatismo e con ogni potere consolidato che si è dovuto scontrare con un conflitto brutale, alimentato con grande lucidità e cinismo, sin dai primi giorni dell’ottobre del 1943, dalle cellule comuniste presenti nel Nord Italia. Il Piemonte è stato l’incubatore della guerra civile, grazie alla presenza di un forte Partito Comunista, di un radicato Partito d’Azione che proprio da quelle parti ha conosciuto la sua maggiore fortuna, ma anche grazie a un tessuto in parte ancora legato alla monarchia e dove le presenze massoniche continuavano a vantare solidi appigli. Senza dimenticare, naturalmente, l’ingombrante e potente ruolo giocato dalla Fiat, che sotto la guida di Valletta riuscì imbonirsi i tedeschi e contemporaneamente finanziare massicciamente le bande partigiane. Unico nemico: i fascisti. Come lo stesso Solaro aveva denunciato più volte ai vertici del Pfr ma anche allo stesso Mussolini. I casi di boicottaggio strisciante verso le autorità repubblicane non si contarono e sfociarono nel naufragio delle elezioni per i consigli di gestione, osteggiati in un’apparente contraddizione da capitalisti e comunisti. Senza dimenticare il divieto, per tutti i dirigenti Fiat, di iscriversi al Fascismo repubblicano. Un divieto che arrivava da quel Giovanni Agnelli, senatore sotto il Fascismo, che commentò così in un telegramma al Duce la conquista dell’Etiopia, avvenuta solo sette anni prima: “Nel momento in cui il Tricolore italiano sventola ad Addis Abeba immancabile pegno di civiltà e di grandezza per quegli sviluppi voluti e preconizzati dall’E. V., che ha saputo forgiare alla nostra Patria nuovi destini, tutti i dirigenti, impiegati e operai della Fiat si uniscono a me nell’esprimere loro animo riconoscente e fervido rinnovellato voto di devozione”. Di voltagabbana, avventurieri, criminali, eroi “I ribelli siano noi” è pieno, a partire dalla figura che si staglia per coerenza e onestà di Solaro, a cui il libro è in qualche modo dedicato, avendo come titolo uno dei più famosi discorsi pronunciati alla radio dal giovane federale, una sorta di manifesto esistenziale prima ancora che politico e che testimonia, al di là di una certa retorica antifascista, la purezza di molti che combatterono al fianco del Duce, ben consapevoli dell’epilogo. Ma de “I ribelli siamo noi” è da sottolineare anche la ricostruzione cronologica di quanto avvenuto in Piemonte grazie all’opera certosina e scientifica che ha comportato anni di duro lavoro a Tosca. Troverete ogni singolo episodio, con le citazioni tratte dai giornali dell’epoca: dalla tragica spirale degli atti di terrorismo che innescarono le rappresaglie agli squarci di una difficile vita quotidiana spesa tra bombardamenti, borsa nera e terrore. Giorno per giorno, con uno stile asciutto ma che permette nel contempo di vivere, grazie ad una sorta di ben congegnata macchina del tempo, tra le strade semi deserte, la nebbia e le botteghe di una Torino che non c’è in larga parte più, cosa fosse la guerra civile. Un diario quotidiano, arricchito da nuovi e originali spunti in questa seconda edizione, che è un manifesto per chi vuole leggere, raccontare, capire la storia. E che rapisce il lettore, trasmettendogli tutta la drammaticità di quei giorni. L’opera di Tosca, a cui ci lega un sincero affetto maturato dalla conoscenza delle sue enormi qualità umane e del suo spessore come storico, è di quelle che dovrebbe essere negli scaffali delle librerie di ogni scuola del Piemonte e non solo, prima di tutto per capire in profondità, prendendo spunto dalla nuda cronaca, un periodo della storia nazionale che non si è affatto chiuso. È di quelle che aiutano a comprendere, unendo il rigore delle storico alla passione civile, cosa siamo e da dove veniamo.
Riportiamo anche di seguito un interessante recensione alla prima edizione, pubblicato in rete sul “Blitzkrieg militaria forum” anni or sono.
In questo uggioso e poco caldo pomeriggio di una domenica di mezza estate, desidero segnalare questo libro curato da Michele Tosca ed edito dalla “Roberto Chiaramonte Editore”.
E’ la cronaca giornaliera fredda e volutamente distaccata, di ciò che accadde a Torino (e provincia) nel periodo che va dal settembre ’43 al dicembre ’47.
Comprendo che a molti la forma inevitabilmente didascalica che sottende a qualsiasi libro di tipo “cronologico”, possa non piacere; io però invece al contrario ritengo che proprio attraverso tale forma si riesca a trasmettere al meglio il clima cupo del periodo.
Il lettore potrà infatti, attraverso una consapevole lettura, immergersi in quegli anni che vengono descritti dall’autore non attraverso notizie da “Prima Pagina”, ma bensì per il tramite di quelle minori che si sostanziano in una serie pressoché infinita, di omicidi, attentati e rappresaglie.
Ritengo quindi la lettura dei due tomi di Tosca, da consigliare (soprattutto alle nuove generazioni) in quanto, pur essendo un libro “di parte” che si sforza (riuscendoci) di essere sostanzialmente obbiettivo, da bene l’idea di come coloro i quali vissero quel periodo (a Torino come in qualsiasi altra città del nord Italia), al di là di qualsiasi enfasi e retorica dell’una e dell’altra parte, affrontarono l’esistenza con un senso di assoluta fatalità.
Scorrendo le pagine e quindi i giorni, ben si comprende come bastasse all’epoca essere semplicemente un impiegato comunale, un parente di un militare od un innocuo commerciante (ma inviso a qualcuno) per cadere sotto i colpi della “Giustizia Partigiana”, ovvero trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato per diventare oggetto di un rastrellamento o peggio di una rappresaglia.
Chi mi conosce sa bene che, nonostante la mia quasi trentennale (sigh…) conoscenza in materia di storia della RSI e guerra civile, non ho mai dato giudizi sferzanti sul torto o sulla ragione dell’una e dell’altra parte, ritengo però in questo caso fare una eccezione…letto questo libro penso che pochi potrebbero ancora dire che in Italia ci sia da festeggiare qualcosa sulla fine della seconda guerra mondiale….se non la fine della guerra stessa e di tutte le sue nefandezze!