Torino: Casa dello Studente (ora Collegio Universitario)

Anno di costruzione 1936
Progetto Architetto Ferruccio Grassi (1899-1987)
Ubicazione Via Bernardino Galliari, 30 – Torino
Fino al 1945 Casa dello studente
Dal 1945 Collegio Universitario Luigi Einaudi


Costruito nel 1936 su progetto dell’architetto triestino Ferruccio Grassi (vincitore del concorso bandito nel 1935) sviluppato con la collaborazione dell’architetto Nello Renacco (1915-1978), fu il primo esempio di residenza per studenti con annessa mensa.
La costruzione sorgeva a fianco alla villa di Riccardo Gualino (già de Fernex), convertita in sede del Gruppo Universitario Fascista (GUF) dopo il confino a Lipari del finanziere biellese (1931), crando così un complesso unitario. L’originaria idea di complesso unitario viene poi a mancare con la successiva demolizione dell’ex villa Gualino e e a seguito dei numerosi interventi di trasformazione operati sull’edificio di Grassi (sopraelevazione, nuove aperture in facciata).
La Casa dello studente è ora la sede storica del Collegio universitario Renato Einaudi, che oggi ospita gli studenti del Politecnico e dell’Università di Torino.

 


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Pagina redatta il 25 gennaio 2018


Torino: Sede del 2° G.R.F. “Cesare Odone” (Ora Abitazione)

Anno di costruzione Anni ’30 del 900
Ubicazione Corso Farini, 20 – Torino
Dal 193… al 1945 Sede del 2° Gruppo Rionale Fascista “Cesare Odone” 
Dal 1945 al 19…. Commissariato di Polizia
Dal 19…. Abitazione Civile


L’edificio è stato costruito negli anni ’30 del 900 come sede del Gruppo Rionale Fascista “Cesare Odone” di Torino.
Dopo la guerra diventa sede del commissariato di zona della Polizia di Stato e poi, completamente rifatto, diviene un’abitazione civile.


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Pagina redatta il 17 gennaio 2018



Torino: Sede del 6° G.R.F. “Amos Maramotti” (Ora Plesso Scolastico)

Anno di costruzione 1936
Progetto Architetto Alessandro Canestri
Ubicazione Corso Peschiera, 230 – Torino
Dal 1936 al 1945 Sede del 6° Gruppo Rionale Fascista “Amos Maramotti” 
Dal 1945 al 1956 Sede di Partiti e ufficio accessorio per industrie
Dal 1956 Plesso Scolastico “Santorre di Santarosa”


Nato come sede del 6° Gruppo Rionale Fascista “Amos Maramotti” di Torino, l’edificio – caratterizzato da un’imponente torre vetrata alta 29 metri rappresentante un fascio stilizzato – fu edificato nel 1936 – su un terreno di 4000 metri quadrati, ceduto dal Comune di Torino e grazie ad un finanziamento dell’industriale Vincenzo Lancia – e terminato in soli 160 giorni di lavoro. Costruito in un quartiere all’epoca operaio, rispondeva a quei criteri architettonici e ideologici che caratterizzavano quelle sedi costruite ex novo per le organizzazioni periferiche del partito Fascista che, la Federazione torinese, così aveva indicato alla metà degli anni Trenta: “L’area deve trovarsi nelle immediate vicinanze di una importante arteria stradale. La soluzione ideale sarebbe quella di porre la costruzione al centro di un isolato limitato da quattro vie, in modo da aver disponibile tutt’attorno una vasta estensione di terreno, indispensabile sia per le adunate che per le esercitazioni giovanili. Tale soluzione permette anche di dare al fabbricato una unità e una dignità architettonica, che non è possibile ottenere quando esso si trovi affiancato a costruzioni comuni (Costruire, p. 23).
Durante la a guerra vengono progressivamente messi in crisi quei meccanismi che regolano i rapporti quotidiani tra gli iscritti e le strutture periferiche del partito che si sfaldano sotto il peso delle nuove contingenze quali la fame, lo sfollamento, la borsa nera e i bombardamenti.
Alla caduta del fascismo le manifestazioni del 26 luglio 1943 hanno come obiettivo le sedi e i simboli del regime: anche il circolo Maramotti, come gli altri gruppi rionali torinesi, viene preso d’assalto dalla folla. Dopo l’8 settembre 1943, il ricostituito Partito Fascista Repubblicano riaprirà la sede.
Occupato dai partigiani dopo la liberazione, fino alla metà degli anni ’50 ha poi avuto usi diversi: da sede di partiti a ufficio accessorio per le grandi industrie della zona (Lancia e Venchi Unica). Diventa poi sede dell’Istituto Professionale Femminile Statale intitolato al patriota e rivoluzionaro, Santorre di Santarosa (1783-1825) che viene convertito in Istituto Tecnico Femminile con l’approvazione della legge 8 luglio 1956 n. 782. Negli anni ’70 del 900 la scuola apre anche all’utenza maschile con l’istituzione del corso per Periti Aziendali e Corrispondenti in Lingue Estere. Con  il decreto interministeriale n. 383 del 7 ottobre 1998 l’Istituto assume la denominazione di Istituto Tecnico per le Attività Sociali e a seguito del riordino dei cicli scolastici del 201o diviene un iviene un IIS , Istituto di Istruzione Superiore.


