Il 28 febbraio del 1975 a Roma si celebra il processo agli imputati per la Strage di Primavalle. Durante la pausa dell’udienza un corteo di sinistra attacca la sede dell’M.S.I. di via Ottaviano 9 dove sono asserragliati dei giovani militanti del Fronte della Gioventù e del FUAN. Nel corso degli scontri che si susseguono Alvaro Lojacono (1), militante di potere operaio, sparò con una pistola calibro 38 colpendo in fronte il militante del FUAN Mikis Mantakas. Lo studente greco gravemente ferito, morirà dopo alcune ore di agonia. Aveva solo 23 anni.
Vent’anni sono pochi per farsi aprir la testa, dall’odio di chi invidia la nostra gioventù
A lui Carlo Venturino dedico la sua prima canzone, “Nel suo nome”, il cui testo fu ispirato da una lettera scritta dalla ragazza di Mantakas dopo la sua morte. Col passare degli anni si perse la memoria della fonte e si diffuse la credenza che tale lettera fosse stata pubblicata sulle pagine del Secolo d’Italia, ma dalle ricerche effettuate sul quotidiano del Movimento Sociale di quel periodo non emerse nulla. Rimase quindi il dubbio dell’origine della fonte e si pensò fosse stata pubblicata su qualche giornale o bollettino locale a cui difficilmente si sarebbe potuto risalire.
Ma nell’estate del 2018 gli archivi Lorien hanno acquistato, per l’Archivio della Destra Storica, diversi numeri della rivista La Sfida, periodico del Fronte della Gioventù edito tra il 1974 e il 1975/76. Tra i vari numeri ve ne era uno dedicato all’uccisione di Mikis Mantakas che al suo interno riportava un articolo “Morire a Roma” che conteneva anche uno scritto della ragazza dello studente greco, Sabrina. Una lettera aperta, scritta all’indomani della morte dello studente greco, in cui ne ricordava la figura e gli ultimi istanti passati insieme, di quel tragico giorno in cui avrebbero dovuto andare a pranzo insieme (Ragazza che aspettavi un giorno come tanti, un cinema e una pizza, per stare un po’ con lui) e invece della telefonata attesa, tante troppe telefonate, la porta che si apriva innumerevoli volte e il sogno che si spezza nel più atroce dei modi (Sai, stasera, in piazza… erano tanti, e… il tuo ragazzo è morto… è morto questa sera).
Inequivocabilmente questo scritto, pubblicato su La Sfida n. 9 del 13 marzo 1975, è quello che ispirò Carlo Venturino (poi fondatore degli Amici del Vento) a scrivere “Nel suo nome”.
Ragazza che aspettavi un giorno come tanti,
un cinema e una pizza, per stare un po’ con lui,
dai apri la tua porta, che vengo per parlarti:
“Sai, stasera, in piazza… erano tanti, e…
il tuo ragazzo è morto… è morto questa sera”.
Vent’anni sono pochi per farsi aprir la testa,
dall’odio di chi invidia la nostra gioventù,
di chi uno straccio rosso ha usato per bandiera,
perché non ha il coraggio di servirne una vera.
La gioventù d’Europa stasera piangerà
chi muore in primavera per la sua Fedeltà.
Le idee fanno paura a questa società,
ma ancora più paura può far la Fedeltà:
la Fedeltà a una terra, la Fedeltà a un amore,
son cose troppo grandi per chi non ha più cuore.
Un fiore di ciliegio tu porta tra i capelli,
vedendoti passare ti riconoscerò e…
Sole d’Occidente che accogli il nostro amico,
ritorna a illuminare il nostro mondo antico.
Dai colli dell’Eterna ritornino i cavalli,
che portano gli eroi di questo mondo stanchi.
Ragazza del mio amico che è morto questa sera,
il fiore tra i capelli no, non ti appassirà.
Di questo tuo dolore noi faremo una bandiera,
nel buio della notte una fiamma splenderà.
Sarà la nostra fiamma,
saranno i tuoi vent’anni,
la nostra primavera
sarà la libertà.
(1) Alvaro Lojacono nel marzo del 1977 (primo grado) viene scagionato dall’accusa di omicidio, ma nel maggio del 1980 (secondo grado) viene condannato a 16 anni di reclusione. A seguito del ricorso in cassazione rimane però in libertà e questo gli permette di darsi alla latitanza anche grazie agli aiuti di amici e parenti. Fuggito in Algeria e poi in Brasile, approda infine in Svizzera, dove però, a seguito di un mandato di arresto internazionale viene messo in detenzione preventiva. Processato nel novembre del 1989 per l’omicidio del giudice Girolamo Tartaglione viene condannato a 17 anni di reclusione, di cui ne sconterà 9 e due in semilibertà. Mentre per l’assassinio di Mikis Mantakas non sconterà neanche un giorno.