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Pagina redatta il 17 gennaio 2018


Amos Maramotti (Reggio nell’Emilia, 12 giugno 1902 – Torino, 25 aprile 1921)

Giovane squadrista torinese ucciso da una fucilata alla testa la notte del 25 aprile 1921, durante la spedizione punitiva contro la Camera del lavoro. (vedere la scheda su Memento.org)


Torino: Opera Nazionale Balilla (ex ISEF ora SUISM)

Anno di costruzione 1929-1931
Progetto Ingegnere Costantino Costantini
Ubicazione Piazza Gian Luigi Bernini, 12 – Torino
Dal 1931 al 1945 Opera Nazionale Balilla (Casa della G.I.L. e poi Casa del Balilla)
Dal 1945 al 1958 Sala teatrale e sala cinematografia
Dal 1958 al 2000 Istituto Superiore di Educazione Fisica (ISEF)
Dal 2000 Scuola Universitaria Interfacoltà di Scienze Motorie (SUISM)


La costruzione dell’edificio inizia nel 1929 in un’area ceduta gratuitamente dal Comune all’Opera Nazionale Balilla (ONB) sul progetto dell’ ingegnere Costantino Costantini (1904-1982) che ne diresse anche la costruzione. Ledificio fu terminato nel 1931 e rappresentava un’efficacie esempio di mediazione tra la persistenza della tradizione, con richiami a elementi della classicità (le finestre ad arco sormontate da timpani), e le istanze razionaliste. Inoltre rispecchiava la volontà del fascismo di formare i giovani alla disciplina sportiva, militare e politica. L’edificio si sviluppa in un corpo centrale esterno di due e tre piani e un piano sotterraneo, con prospetto principale affacciato sull’esedra di piazza Bernini da cui si dipartono in modo simmetrico due ali divergenti lungo corso Tassoni e via Medici. Il piano terreno ospitava l’atrio d’onore con la “Statua del nuotatore”, realizzata dello scultore Gaetano Orsolini (1884-1954), l’ambulatorio, una palestra, una sala cinematografica, la sala ritrovo dei balilla e la sala istruttori. Dallo scalone a doppia rampa si sale al primo piano dove vi erano uffici, aule, la biblioteca e i servizi. All’ultimo piano si trovavano gli alloggi dei custodi e i dormitori. Un elemento di particolare interesse è la piscina realizzata nel sotterraneo, all’interno di una struttura portante in cemento armato indipendente dal resto dell’edificio.
Dopo la guerra, ospita il Teatro dell’I.R.I AS nel 1945,  è sede di un cinematografo e del Provveditorato agli Studi. Nel 1958, per iniziativa del coordinatore per l’educazione fisica al Provveditorato degli Studi di Torino, Virgilio Lasi,  diventa Istituto Superiore di Educazione Fisica (ISEF), per la formazione degli insegnanti. Nel 2000 diventa la Scuola Universitaria Interfacoltà di Scienze Motorie (SUISM).


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Cinegiornale Luce B1618 del 15/11/1939 Mostra Anti-Lei nella sede della GIL a piazza Bernini

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Pagina redatta il 15 gennaio 2018


Torino: Casa del Littorio (ora Palazzo Campana)

Anno di costruzione 1675/Metà XVII secolo
Progetto Non reperito. Ristrutturazione del 1855: Architetto Alessandro Mazzucchetti
Ubicazione Via Carlo Alberto, 10 – Torino
Fino al 1801 Sede della congregazione dei Padri Filippini
Dal 1801 al 1814 Caserma
Dal 1814 al 1855 Sede della congregazione dei Padri Filippini
Dal 1885 al 1865 Sede Ministero dei Lavori Pubblici e delle Poste centrali
Dal 1865 al 1929 Sede del Genio Civile
Dal 1929 al 1943 Casa  Littoria (Sede della Federazione provinciale del Partito Fascista)
Dal 1943 al 1945 Casa  Littoria (Sede del Partito Fascista Repubblicano)
Dal 1945 Palazzo Campana (Plesso Universitario)


Costruito tra il 1675 e la metà del 1700, il palazzo era la sede della congregazione dei Padri Filippini. Nel 1801, sotto il governo napoleonico la congregazione venne soppressa e la struttura fu adibita a caserma, ma nel 1814 con la Restaurazione  la proprietà tornò ai Filippini.
Nel 1855, con la definitiva soppressione dell’ordine, l’edificio fu ristrutturato dall’architetto Alessandro Mazzucchetti e ospitò la sede del Ministero dei Lavori pubblici  – fino al 1865 quando, a seguito del trasferimento della capitale a Firenze, divenne la sede del Genio civile – e delle Poste Centrali.
Non è improbabile che proprio la presenza della Posta centrale (dove si recò al suo arrivo per ritirare la corrispondenza) abbia guidato Friedrich Nietzsche nella scelta della sua residenza torinese, la camera d’affitto nell’alloggio in via Carlo Alberto 6. Il filosofo vi abitò in due periodi tra il 21 aprile 1888 e il 5 gennaio 1889. Lo ricorda una lapide apposta nel 1944 (via Carlo Alberto, all’angolo con la piazza omonima) unica rimasta tra quelle collocate durante la R.S.I., recante nella data ancora l’indicazione dell’anno XXII dell’era fascista.
Successivamente il palazzo passò in proprietà al Municipio e sotto il fascismo, a partire dal 1929, divenne la Casa Littoria che ospitò la sede della Federazione provinciale del Partito Nazionale Fascista. Il progetto della ricostruzione è descritto da Maria Grazia Daprà Conti: “La Casa Littoria era fruita, nel suo ruolo burocratico, dall’unico ingresso monumentale di via Carlo Alberto e “parlava” al popolo adunato nella piazza, nelle scadenze predeterminate dal calendario fascista. Tre elementi simbolici scandivano questo percorso ideale. Una grande scritta, le cui tracce sono tuttora decifrabili sotto l’intonaco, sormontava il portale d’ingresso. A sinistra del vestibolo era stato inserito il “sacrario” […] al termine del corridoio del primo piano era stato posto un balcone marmoreo da cui l’oratore designato avrebbe arringato la folla“. Con il consolidarsi del regime la Casa Littoria si arricchì di funzioni politico amministrative, accogliendo gli organi dirigenti delle varie articolazioni della Federazione del Partito fascista. L’11 luglio 1943, il segretario Federale del P.N.F. torinese, Antonio Bonino vi tenne l’ultima manifestazione ufficiale, con un comizio per incitare alla resistenza contro gli alleati ormai sbarcati in Sicilia. La mattina del 26 luglio il palazzo venne preso d’assalto ed incendiato da gruppi di manifestanti che percorrevano il centro cittadino. Dopo l’8 settembre 1943 il palazzo ritornò ad essere la sede del fascismo torinese, rinato come Partito fascista repubblicano, costituitosi nella sede della Gil di piazza Bernini tra il 13 e il 16 settembre, con a capo un triumvirato formato dal vecchio squadrista Domenico Mittica, da Luigi Riva e da Giuseppe Solaro, lo stesso Solaro, nominato dopo poco commissario Federale, presiedette l’ultima seduta del P.F.R. il 14 aprile 1945; il 23 aprile, pochi giorni prima della sua cattura ed esecuzione, era stato nominato ispettore delle Brigate nere e sostituito da Mario Pavia nella carica di Federale. Risalgono ai venti mesi del fascismo repubblicano le due celle ricavate nei sotterranei, prospicienti un lungo corridoio che dà accesso anche ad un ampio rifugio antiaereo, tutt’oggi esistente.
Dopo la guerra venne ribattezzato Palazzo Campana prendendo il nome della formazione partigiana che l’occupò il 28 aprile 1945 dopo che i fascisti lo avevano abbandonato. Formazione di “Giustizia e libertà” che aveva assunto il nome di battaglia del comandante partigiano Felice Cordero di Pamparato, catturato dai fascisti nell’agosto 1944 ed impiccato a Giaveno con tre compagni.
Destinato dal 1945 a sede universitaria, il 27 novembre 1967 (quando era sede delle facoltà umanistiche) fu occupato dagli studenti segnando l’inizio del ’68 a Torino. Dopo il trasferimento delle facoltà umanistiche a Palazzo Nuovo, ospitò gli studenti del corso di laurea in matematica e successivamente di Scienze Naturali.

 


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Pagina redatta il 15 gennaio 2018


I ribelli siamo noi

I RIBELLI SIAMO NOI

Dopo la fucilazione delle Ausiliarie a Nichelino, prigioniera dei partigiani resta la più giovane, Marilena Grill, di 16 anni, che frequenta il secondo anno al liceo D’Azeglio ed è addetta all’Ufficio Ricerche Dispersi. Tra i partigiani che l’hanno prelevata a casa sua vi è un suo compagno di scuola che l’ha rassicurata. Marilena è  orfana di padre, di religione valdese, studentessa di ottimo profitto, che dal luglio del ’44 ha “dato una mano” al Posto di Ristoro per militari alla Stazione di Porta Nuova, sa di non avere niente di cui vergognarsi o per cui possa essere incolpata, vincendo  le resistenze della madre, più diffidente,  li ha seguiti . Prima, però, ha chiesto  di  indossare la sua divisa di Ausiliaria. Così con la sua divisa è stata rinchiusa alla Caserma Valdocco dal giorno 28.[1] Quando viene condotta al Rondò d’la Forca per essere fucilata, insieme ad un altra ausiliaria, Ernesta Raviola, ed ad altre due donne non identificate, il comandante della 105a Brigata Pisacane, Alberto Polidori, incaricato dell’esecuzione, si rifiuta di ordinare il fuoco. Prende il suo posto “Pierin d’la Fisa”, Piero Sasso, comandante comunista della 18a Brigata di Corio, che spara anche la prima raffica.[1]

Tra i “giustiziati” dai partigiani vi sono molte donne: sulla sorte di alcune di loro testimonierà un vigile del fuoco torinese che ha assistito, con sgomento, fra il 25 aprile ed il 1° maggio, a molte uccisioni. È stato anche testimone di un processo, in un cortile, ad un gruppo di donne colpevoli di aver lavorato, per mantenere la famiglia, alle mense tedesche di via Verdi. Interrogate e lasciate libere con le figlie, che erano venute ad attenderle per riportarle a casa, nonostante l’assoluzione, vengono rapate a zero e caricate su un camion. Verranno trovate uccise nei pressi del Rondò d’la Forca ad opera di “sconosciuti”, probabilmente gli stessi che durante il processo ne chiedevano la condanna a morte.[1] È credibile che il “processo” ed il seguito, siano riferibili proprio alla uccisione di Marilena Grill (anche lei forse processata e non condannata per la giovane età) di Ernesta Raviola e di due cuoche che prestavano servizio alla G.N.R..

Ernesta Raviola, vent’anni, è figlia di Alberto, un operaio con una storia politica travagliata .E’ stato sottoposto, fino al 1925, a vigilanza speciale dal Regime in quanto comunista poi aderisce al fascismo, e, durante la RSI, fa parte della Brigata Nera “Ather Capelli”. Arrestato dopo il 25 aprile, verrà internato, per alcuni mesi, a Laterina. Processato  sarà prima condannato  all’ergastolo , e successivamente amnistiato. Quando rientrerà a Torino, verrà a conoscenza della morte della figlia,  allora aderisce al PCI , diventando  capo-cellula della fabbrica in cui lavora,  allo scopo di scoprire gli assassini della figlia e denunciarli . Il 23 dicembre del ‘47, attratto in un tranello con una telefonata che gli promette notizie sulla figlia, verrà assassinato. A due anni dopo la fine della guerra!. [1]


[1] Testimonianza di Rosilda Fanolla il 28-9-99, vedi anche don Marabotto, op. cit.

Una giovanissima Ausiliaria, la quindicenne Rosilda Fanolla, verso le 8 del mattino, mentre è in attesa del tram numero 21 in corso Casale, per recarsi alla messa di trigesima del padre Silvio, caduto in un agguato partigiano a Varese Ligure in provincia di La Spezia, viene rapita da tre partigiani in auto e condotta presso la Brigata autonoma “De Vitis” comandata da Nicoletta, nella zona di Giaveno. Verrà liberata dopo 42 giorni di prigionia e di trattative condotte da Solaro, per l’intervento di Paolo Zerbino che farà liberare in cambio il partigiano “Boccastorta”, non essendo a conoscenza che lo stesso, era uno dei rapitori della Fanolla, in seguito catturato


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